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Inter: E' delirio tattico
I fatti. La Fiorentina cala il poker al Franchi in quella che è stata la sua partita in assoluto più bella della stagione. Montella passa dal 3-5-2 a un 4-3-3 e trova una prestazione stellare da parte di Jovetic, Ljajic, Cuadrado, Aquilani, Borja Valero, Pizarro, Pascual etc. L’Inter sta a guardare lo strapotere viola, contempla senza meditarci sopra l’inesistenza del suo gioco e perde malamente (nonostante il risultato avrebbe potuto essere anche più umiliante) la sesta partita sulle ultime sette gare in trasferta.
Le attenuanti. La perdita di un giocatore come Milito è devastante: Stramaccioni nel match interno col Chievo aveva ritrovato la quadratura del cerchio tattico, a partire proprio da uno schieramento strutturato sul potenziale offensivo. La gara infrasettimanale di Europa League col Cluj ha pesato inevitabilmente sul rendimento: energie psico-fisiche difficilmente recuperabili in giorni. La Fiorentina non è il Chievo, aveva inanellato una serie non positiva provenendo da una brutta sconfitta con la Juventus e da Montella ci si aspettava la partita del riscatto. Gargano, uomo che in questo confronto avrebbe potuto essere un giocatore chiave, unico in questo momento che ha l’inesauribile capacità di contenere, ripiegare e ripartire, ha avuto un risentimento last minute ai gemelli del polpaccio.
L’analisi. Elencati fatti e attenuanti e postulando ancora una volta che quando trova le giuste dinamiche il centrocampo della Viola ha una qualità pazzesca da far girare la testa a qualsiasi altra squadra di Serie A, senza contare - particolare non trascurabile - un campione del calibro di Stevan Jovetic, Stramaccioni non può esimersi dall’analizzare le sue colpe tattiche, soprattutto in vista del derby tra una settimana, passando ancora una volta per l’Europa League a metà settimana, e in prospettiva per gli obiettivi, allo stato attuale delle cose, difficilmente centrabili. Deficit tattici che si sono rivelati macroscopici e non soltanto per le quattro reti subite (erano anni che l’Inter non subiva passivi così eclatanti), bensì per il (non)gioco espresso e l’incapacità di trovare soluzioni al dominio incontrastato di Pizarro e compagni. L’incipit della partita fino al goal di Ljajic è stato un disastro tattico senza precedenti: quasi un quarto d’ora di autentica confusione con Kuzmanovic davanti alla difesa che non riusciva a uscire e far uscire la squadra dalla propria area, Kovacic sulla destra in stato visibilmente confusionale (mai stato in vita sua in quella situazione con quel sistema di gioco, il 4-3-1-2), Cambiasso insensatamente a destra (col Chievo era lì perché sulla sinistra c’era Gargano, che correndo di più riusciva a coprire maggiormente la difficoltà di ripiegamento di Cassano), Guarin - che ancora sta studiando da trequartista - in fase di non possesso non si riallineava al centrocampo, e comunque era in vistosa difficoltà su Pizarro, Cassano e Palacio rimanevano distantissimi dal resto della manovra, isolati nella terra di nessuno in una profondità che era piuttosto quella di un abisso tattico. Dopo 20 minuti Stramaccioni riaggiusta le cose rimescolando le posizioni del centrocampo: Kovacic al centro, Cambiasso a sinistra e Kuzmanovic sul centro-destra. Le cose non è che migliorino troppo, perché la Fiorentina è in serata ed è praticamente perfetta in tutto, arriva anche l’inevitabile secondo goal e l’Inter non riesce a fare gioco, ma soprattutto non riesce ad interdirlo. Non riesce a pressare alto, non riesce ad essere compatta, non riesce a ragionare perché a fare pressioni sui portatori di palla è la Fiorentina e solo la Fiorentina.
Occorre in conclusione fare una riflessione a questo punto della stagione interista: l’Inter non è una grande squadra, probabilmente tornerà ad esserlo e la ricostruzione richiede tempo. Inutile pretendere l’impossibile. Più saggio ridimensionare obiettivi e aspettative e cominciare a lavorare seriamente e duramente.