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Inter, ecco perché Jovetic può rinascere
L’eterno ragazzo Stevan Jovetic, l’8 che poteva essere un 10 (perché la filosofia dei numeri nel calcio conta, ed è identità) il talento che poteva diventare campione, ricomincia il suo viaggio ramingo (ma non letterario, non fatto di storie) da Siviglia, bandiera tra le bandiere dell’Andalusia. E’ la sua nuova opportunità di completarsi come giocatore e uomo.
A Milano Mancini lo chiamò per instillare talento in un gruppo di carri armati che dovevano difendere con la prestanza del fisico, le magie montenegrine dell’estetico Stevan. Il piano di unire forza a talento non riuscì se non all’inizio, ma poi le atmosfere divennero quelle grigie di Manchester con assenze, panchine e infortuni che tornarono a raccontare storie d’incompiutezza. Siviglia è calda e guarda al mare, un po’ come le terre slave. Dà e vuole emozione. Lì nella città del cuore e nella squadra padrona dell’Europa League e oggi agli ottavi di Champions, Jovetic può rinascere e finalmente completare il suo talento dandogli una forma, una storia, un tratto.
Quattro partite sotto la guida di generale argentino dai caratteri rivoluzionari, Jorge Sampaoli, un assist e tre gol. Due all'invincibile Real Madrid, come amano raccontarlo in Castiglia, quello delle quaranta partite d’imbattibilità, che cade al Ramón Sánchez Pizjuán come ai tempi di Don Alfredo Di Stefano. In quel gol segnato tre settimane fa al minuto ’92 di fronte a sua maestà Cristiano Ronaldo c’è il segno che il piccolo principe ha ritrovato per un attimo (il tempo slavo) i suoi tratti orientali. La sua immaginazione dei momenti migliori a Firenze. La forza del calore di Belgrado. Non è finito il ragazzo come calciatore, la sua parabola può continuare finalmente compiuta nella quinta città del suo viaggio ramingo.
I perché questo possa accadere, ci sembrano essere chiari. Il suo gioco fatto di talento e fini passaggi (68 finora) s’incastra perfettamente nella costruzione votata al talento e alla pura tecnica voluta dal duro Jorge. Insieme a Vasquez, Vitolo e Vietto il ragazzo slavo può dialogare a passo cadenzato, in un campionato – e questa è la seconda ragione – che non asfissia le partite con il tatticismo del raddoppio di marcatura ma le gioca sull’uno contro uno. C’è spazio per il gioco estetico e tecnico, c’è una concezione dell’equilibro orientale, dove il tanto talento si somma e non si sottrae, c’è il tempo per pensare la giocata e renderla veloce, c’è da parte del giornalismo spagnolo racconto letterario e anche questo conta per un esteta quando si rilegge.
In Spagna, a Siviglia Jovetic può essere protagonista perché intorno a lui si muovono personaggi dal fare "slavo" romantico, pratico ma anche talentuoso. Queste atmosfere non più grigie ma sentimentalmente legate alla tecnica, al gioco, dovrebbero insieme ai connotati tecnici della Liga spagnola aiutare Jovetic a completarsi come ramingo mettendo nel suo viaggio una storia, un tratto in ogni partita, una firma sia che ci sia davanti il Real sia che si giochi contro l’Espanyol. E di fatti lui ha già segnato da attaccante a entrambe.
Il Siviglia per otto partite nell’anno del signore 92-93 ebbe tra le sue file Diego Armando Maradona e i giornali spagnoli scrissero che anche la città andalusa aveva il suo re. Stevan Jovetic a differenza dell’immaginifico argentino è un principe che ha bisogno di una terra in cui fermarsi a dare ogni giorno una pennellata che lo renda un giocatore compiuto. D’altronde gli slavi dal loro nomadismo trovarono i Balcani e a chilometri di distanza i fiorentini sono stati principi. Slavi e fiorentini, quelli che l’hanno amato. E che sono oggi a Siviglia.
@MQuaglini