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Marotta: 'Volevamo Vlahovic. Barella e Lautaro rinnovano. Dybala all'Inter si poteva, lo scambio con Icardi...' VIDEO
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MOMENTO CHIAVE SCUDETTO - "Un momento preciso no, però contro la Juventus abbiamo capito che saremmo potuti essere protagonisti: facendo il cacciatore e poi la lepre abbiamo capito che saremmo potuti arrivare lontani".
CAMPIONATO E CHAMPIONS - "La differenza tra Serie A e Champions League e che il secondo è un torneo in cui devi essere nelle condizioni migliori. Non sempre le vittorie in Champions vanno alla più forte, mentre in campionato vince la più forte. Il Giro non è la Milano-Sanremo. Nel giorno dell'eliminazione c'era rammarico ma abbiamo spostato l'obiettivo concentrandoci sullo scudetto".
DIFFICOLTA' FINANZIARIE E ADDIO DI CONTE - "La scelta finale è frutto dei confronti dei giorni precedenti. Non si intravedeva un percorso comune, ma fa parte dello sport e della vita: se una persona decide di interrompere un rapporto bisogna avere rispetto della decisione e guardare avanti con ottimismo. Dirigenti, calciatori e allenatori passano, la società resta, per cui bisogna andare avanti con la consapevolezza di essere una grande società e che quei professionisti avevano conquistato lo scudetto con grande merito".
INZAGHI - "La decisione di Conte non era tanto prevedibile, ci ha un po' spiazzati e quindi bisognava agire con tempestività, individuando il profilo migliore. Lo abbiamo individuato in un giovane allenatore che ha già alle spalle un percorso importante. Stava definendo con la Lazio, la tempestività è stata in quello, nel presentare il nostro programma e la serietà del progetto, sposato immediatamente. Da lì siamo ripartiti, abbiamo preso un allenatore che potesse ricalcare il modello tattico di Conte in modo da non doverlo stravolgere anche se poi ci sono state altre vicissitudini".
L'INFORTUNIO DI ERIKSEN - "Un momento drammatico per una persona che conosci e che rischia di morire. Anche qui siamo stati tempestivi nel recepire le informazioni, il professor Volpi si è subito messo in contatto con i medici sul campo per avere una prima diagnosi di quanto successo. Ancora oggi siamo nell'ambito delle ipotesi, ma la cosa più bella è che il giocatore ha dato cenni di risveglio. La notizia più bella è che continuerà a vivere, al di là del vuoto all'interno del club che risulta essere di importanza relativa. In questo momento è difficile fare ipotesi, aspettiamo l'evolversi della situazione: al momento opportuno si valuterà".
LUKAKU - "L'esperienza mi porta a dire che bisogna prepararsi agli imprevisti. Lukaku ha manifestato l'intenzione di trasferirsi nel Chelsea, davanti a una situazione del genere non puoi che accettare la sua volontà. Si inizia a quel punto una trattativa con il club che lo desidera e così abbiamo fatto, creando il nostro prezzo e immaginando le alternative. Sono dinamiche che nel calcio accadono: non mi sono sentito tradito o sconvolto, abbiamo valutato le opportunità, come quella di introitare una cifra importante per le finanze del club. L'abbiamo fatto facendo valere la nostra richiesta economica e abbiamo realizzato una bella operazione".
VLAHOVIC E DZEKO - "Dzeko era un obiettivo prioritario, ci avevamo provato anche l'anno prima. Lui godeva di una promessa dalla Roma per la lista gratuita in caso di richieste. La nostra è arrivata e c'è stata la facilità di poter definire il rapporto grazie anche alla serietà del rapporto. Vlahovic lo considero un grande talento, ma tra talento e campione c'è differenza. Ci siamo però trovati in una situazione negoziale impegnativa, non eravamo nelle condizioni, anche se immaginavamo di andare su due attaccanti: il primo era Dzeko, il secondo Vlahovic. Uno pronto nell'immediato e uno nel futuro. Sarebbe stato il massimo, ma siamo stati contenti di Dzeko".
