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Inzaghi si accontenta dei rigori, Gattuso osa e porta il Milan in finale
Il dettaglio spiega l’incertezza della sfida. La Lazio è stata più vicina al gol nel primo tempo (bravissimo Donnarumma, a prescindere da una leggerezza che avrebbe potuto favorire una rete alla Mortensen, cioé dalla linea di fondo, di Immobile), il Milan l’ha messa alla frusta con alcune ripartenze nella ripresa che, se sfruttate meglio da Calhanoglu e Cutrone (in entrambi i casi l’assist è stato di Bonaventura), avrebbero portato ad un vantaggio probabilmente decisivo. In assoluto, però, l’occasione più grossa della partita si è collocata a tre minuti dalla fine dei supplementari, quando Kalinic (subentrato a Cutrone al 70’), è stato servito acrobaticamente da Bonucci in sganciamento offensivo. Il croato, solo davanti, a Strakosha, ha tirato alto. L’azione - una ripartenza classica - aveva lanciato tre milanisti prima nella metacampo disabitata dei laziali e poi in un’area presidiata da un solo uomo. Era il tipo di manovra che Simone Inzaghi aveva temuto per l’intera durata dei supplementari. E infatti è stata concessa dallo sviluppo di un calcio d’angolo a favore dei biancocelesti.
Dopo il 90’, insomma, la Lazio puntava dritta ai calci di rigore. Primo, perché il Milan era più fresco e reattivo, con due cambi (Montolivo per Kessie e Borini per Suso) che avevano dato geometria ed energia. Secondo, perché subire gol nei supplementari, non avrebbe quasi sicuramente consentito una rimonta (sarebbero serviti due gol in meno di mezz’ora). La Lazio voleva segnare e vincere (unico risultato che l’avrebbe qualificata) nei tempi regolamentari. E’ partita meglio e avrebbe potuto segnare sia con Immobile (colpo di testa su cross di Lulic), sia con Milinkovic Savic (conclusione sul primo palo) e tutto nel giro di un minuto (il 6’). Ma Donnarumma è stato bravissimo sia in quel frangente, sia più avanti (minuto 35), quando ha sbarrato la strada a Immobile, servito di tacco da Luis Alberto. Complessivamente la Lazio ha tirato di più (21 a 12) e condotto il gioco come le imponeva di fare il risultato dell’andata (0-0) e il fattore Olimpico. Ci ha provato anche nella ripresa, pur essendo meno tambureggiante, ma più avvolgente con Felipe Anderson al posto di Luis Alberto.
Il Milan non ha potuto contare su Suso (apparso a scartamento ridotto) perché Inzaghi lo ha disinnescato con Radu e un costante raddoppio di Lulic. Lo spagnolo ha concluso una sola volta alla sua maniera, ma Strakosha, anche se sorpreso, ha respinto (poi Cutrone ha colpito il palo di carambola sul portiere, però era in fuorigioco). Gattuso ha fatto tutto bene. Il Milan ormai è una squadra che conosce i meccanismi difensivi (benissimo Romagnoli, Bonucci e Calabria) e offensivi, è squadra corta che si esalta nelle ripartenze, gioca al massimo a due tocchi, ha gli uomini sempre in movimento. L’unico appunto all’allenatore - sarebbe potuto costare la qualificazione - è la sostitutzione di Kessie e Suso, due rigoristi provetti, quando ormai mancava poco alla fine del supplementare. Eppure quella mossa indica anche la volontà di vincere la partita. Se Kalinic non avesse sbagliato grossolanamente, Gattuso avrebbe avuto ragione senza ricorrere ai rigori.
Ora bisognerà vedere se e chi tra Lazio (impegnata sabato alle 18 con la Juve) e Milan (domenica alle 20.45 nel derby) sentirà la fatica di aver speso energie fisiche (120 minuti) e nervose (i rigori). Tuttavia, se parliamo di calcio, entrambe restano avversari temibili. La Lazio, questa’anno, ha già battuto la Juve due volte (in finale di Supercoppa e violando lo Stadium all’andata). Il Milan con Gattuso ha vinto il derby di Coppa ed ha nelle vele il vento dell’entusiasmo per una finale conquistata contro ogni previsione.
@gia_pad