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Inter, che sofferenza! Se la squadra non ascolta Spalletti la Champions è dura
Sarebbe stata una beffa, ma anche la dimostrazione che Luciano Spalletti aveva ragione nel ricordare dalla panchina che questa era una partita da chiudere prima di qualsiasi sorpresa. Consolazione da poco quella di un allenatore che capisce di essere nel giusto solo perchè i suoi faticano ad ascoltarlo.
L’Inter aveva un bisogno vitale dei tre punti di Verona per rispondere a Roma e Lazio. Averli ottenuti vuol dire aver raggiunto lo scopo, ma la strada percorsa non è stata la più breve, né la più lineare.
Tanto per cominciare, il primo tempo è servito a poco. Solo una mezza occasione per Karamoh, “assistito” all’indietro da Rafinha, con pallone “sporcato” al momento del tiro.
Il resto è stato solo Chievo. Prima con un palo di Pucciarelli (12’), poi una grande deviazione di Handanovic su Giaccherini (15’). Il portiere sloveno non si è limitato a questo: al 39’ si è esibito in una parata, dopo tiro improvviso di Cacciatore e infine (45’) è volato ancora per impedire che Pucciarelli lo trafiggesse in diagonale.
Forse, narrata così, sembra che il Chievo abbia dominato la partita. Ma la cronaca è cronaca mentre l’Inter era fiacca, prevedibile (e, dunque, lenta), incapace di agire contro una difesa avversaria mobile e vigorosa.
Il Chievo, lo si sa, è squadra che lascia pochi spazi, ma quei pochi l’Inter non li sfruttava. Qualche giocatore, come Cancelo, non era nella giornata più propizia, Borja Valero, pur diligente, non offriva sufficiente dinamismo, il caldo ha fatto il resto.
La più fondata delle obiezioni è che il caldo ci fosse anche per il Chievo. Vero, però, da questo punto di vista, vanno fatte due osservazioni.
La prima: atleticamente il Chievo è più pimpante dell’Inter e lo si è visto anche nell’ultimo quarto d’ora quando la squadra di Spalletti è scoppiata.
La seconda: l’Inter ha speso le sue energie quando ha deciso di accelerare, cioé ad inizio ripresa.
Dal mio punto di vista non è nemmeno un caso che a spianare la via alla vittoria sia stato un episodio riconducibile a Brozovic, l’uomo più importante tra i nerazzurri in questa fase del campionato.
Sul tiro da fuori del croato - una soluzione assai diversa dalla manovra che all’Inter non riusciva -, Sorrentino ha respinto poco lateralmente, ovvero quasi sui piedi di D’Ambrosio che, solo davanti alla porta spalancata, ha deciso per un intelligentissimo tocco ad Icardi. Il centravanti segna, ma l’arbitro annulla causa il fuorigico di D’Ambrosio. Per fortuna dell’Inter (e della giustizia calcistica) il Var ristabilisce la verità: D’Ambrosio parte da dietro la linea di difesa avversaria e il gol viene convalidato.
L’entusiasmo è stato il propellente. L’Inter non solo si riaffaccia con maggiore frequenza in area avversaria (Brozovic anticipato con rischio autogol), ma nel giro di nove minuti (7’ e 16’), raddoppia con la più bella azione della partita. Lo spunto è di Karamoh che serve Rafinha in area, sul breve è in arrivo il terzo uomo (Perisic) che mette dentro quasi in scioltezza.
Non c’è colpa della difesa clivense, questa volta è la sincronia tra palla e calciatore (i cosiddetti tempi di gioco) a fare la differenza.
L’Inter, poi, pensa a gestire. E sbaglia. Sia perché avrebbe qualche occasione per il terzo gol (contropiede Rafinha, Perisic, Rafinha con conclusione respinta dalla gamba di Sorrentino), sia perché il possesso è inficiato dalla scarsa lucidità. Forse fatica (probabile), forse l’idea che fosse già finita (possibile).
Il Chievo segna grazie a due nuovi entrati: Birsa (assist) e Stepinski (diagonale) e in coda alla partita potrebbe esserci perfino veleno letale per l’Inter.
Invece la vittoria è manna nella calura padana. Anche perchè il calendario dei nerazzurri è durissimo: sabato la Juve a San Siro, l’ultima in casa della Lazio.