Inter, Calhanoglu è già meglio di Pirlo?
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No, non mi stupirei affatto, perché non gli mancherebbero certo gli argomenti a sostegno di questa tesi. Sempre se restiamo lucidi nel confronto e non ci prende la botta di mitologia. Certe statue vengono semplicemente imbrattate da vernici colorate, per di più cancellabili, altre invece devono essere sostituite. Ma allora questa è cancel culture?
PIRLO, IL MITO - Pirlo ha segnato un’epoca, è diventato una sorta di modello, ha plasmato nelle nostre menti il concetto stesso di regista fragile ma geniale davanti alla difesa. Conseguenza: l’allenatore ridisegnava la squadra per lui. Conte lo ha ammesso candidamente di essere passato dal 4-2-4 al 4-3-3 quindi al definitivo 3-5-2 per valorizzare Pirlo. Accanto ci volevano le ancelle operose, due mezzali atleticamente dotate in grado di compensare la natura delicata del fuoriclasse. Una sorta di campana di vetro in cui preservare ma al tempo stesso esporre l’esemplare unico. E come funzionava? Si dava ancora la palla al cervello della squadra, perché facesse gioco. Allora vedevi Pirlo che andava a due centimetri dal difensore per farsi consegnare il pallone, e vedevi il difensore che si sottometteva a questa concezione antica, nel senso che delegava la regia, rifiutando nei fatti la propria emancipazione. Novecento puro.
Dopodiché Pirlo era Pirlo. Se gli davi un po’ di spazio metteva in porta chiunque con giocate geniali come questa qui sopra per Marchisio, in un corridoio impossibile contro il Catania. Questa non è la solita palla morbida sopra la difesa, trita e ritrita, per il taglio di Lichtsteiner. Quella roba a Pirlo usciva fuori come la pasta al burro. Questa idea per Marchisio è molto di più, resta negli occhi. Sono le giocate dei grandi campioni, tipo l’esterno di Modric contro il Chelsea.
CI STUPIAMO DI MENO - Ora il Calha come è messo a “giocate che restano negli occhi”? Sono quelle che fanno il campione, non i trofei. Mi ricordo il controllo di petto di Zizou contro il Portogallo, non quando alzò la coppa a Euro 2000. Per tornare a Calhanoglu, è messo molto bene, solo che la soglia del nostro stupore o non esiste più o si è alzata parecchio (quante cose facciamo e/o consideriamo mentre “guardiamo” una partita di calcio sdraiati sul divano?). Il nostro tempo è fatto in modo tale che saranno certamente in pochi a ricordarsi di questo filtrante di Hakan contro l’Atalanta. Forse tu, carissimo lettore, te l’eri già dimenticato. O non l’avevi neanche visto perché distratto da TikTok. Forse non gli hai dato il giusto peso, per il semplice fatto che oggi tutto SEMBRA pesare di meno. Anche le grandi giocate come questa. E non te ne faccio una colpa, sia ben chiaro, è che siamo nel 2024.
INCANTARE TUTTI NEL 2024 - Quindi cosa significa incantare tutti come ha fatto Calhanoglu domenica sera? Qual è il peso assoluto di questa sciabolata per Dimarco? Vogliamo soffermarci un momento sulla difficoltà di questa giocata? O vogliamo farlo sulla sua bellezza? Zazzaroni ha intitolato il pezzo del giorno dopo così: “Quando Pirlo è turco”. Mi piace un sacco ma non sono d’accordo. Calhanoglu è andato oltre con questo lancio, per la tensione e la natura della traiettoria vengono in mente Veron e Xabi Alonso, che facevano lanci molto diversi rispetto a quelli di Pirlo. Più veloci e di più lunga gittata. Pirlo è maestro della palla morbida, non di queste cose qua, ad altissima energia. È una lunghezza d’onda totalmente diversa.
Non a caso i gol di Calhanoglu sono questi. Perché Calha non accende la lampadina, accende il laser.
Volete un confronto anche sul piede debole? Pirlo contro il Lecce ancora per Marchisio.
Calhanoglu per Barella lo scorso anno contro la Salernitana. Ebbene sì, la maturità del regista si misura dalla comparsa dei primi lanci illuminanti effettuati col piede debole.
LE PUNIZIONI DI PIRLO - C’è però un fondamentale in cui Pirlo è ancora da considerare intramontabile: le punizioni. Calhanoglu non è da meno, basta andare a vedere i suoi numeri spaventosi in Bundesliga, ma Pirlo su palla da fermo è decisamente indimenticabile. Non tanto per quante ne ha realizzate (tantissime, non sto neanche a contarle), piuttosto per la naturalezza e la scioltezza di esecuzione che aveva raggiunto. Su tutte citerò la più iconica, quella contro il Napoli nella stagione 2013/2014, in cui la sensibilità del suo piede destro ha raggiunto probabilmente l’equilibrio perfetto tra forza e morbidezza. Commovente.
Insomma la statua in piazza no, ma il quadretto in camera lo lascio appeso.
È che poi Calhanoglu queste traiettorie le tira fuori dal repertorio nello sviluppo di una azione, non solo da fermo. Ma è comunque un’altra cosa, in questo caso non arriva a quel vertice di poesia.
Può segnare su punizione anche da centrocampo (come peraltro ha già fatto con l’Amburgo), ma quella morbidezza là di Juve-Napoli resta inarrivabile, c’è dietro un rapporto più intimo col pallone, un segreto irriducibile. Ora, tolta per dispetto questa magia a Pirlo, possiamo iniziare a dire che in generale è meglio Calhanoglu?