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Insigne: "Voglio ancora la Nazionale e i Mondiali in Canada. Solo in Italia vieni escluso se giochi all'estero"
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BEI RICORDI - "Il Belgio mi ricorda il gol più bello e soprattutto importante della mia carriera, segnato con la maglia numero 10 dell'Italia. Non eravamo noi i più forti, ma creammo con la Federazione e lo staff tecnico del ct Roberto Mancini un gruppo granitico. Fu quello il segreto del nostro successo. Pare ieri. Prendo la palla sulla linea di centrocampo, alzo la testa e parto, salto Tielemans con un dribbling e mi avvicino alla mattonella che ho sempre amato di più, la rampa di lancio per il tiro a giro. Carico il destro, poi la rete si gonfia. Ci convincemmo di poter arrivare fino in fondo. Eravamo uniti, il resto venne da sé e andammo a prenderci la Coppa. Già indossare la maglia della Nazionale è un motivo straordinario di orgoglio, ma vincere un trofeo è meraviglioso".
CALCIO ITALIANO - “I due Mondiali saltati sono una ferita, anche nella mia carriera. Sono grato a Prandelli per avermi portato almeno in Brasile, ma ero ancora un ragazzino e la mia unica avventura iridata non fu da protagonista. Con Ventura e Mancini fallimmo invece la qualificazione ed è stata soprattutto la seconda volta a fare male. Eravamo i campioni d'Europa, con la Svizzera ci condannarono anche gli episodi e la sfortuna. Poi affondammo negli spareggi. Una spiegazione negli spogliatoi non riuscimmo a darcela. Sento parlare di una crisi di talenti e magari c'è anche qualcosa di vero. Ma la nostra storia dice altro: i campioni in Italia sono sempre nati e bisogna solo aiutarli di più a emergere, come accade all'estero. I club devono investire nella crescita dei giovani, gli allenatori dargli spazio e fiducia. Pure per la Nazionale e sta già succedendo, con l'arrivo sulla panchina della Nazionale di Spalletti. Il mister sta aprendo ai giovani le porte del club Italia e i risultati si cominciano a vedere. Il cammino in Nations League è stato finora ottimo ed è importante, in vista delle qualificazioni per i Mondiali”.
MONDIALI - “Ai Mondiali non bisogna tornarci e basta. La Nazionale lì dovrà giocare di nuovo da protagonista, con l'ambizione di poterli vincere. Noi siamo l'Italia, 4 volte campione del mondo. Qui in Canada, nazione che li ospiterà con Usa e Messico, si respira già un'atmosfera di attesa, con i cartelloni pubblicitari per le strade anche se manca un anno e mezzo. Il calcio in America non è ancora seguito come gli altri sport nazionali: baseball, basket, football. Ma il movimento sta crescendo e il volano dei Mondiali sarà straordinario, con l'arrivo dei campioni. Spero che l'Italia possa giocare almeno una partita a Toronto: in Canada c'è una nostra comunità calda e numerosa”.
NAZIONALE – “Non mi sento un ex, però. Non ancora. Alla Nazionale non si dice mai addio, nemmeno dopo i 40 anni. E io ne ho solamente 33. Sono in Canada da due anni e sono contento dell'esperienza che sto vivendo, ma un rammarico ce l'ho... Solamente in Italia chi va a giocare lontano è escluso automaticamente dal giro della Nazionale e non se ne capisce il motivo. I sudamericani che stanno in Serie A possono fare ogni volta 13 ore di volo, perché a noi non è consentito? Parlo in generale, ma ho già detto che alla maglia della Nazionale non si dà l'addio, si fa sempre il massimo per meritarla. Altrimenti si segue da tifoso”.
NAPOLI - “Può vincere un altro scudetto con l'arrivo di Conte. È un grande lavoratore, un tecnico che mangia calcio. Anche il futuro del Napoli ha tutto per essere azzurro”.