DIFFICOLTA' FINANZIARIE - "La pandemia ha accelerato il processo. Inter, Milan e Juventus hanno perso complessivamente un miliardo, significa che il modello attuale non dà garanzie di continuità: bisogna trovare i rimedi, anche perché credo sia giusto non dipendere sempre dagli aumenti di capitale dell'azionista. Il calcio romantico del mecenatismo è superato, bisogna arrivare a un modello diverso. La famiglia Zhang ha profuso 700 milioni circa, è normale che prima o poi bisogna rivedere le condizioni economiche. Compito del management è quello di conciliare gli obiettivi sportivi e l'equilibrio economico. La tranquillità l'abbiamo avuta fortunatamente con queste due operazioni, siamo nelle condizioni di essere tranquilli e quindi possiamo perseguire gli obiettivi dell'anno scorso considerata l'ossatura rimasta e che chi è arrivato ci sta dando soddisfazioni. Bisogna contenere i costi e far capire anche ai calciatori che siamo in un momento di grande difficoltà. Rivedere anche gli emolumenti è fondamentale per trovare un equilibrio".
CESSIONI ECCELLENTI PER IL FUTURO - "Possiamo escluderlo. Rassicuro i nostri tifosi: l'Inter esisterà anche nel futuro. La competitività è garantita. Non sempre chi più spende più vince. Esiste il patrimonio delle risorse umane rappresentato da tutto quel mondo non sotto i riflettori, la squadra invisibile dietro le quinte che supporta chi va in campo la domenica: se questa squadra è forte si può andare molto lontano al di là del nome e del calciatore".
UN NUOVO PARTNER IN SOCIETA' - "Sono valutazione che deve fare l'azionista. Per esperienza dico che una società deve essere sempre in mano a una famiglia, a una società. Il fatto di poter vendere una parte delle azioni in termini di minoranza ci sta, ma non credo sia il viatico migliore per risolvere i problemi perché l'impatto di un socio di minoranza non garantirebbe il cambiamento radicale del modello ma solo un benessere momentaneo. Bisogna invece identificare un modello di riferimento che dia sostenibilità e sicurezza: questo lo trovi se hai una progettualità. Noi siamo riusciti a ripartire col progetto rimettendoci in carreggiata. Ci siamo trovati davanti a delle scelte difficili perché Spalletti aveva un contratto di due anni ancora e abbiamo deciso di ingaggiare Conte, ma l'ho fatto perché la proprietà ha dato l'input di vincere. La squadra vincente la costruisci se hai una visione precisa e se la squadra sa di avere un obiettivo, una visione del futuro. Le vittorie le abbiamo costruite sulla forza degli uomini. Il merito principalmente va ascritto a Conte che ha trasferito dei valori che rappresentano un patrimonio. Mi viene in mente Marchionne, diceva che il manager ha due grandi diritti: scegliere dei valori e scegliere gli uomini. Se hai questa possibilità, l'aspetto economico viene in secondo piano perché nei momenti di difficoltà sai superarli sulla forza dei valori che ti porti dietro. E noi di difficoltà ne abbiamo avute parecchie".
CALCIATORI E CONTRATTI - "I calciatori vivono in un mondo dorato e forse non hanno capito bene: non sono abituati ai problemi che ogni famiglia ha nella quotidianità. Sono dei ragazzi giovani che vanno educati: le risposte spesso sono positive, altre negative. Sta a noi educarli e dar loro la cultura. C'è stata una consapevolezza da parte loro di questo dramma, ma è stato vissuto più nell'ambito salute che nella riduzione dei compensi. Noi abbiamo rispettato la totalità dei contratti pagando tutto, ma l'abbiamo fatto alla luce delle performance delle ultime due stagioni. La premessa di questa vittoria è nata dalla stagione precedente e dalla finale di Europa League. Poi abbiamo convenuto di non andare a spingere più di tanto a fare una cosa che non si sentivano".
