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  • Inter, l'ex capo ultrà arrestato per omicidio: sospetti sulla sua versione

    Inter, l'ex capo ultrà arrestato per omicidio: sospetti sulla sua versione

    • Redazione CM
    Emergono nuovi particolari sulla morte di Totò Bellocco, 36 anni, rampollo di uno dei più importanti clan 'ndranghetisti di Milano. Ucciso ieri mattina a coltellate in macchina fuori dalla palestra Testudo a Cernusco sul Naviglio da Andrea Beretta, 49 anni, (ex?) capo ultrà dell'Inter. 

    LA TESTIMONIANZA - Il Corriere della Sera in edicola oggi riporta le parole pronunciate ai carabinieri del nucleo investigativo di via della Moscova (guidati dal colonnello Antonio Coppola e coordinati dal pm Paolo Storari e Sara Ombra) da Beretta durante l'interrogatorio successivo all'operazione per estrargli dal fianco sinistro il proiettile che l'ha colpito all'anca: "Non avevo alternativa. Mi sono difeso, sennò m'ammazzava. Sapevo che voleva farmi fuori, minacciava me e la mia famiglia. Non dormivo da quattro giorni, e giravo armato". 

    I DUBBI - Con quella pistola che nella sua prima versione si sarebbe portato dietro Totò Bellocco, in realtà accompagnava ovunque Beretta da qualche giorno in una fondina ascellare. È lui a sfoderarla nell'incandescente faccia a faccia, Beretta ha con sé anche un coltello a serramanico. Sostiene di aver accoltellato Antonio Bellocco come reazione all'agguato a colpi di pistola. Ma la sua versione reggerà per poco. Troppe le anomalie sulla scena del delitto e in particolare sull'arma, una pistola Beretta 98 calibro 9 con matricola abrasa, rinvenuta tra il sedile della macchina e la schiena della vittima, senza colpo in canna e senza caricatore, rintracciato sull'asfalto qualche metro più in là. 

    LA RICOSTRUZIONE - Una volta in auto le immagini delle telecamere mostrano la macchina far manovra in retro. E poi scartare all'improvviso avanti, senza controllo, fermandosi per inerzia davanti all'ingresso della palestra. È il momento in cui lo sparo rimbomba nel minuscolo abitacolo della Smart. Dall'auto uscirà, ferito ma vivo, solo Beretta. Riverso sui sedili, immobile, resta Bellocco. Ha le gambe che sporgono dalla portiera del lato guidatore. Il braccio sinistro è alzato dietro la testa. Indossa pantaloncini e maglietta blu, sneakers bianche e un borsello a tracolla Louis Vuitton. Il corpo è in una pozza di sangue, il volto imbrattato, la gola squarciata da una coltellata. Il fendente al collo non è l'unico: la lama lo ha raggiunto almeno sette volte, di cui cinque al petto. 

    ARRESTATO - In serata Beretta viene fermato per l'omicidio volontario di Bellocco. Resta da capire cosa sia davvero avvenuto in auto. E cioè, se Beretta sia rimasto ferito da uno sparo partito durante la colluttazione, prima che il caricatore si sfili, per poi aggredire mortalmente il rivale con il coltello. O se invece Beretta abbia subito ucciso Bellocco, per poi mettere in scena il suo ferimento, sparandosi al fianco per accreditare la legittima difesa. In entrambi i casi, lo stesso Beretta (o qualcun altro) avrebbe poi manomesso l'arma nel tentativo di allontanare i sospetti. 

    I MOTIVI - Il motivo delle ostilità sarebbe stata l’opa iniziata da Bellocco per conquistare gli affari che ruotano attorno al tifo organizzato nerazzurro. E più nello specifico, gli incassi di «Milano siamo noi», lo store della Curva Nord a Pioltello. 
     

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    kgmine
    kgmine

    Le società dovrebbero avere il coraggio di mettersi contro i gruppi organizzati, anche a costo di...

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