Nell'Inter che viaggia nelle zone alte della classifica la certezza è una sola: non c'è un undici titolare, non c'è uno schema tattico fisso, tutti possono diventare protagonisti così come finire a scaldare la panchina nel giro di pochi giorni. Forse un sintomo di poca chiarezza nel progetto manciniano, forse una precisa strategia del tecnico nerazzurro per far sentire tutti sulla corda, fatto sta che l'Inter è lì, a un punto dalla vetta, mostrando una sempre maggiore convinzione dei propri mezzi e della propria forza. In questo clima di incertezza tattica e tecnica uno che sta patendo la situazione è certamente Stevan Jovetic: arrivato questa estate in nerazzurro per portare qualità e imprevedibilità a una squadra che fa del temperamento e della forza fisica le sue armi principali, il talento montenegrino ha stupito tutti nelle prime giornate, segnando tutti i tre gol dell'Inter nelle prime due vittore stagionali contro Atalanta e Carpi. Poi, complici problemi fisici e alcune scelte di Mancini, l'apporto di Jovetic alla formazione nerazzurra è venuto meno. Il problema, più che il digiuno di gol (l'ultimorisale addirittura al 30 agosto) e la mancanza di continuità, sembra un altro: nei due moduli previsti dal Mancio (4-3-3, 4-2-3-1), il numero 10 nerazzurro non trova mai la sua collocazione ideale. EQUIVOCO TATTICO - Appena sbarcato ad Appiano Gentile, Jovetic scelse di indossare lo stesso numero che aveva a Manchester, il 35, prima che la società decidesse di affidargli il 10, elevandolo a simbolo della qualità della nuova squadra di Mancini, dopo la partenza di Kovacic in direzione Madrid. Il talento del montenegrino non è mai stato in discussione,si tratta di un giocatore capace di segnare e di far segnare, che nella sua carriera è stato frenato solo dai problemi fisici. Una seconda punta che sulla carta si sposerebbe a meraviglia con un centravanti d'area di rigore come Icardi. Peccato che i due, insieme, abbiano giocato solo 430 minuti, in sole sei delle prime quattordici giornate. Jovetic è un "9 e mezzo", e negli schemi scelti da Mancini si deve sempre adattare: non è un trequartista classico in grado di giocare dietro la prima punta nel 4-2-3-1, non è il 9 ideale da mettere al centro dell'attacco in un 4-3-3. Un equivoco tattico che affonda le sue radici nelle decisioni di mercato estive, un rompicapo difficile, che Mancini deve risolvere per garantire quel qualcosa in più a questa Inter desiderosa di tornare finalmente protagonista.