Getty Images
Intervista a Sibilia, l'uomo chiave per l'elezione di Gravina alla presidenza della Figc: 'Occhio alle doppie proprietà'
Il cambiamento al vertice e le politiche future che caratterizzeranno il nostro calcio, sono tematiche che sono state trattate in un’intervista esclusiva concessa dall’onorevole Cosimo Sibilia.
Con Gravina presidente si prospetta un periodo di riforme per il calcio italiano, dopo i risultati degli ultimi anni che hanno visto il calcio italiano regredire rispetto ad altre federazioni europee. Dal programma di Gravina si evince la volontà di apportare un drastico cambiamento al campionato di Serie C rendendolo un campionato semiprofessionistico, cosa comporterebbe un simile riforma a livello economico per i club?
Di sicuro ci attende un periodo di grandi riforme e tra queste c’è quella del semiprofessionismo: serve un’area ben delimitata, anche dal punto di vista fiscale e tributario, per abituare le società e i calciatori al mondo del professionismo. Una sorta di apprendistato, così come avviene per altre categorie di lavoratori.
L’eliminazione dal Mondiale ha evidenziato il crollo qualitativo del nostro calcio, come possono le modifiche del semiprofessionismo e del ridimensionamento del numero di squadre a migliorare il livello qualitativo dei nostri giovani talenti?
Il sistema del professionismo, così come è concepito adesso, non è più sostenibile. Riducendo il numero dei club ed introducendo un nuovo status per gli atleti si otterrebbero invece numerosi vantaggi, a cominciare da quelli economici. Con maggiori risorse ed una competitività più armonica, i club potranno investire maggiormente nelle attività di formazione e nella valorizzazione del proprio patrimonio sportivo.
Queste modifiche che verranno apportate guardano a una maggiore sostenibilità del calcio: in questo discorso, quanto incideranno i diritti televisivi?
Le risorse provenienti dai diritti televisivi rappresentano un punto importante per quanto riguarda la mutualità. Ci dovrà essere però una gestione diversa dei fondi, con adeguate strutture di supporto e di confronto tra tutte le componenti federali.
Come si può favorire lo sviluppo dei vivai e la creazione di strutture idonee alla crescita sportiva dei giovani?
In primo luogo è necessario riorganizzare l’intera filiera giovanile. La formazione dovrà assumere un ruolo centrale e dovrà essere attuata in modo coordinato tra le Leghe, le società e le rappresentative nazionali. Le strutture federali ci sono, solo la LND mette a disposizione dieci centri in Italia dedicati proprio alla formazione. Ciò che serve è un orizzonte comune, che coinvolga tutti, che preveda anche la rivisitazione dei sistemi di premialità per chi valorizza i giovani talenti.
Infantino, intervistato dal Corriere della Sera, ha espresso le proprie perplessità in merito alla riforma della giustizia sportiva avvenuta in estate, che ha spostato al TAR, e quindi alla giustizia ordinaria, le competenze in merito ad esprimersi sulla formazione dei campionati, sottolineando come tutto ciò avvenga solo in Italia. Quali sono le criticità del sistema di giustizia sportivo e quali soluzioni possono esser adottate per un corretto funzionamento del sistema calcio?
Il Presidente della FIFA, anche in occasione dell’Assemblea federale, ha sottolineato l’importanza dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, all’interno del quale inquadrare tutti i gradi di giudizio. Lavoreremo ad un riforma non più rinviabile. Non dovranno più ripetersi situazioni come quelle che stiamo vivendo da questa estate. Servono ruoli e tempi certi, nel rispetto delle società e dello svolgimento dei campionati.
Cosa ne pensa di questo campionato di Serie B a 19 squadre? Crede che ci possano essere altri colpi di scena in merito ai ripescaggi richiesti da Catania, Siena, Entella e Pro Vercelli?
La situazione è molto delicata e purtroppo, come ho dichiarato pochi giorni fa, sono stato un buon profeta. Mi dispiace che la nuova governance debba farsi carico di tali problemi. Oggi affronteremo la questione nel primo Consiglio Federale della presidenza di Gravina.
Ritenuti dai più come catalizzatori di voti e di influenze, troppi presidenti ormai hanno due squadre. Non crede che sia un vincolo pesante per il calcio italiano? Le “seconde proprietà” non potrebbero infatti ambire al salto di categoria. Ci vengono in mente gli esempi di Lazio e Salernitana, Napoli e Bari.
In Italia, il fenomeno delle doppie proprietà è importante ma ancora circoscritto. Serve in ogni caso un’attenta riflessione sull’argomento. Bisogna salvaguardare il valore delle competizioni ed allo stesso tempo rivedere il quadro normativo di riferimento.
Quest’anno il calcio italiano ha visto l’introduzione delle squadre B (al momento solo la Juventus B). Non potrebbe far perdere il fascino dei campionati minori, da sempre espressione del calcio provinciale italiano?
Il sistema delle seconde squadre va affrontato seriamente, rivedendo le modalità con il quale è stato introdotto in estate. Nella piattaforma programmatica c’è una chiara indicazione alla volontà di modificarlo e di migliorarlo, sempre in un’ottica di crescita del patrimonio giovanile nazionale e di tutela delle competizioni.
(tratto da rivistacontrasti.it)