GALLIANI E IL COVID - "In un viaggio a Roma per l'assemblea federale abbiamo avuto il Covid entrambi: è stato brutto e abbiamo rischiato la vita. Quando affronti queste difficoltà apprezzi la salute a dispetto dei discorsi economici e cerchi la bellezza della vita. L'altro ieri l'ho incontrato a San Siro e mi raccontava come una volta si incazzava per i risultati negativi, mentre oggi la prende con spensieratezza. Se si perde ci si arrabbia, ma affronti la vita con una visione diversa. Il calcio è un gioco e una professione: bisogna dare il massimo ma esiste la cultura della sconfitta. Io sono un innamorato del mio lavoro, avrei fatto questo anche per hobby: credo che una delle mie qualità sia l'applicarsi con grande umiltà e rispetto e con l'ambizione di vincere".
BARELLA - "E' uno dei casi in cui da talento si diventa campione. Io ho avuto a che fare con tanti talenti: Cassano è stato un fesso, da talento non è mai diventato campione, non ho mai avuto calciatori più forti di lui, ma non aveva obiettivi, una visione precisa della professione. Barella ha dimostrato di affermarsi sempre più con continuità e oggi ci troviamo davanti ad un campione: è giusto gratificarlo economicamente per quanto ha fatto. Non è un rinnovo, è una gratificazione: è giusto adeguarlo ad una fascia importante di giocatori. Nelle prossime settimane ne parleremo. Senza dubbio non dobbiamo farcelo scappare. Capitano? Sarebbe bello, Handanovic ha la sua età: il capitano è una qualifica che non si regala, bisogna avere le qualità professionali e umane per essere un leader. Barella può cominciare a diventarlo".
OBIETTIVI - "Le aspettative di tutti è vederci come ruolo da battere. Un ruolo che siamo contenti di ricoprire. Siamo l'Inter e dobbiamo avere un'asticella molto alta, ma essendo uno sport in cui lotti contro altre squadre bisogna valutare le tue capacità e quelle degli avversari. Capita che alcuni anni investi 100 milioni e le altre investono 150 o fanno operazioni più importanti e sono più forti. Siamo davanti a una stagione in cui non si capisce chi è la più forte, lo Sheriff ha sei punti e ha vinto a Madrid. In campionato ci sono le famose sette sorelle con il Napoli battitore vincente. Credo sia prematuro esprimere una valutazione che sarà definitiva a maggio. Io temo sempre chi ha cultura della vittoria più forte, quindi Juventus e Milan. Chiaramente il Napoli ha grande merito ma vincere è sempre una situazione difficile e va spesso al di là dei valori che una squadra rappresenta e mette in pratica. Sono valori che acquisisci nel tempo, non c'è solo la scelta della squadra. Devi cogliere tutti gli aspetti complementari, se riesci a migliorare la qualità dei terreni, i medici, i fisioterapisti, l'alimentazione, sicuramente è più facile vincere".
OSIMHEN - "E' stato un acquisto molto oneroso, non era uno sconosciuto: è normale che diversi club l'avessero puntato. Poi ci sono le circostanze: noi lo conoscevamo ma in quel momento eravamo coperti".
CASO ICARDI - "Non voglio assolutamente criticare chi ha fatto la gestione prima di me perché non è giusto. Sicuramente Icardi era un grande talento diventato un ottimo giocatore, è stato investito di responsabilità quando forse non poteva svolgerle, ma posso dire che è un ragazzo che si è sempre comportato bene e non ha creato grandissimi problemi. Poi le scelte sono state fatte su altro. Vale anche per Nainggolan e altri, quando scegli un percorso identifichi le persone che devono farne parte: responsabilità, disciplina e altre cose. C'era un allenatore che faceva valutazioni con la società, si è scelto di fare una squadra che aveva obiettivi e valori da rispettare per arrivare a raggiungere un obiettivo. E qua Conte li ha interpretati nel migliore dei modi. Conte è andato via ma ci ha lasciato qualcosa di positivo e di importante, sta a noi non perderlo: il suo lavoro ha tracciato il solco. Vero anche che abbiamo trovato un allenatore giovane che ha le qualità di Conte".
