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  • Investire sugli italiani, l'esempio di Juve e Inter. Il prossimo da prendere è Pafundi

    Investire sugli italiani, l'esempio di Juve e Inter. Il prossimo da prendere è Pafundi

    • Redazione CM
      Redazione CM
    Non è necessario essere nazionalisti o sciovinisti per invocare l’impiego di calciatori italiani nelle nostre squadre di club. Ovvio che ne trarrebbe vantaggio la Nazionale, meno ovvio che avendo un gruppo di forte tendenza indigena sarebbe più facile dare identità alla squadra. In questo senso e, forse, per necessità si stanno muovendo sia l’Inter che la Juventus, le due squadre che domenica sera si sfideranno per stabilire di chi sarà la leadership momentanea della serie A.

    Forse non è nemmeno casuale che siano proprio le prime due del campionato italiano ad accentuare questa tendenza, ma sarebbe altrettanto significativo e utile che altri ne seguissero l’esempio. Ci sono due modi per investire sugli italiani: o si costituisce una seconda squadra come ha fatto la Juventus alcuni anni fa o si punta sul settore giovanile, mandando i propri calciatori a maturare altrove per poi riprenderseli.

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    Cosa sarebbe oggi la Juve se non avesse Gatti, Rugani, Cambiaso, Miretti e Kean? E chi potrebbe nell’Inter offrire un rendimento maggiore rispetto a Dimarco? Certo Barella, Frattesi e Bastoni, da una parte, Chiesa dall’altra, sono stati acquistati, ma questo dimostra solo che ci sono buoni calciatori italiani da comprare senza far follie. Purtroppo i “giri” di certi dirigenti e procuratori conducono all’estero senza una vera ragione tecnica. Così, magari, per accorgersi di un Pafundi serve un c.t., ora emigrato in Arabia, o una nazionale giovanile dove poterlo far finalmente giocare. Eppure uno così sarebbe già maturo per la prima squadra.

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