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Inter, Pioli: 'Saremo l'anti Juve. Riconferma? Me la sto giocando bene...'
Difficile?
"No, ma il percorso non è finito. I ragazzi volevano un metodo di lavoro preciso, un gioco preciso. Abbiamo un motore importante, i cavalli a disposizione avevano voglia di essere sciolti".
Ora guardi la classifica: che cosa manca ancora all’Inter?
"L’autostima: fa la differenza con le prime tre. Arriverà con la continuità del lavoro e dei risultati. L’Inter è reduce da stagioni altalenanti, ma la classifica, da quando sono qui, dice che siamo a 5 punti dalla Juventus. Questo è il nostro livello oggi".
Quando l’ha chiamata l’Inter che cosa ha pensato?
"Che era il momento adatto. In carriera mi sono sempre conquistato tutto con lavoro, serietà e passione. Nessuna scorciatoia, passo dopo passo. Mi auguravo che arrivasse una chiamata importante per completare il mio percorso. Poi l’Inter, la mia squadra del cuore: il massimo".
Tecnici per le grandi squadre e per piccole: esiste la differenza?
"Vi capisco, ma queste sono distinzioni che fate voi. Per me è vincente chi allena il Chievo e lo salva quattro anni di fila come chi allena la Juve e vince quattro anni di fila".
«Pioli non è da grande club»: il refrain al suo arrivo all’Inter...
"Si poteva dire di Allegri prima del Milan, di Guardiola che aveva allenato solo la Cantera del Barcellona. Fino a che non ti danno un’occasione nessuno lo può sapere. Io ora mi sento pronto".
Prendere una squadra in corsa è difficile. Se ha una proprietà straniera lo è ancora di più? "Per me è stato semplicissimo. Ho trovato grande attenzione, una cultura del lavoro che non sempre in Italia abbiamo, attenzione e curiosità. Il gruppo Suning ha umiltà e forza giuste per imparare a crescere e fare cose importanti".
Rispetto e cultura del lavoro sono anche due suoi atout: basteranno per essere riconfermato?
"Saranno i risultati a decidere, quindi devo pensare solo a lavorare. Sono tutti preoccupati per il mio futuro, io invece sto benissimo. L’Inter me la sono meritata e mi sto giocando la chance nel migliore dei modi".
Qual è il momento più difficile per un allenatore? "Per me quei tre quarti d’ora tra l’arrivo allo stadio e il riscaldamento. Fastidiosi, lo abolirei".
E il più bello?
"Dal termine della rifinitura alla mattina della partita, non dico che me la godo, ma sono molto sereno. Poi mi piace il tragitto in pullman dal ritiro fino allo stadio".
Un tecnico ha bisogno di un giocatore simbolo in campo? E se sì, Icardi lo è?
"Uno solo non è sufficiente, ma per me è importante avere dei punti di riferimento. Mauro è uno di quelli. Non lo conoscevo, ho trovato una persona molto matura per l’età che ha. Può diventare anche più forte".
Un errore che le è servito da lezione?
"Alleno la Salernitana, non faccio giocare un titolare e gli do una pacca sulla spalla per fargli capire la situazione, lui mi guarda e mi dice: “Mister faccia le sue scelte, ma mi lasci stare”. Da allora non ho mai più spiegato le mie decisioni. Le prendo e basta".
Non ha mai dubbi?
"Il nostro è un lavoro pieno di dubbi. Chi far giocare, come far giocare, se parlare con tutti o singolarmente. Non è facile, ma è uno degli aspetti più stimolanti".
Come è cambiata la figura del tecnico? "Sono mutati i rapporti con i calciatori. Bagnoli parlava pochissimo ma quando lo faceva lasciava il segno. E poi Trapattoni: le sue analisi post partita del martedì sono indimenticabili. Come la sua psicologia. In quello spogliatoio della Juve c’era un rispetto e anche un contraddittorio formidabile. Non replicava Pioli al Trap, ma gente come Platini. Io sono fatto così, voglio condividere, poi ci sono volte che non lascio repliche, ma più il giocatore sa più si rende consapevole delle scelte".
Quanto è cambiato uno spogliatoio?
"Sono cambiati i giovani ma anche gli anziani. Una volta erano loro a intervenire se c’era qualcosa che non andava, ora sanno che non è più loro compito: c’è la società".
Rispetto a 30 anni fa i calciatori di oggi sono più intelligenti?
"Sono diversi perchè diversi sono gli allenatori. Ci preparavano diversamente, ci davano meno informazioni, non si usava la tecnologia. Oggi Il lavoro di un’ora e mezza sul campo è niente rispetto al resto, ora i giocatori pretendono molto e noi li riempiamo di nozioni: non dico che alla fine siano automi ma finiscono per essere meno intuitivi. Il più intelligente? Sicuramente Klose".
Da disoccupato ha studiato Guardiola: che cosa ha scoperto?
"Ho capito la passione che ci mette e la naturalezza nel rapporto con grandi giocatori. Nel mio piccolo ho rivisto il mio metodo, se lo fa lui, mi sono detto, sono messo bene. Sul piano tattico mi ha permesso di vedere tutto, in Italia c’è gelosia. Io apro le porte ai colleghi, qualcuno lo fa un po’ meno".
Perché la Juve è più forte?
"In assoluto per la mentalità. Perché hanno costruito ogni anno squadre sempre più competitive, ragionano solo in termini di vittoria e in Italia hanno una capacità unica di investimento".
La prossima sfida sarà con l’Inter targata Suning?
"Sì per tre motivi: le potenzialità della proprietà, il valore della squadra già adesso alto e che verrà integrato, e l’ambiente che abbiamo. Roma e Napoli hanno fatto cose eccezionali, ma manca una concorrente per giocarsi lo scudetto punto a punto. Può esserlo l’Inter".
Quali squadre la divertono?
"Tutte quelle che vogliono comandare il gioco. Ai quarti di Champions, per esempio, vedrò Borussia Dortmund-Monaco. Tuchel e Jardim sono due tecnici che apprezzo molto".
Favorita per la Champions?
"Il Bayern. Ma con i pronostici non ci prendo, fossi Ancelotti farei gli scongiuri".
Come vede Juve-Barcellona?
"La più equilibrata degli ultimi anni. La Juve è in grande crescita, loro hanno quei tre là davanti. Sono molto vicine".
Come si distrae Stefano Pioli?
"Ad Appiano sono un martello, ma quando vado a casa ci riesco subito: una cena con mia moglie, un sigarillo, il cinema, il cane. Poi certo, dormo con un iPad vicino al letto: il momento in cui penso di più è la notte, mi vengono in mente idee e sensazioni e decido subito".
Sembra un tipo freddo: come contiene le emozioni?
"Sono molto diverso da come vengo descritto, molto meno equilibrato di quello che appaio. Tutt’altro che freddo".
Le piacerebbe giocare in questo calcio?
"Non tornerei indietro. Non ho mai preso decisioni alla leggera, per questo ho sempre vissuto bene il presente. Mi sarebbe piaciuto avere meno infortuni, ecco forse questo è l’unico rammarico. Ma non ero uno da grande squadra".
A chi ha rubato i segreti del mestiere?
"A tutti. Coverciano è stato importante, ma ti riempiono la testa e poi uno usa quello che serve. Si migliora sempre e la curiosità è la molla per riuscirci. Ho compiuto tutti i passi per completarmi: forse l’ho fatto un po’ tardi. Ma l’ho fatto".