DALLA JUVE ALL'INTER - "Mi sono meravigliato anche io, è stato fatto con una velocità incredibile. Ho fatto l'annuncio al sabato dopo la partita con il Napoli, il giorno dopo Steven Zhang mi ha mandato un piacevole messaggio invitandomi a un confronto con lui. Mi ha preso in contropiede, dopo 8 anni di successi magari volevo riposare. C'è stata questa opportunità che ho colto immediatamente, l'Inter è una grande società che non scopro io: lascio la Juve e trovo l'Inter. Sono due brand di grande valore, mi sono buttato immediatamente in questa realtà con le caratteristiche che mi porto dietro da 40 anni. L'esperienza è un'altra caratteristica importante. Sono partito con grande determinazione: la proprietà ha sposato subito il mio progetto, che era difficile. Lasciare a casa Spalletti per sceglierne un altro ci vuole coraggio: l'ho fatto forte dell'esperienza. Diffidenza dell'ambiente? E' quella diffidenza che si trova spesso: io non ho avuto difficoltà, io entro subito in simbiosi con le persone. Non ho avuto difficoltà, ho avuto la facilità di trovare una società preparata con persone per bene che aveva bisogno di persone vincenti".
IL POSTER DI RIVERA - "Io avevo dei limiti quando giocavo, quando ero nel Varese avevo il ruolo di Rivera: era il mio esempio. Io volevo imitarlo come calciatore. Il mio sogno però era quello di fare il dirigente fin da piccolo e l'oratorio è la prima palestra per fare il dirigente, capisci il senso dell'organizzazione, della competizione e della vittoria. Da lì ho cominciato la mia attività".
CONFERMA SCUDETTO - "Ci credo assolutamente. Vogliamo regalare ai tifosi la seconda stella".
RECOBA - "Vincere a Venezia significa vincere in uno stadio nell'acqua e attraversare il Canal Grande: non ho mai più vissuto momenti così nella mia vita. Recoba è nato in un minuto: dovevamo prendere un giocatore e Zamparini identificò Orlandini del Parma. Chiamai Oriali per fare il contratto: andando verso Parma, mi chiamarono dicendomi che Galliani aveva preso Orlandini. Mi chiamò Regalia e gli dissi che ero in difficoltà: mi disse che era a vedere un'amichevole dell'Inter e aveva visto Recoba. Dissi a Zamparini di Recoba: andai all'Inter e con Mazzola feci quest'operazione. Io l'avevo visto mezza volta, ma lui ci portò alla salvezza".
PELLEGRINI - "Voleva portarmi all'Inter. Lui aveva bisogno di un giovane come me: l'alternativa era Dalcin. Con Pellegrini ho una grande amicizia: dico meno male che non mi ha preso, io mi sarei bruciato. Se avessi colto l'Inter a 25 anni mi sarei perso: non avevo la consapevolezza di oggi. Ho fatto un percorso graduale partendo dalla provincia fino all'Inter: è stato un percorso fortunato".
RIMPIANTO - "Sono tanti, l'ultimo direi che è stato quando alla Juventus avevamo la possibilità di prendere Haaland per 2-2,5 milioni. Lì bisogna avere la forza di andare in extra-budget quando ti dicono che è un talento da prendere. Lì subentra la creatività finanziaria di fare l'operazione. Potevamo prenderlo per poco, ora Haaland è uno dei giocatori più importanti nello scenario internazionale. Può arrivare in Italia? Assolutamente no. C'è un grande gap con la Premier League, la Liga, ora siamo un campionato di transizione, non più di destinazione finale. Vedi Lukaku, un campionato che ti porta ad assaporare e gustare per un momento ben delimitato i campioni, quando si consolidano vanno alla ricerca di ingaggi maggiori: in Italia non li possono trovare e vanno all'estero. Noi dobbiamo agire di creatività. Merito di Ausilio noi abbiamo lavorato così nell'ultimo mercato. Questo va di pari passo con una Nazionale che ci ha dato grandi soddisfazione. L'Italia mette in vetrina grandi allenatori e grandi giocatori, bisogna farli giocare in prima squadra. La nota dolente è la cultura della sconfitta: se i giovani sbagliano partite arrivano i fischi e vengono bruciati. Questo malessere va combattuto. Ma oggi il tifoso è diverso, oggi è più aperto a capire le difficoltà che ha il proprio club: nel caso nostro è andato via Conte e c'è stata una rappresentanza della Curva sotto la sede. Gli abbiamo fatto capire le necessità, le hanno capite e ci hanno sempre sostenuto: il rapporto dovrebbe essere così".
CONTRARIO ALL'ARRIVO DI RONALDO ALLA JUVE - "Io ho espresso la mia valutazione. E' chiaro che tutti vorrebbero un campione come Cristiano Ronaldo, ho avuto modo di conoscerlo bene in quei sei mesi ed è un campione e dai campioni impari sempre, anche da dirigente: impersonifica la grande personalità, ha una cultura del lavoro massima, una cura di se stesso... Poi però bisogna collocare il campione nel contesto di un ambiente che forse in quel momento si doveva confrontare con delle valutazioni di carattere economico e finanziario. Non è stato quello l'elemento che ha incrinato il rapporto con la proprietà o la presidenza, con cui ho ancora un rapporto di grande cordialità".
HAKIMI - "Se Lukaku fosse partito prima sarebbe rimasto? Come ho detto prima, quando i giocatori sono allettati da compensi molto più importanti, spesso e volentieri ti dicono voglio andare via. Il PSG è una corazzata, per i nomi che rappresenta ma anche dal punto di vista economico. E' difficile trattenere i giocatori".
DYBALA - "Siamo riusciti a portarlo a casa grazie al bel rapporto con Zamparini, perché Zamparini che era proprietario di quel Palermo un giorno mi disse: "Svegliati e vieni in fretta, perché è arrivato Thohir e ha chiamato Berlusconi". Siamo partiti con Paratici e grazie all'amicizia che avevo con lui siamo riusciti a fare questa operazione. Se potevo prenderlo all'Inter? Sì, c'è stato un momento di incertezza. Sicuramente firmerà con la Juve, credo che oggi sia nelle condizioni migliori per rappresentare presente e futuro della Juve. Quando potevo prenderlo? Quando si ventilava l'ipotesi di una negoziazione che comprendesse Icardi.".
LAUTARO MARTINEZ - "Squadra costruita anche su di lui? Lautaro sta dimostrando con i fatti. L'ho trovato, non mi prendo nessun merito. E' un giocatore che rappresenta il presente e il futuro, ha grandissime qualità calcistiche e umane. Il suo futuro non può che essere splendido. All'Inter? Me lo auguro, noi faremo di tutto. A breve annunceremo il suo rinnovo ed è un rinnovo importante perché vogliamo porre le basi per il futuro. Vogliamo una squadra in cui ci sia il giusto mix di esperienza e giovani: con una squadra solo giovane non vinci, neanche con una solo anziana. Abbiamo Dzeko che ha la sua età, avere un campione come Lautaro ci dà la possibilità di guardare con ottimismo al futuro".
IL FUTURO DELL'INTER - "L'Inter continuerà tranquillamente a veleggiare in alto, in una tranquillità e sicurezza economica. Il modello che andiamo ad attuare non può essere faraonico come quello di prima, ci saranno investimenti razionali, ma non possiamo immaginare che la famiglia Zhang che continua e vuole andare avanti. E' giusto che anche noi riusciamo a creare un grande equilibrio. Vogliamo continuare a competere costruendo da dietro, dal settore giovanile. Che possa regalare soddisfazioni e traguardi importanti".
IL FUTURO DI MAROTTA - "Io nell'Inter mi trovo molto bene, quindi io e il mio team ne abbiamo parlato con Steven Zhang e appena arriverà in Italia, a dicembre, in quel momento parleremo del futuro. I presupposti sono tutti favorevoli. Per quanto mi riguarda, devo dare una visione più di insieme della mia vita e capire la sfida di domani. Posso dire con assoluta certezza che dopo l'Inter non starò più in un club, perché mi sento appagato della mia carriera. Sono affascinato dal mondo del calcio, mi sento in debito con un mondo che mi ha arricchito come uomo. Oggi la mia sicurezza e la mia capacità di confronto con le difficoltà che la vita ti presenta nasce dalla sicurezza di poterle superare con quello che mi ha dato il calcio. Voglio rimanere in questo mondo ma è stressante, è giusto che pensi alla mia salute e rallenti un pochino i miei impegni".