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  • In un libro tutta la verità su Mendes: ombre e trame. Leggi in anteprima

    In un libro tutta la verità su Mendes: ombre e trame. Leggi in anteprima

    • Pippo Russo
    Fra una settimana, giovedì 27 ottobre, sarà in libreria il libro di Pippo Russo “M. L’orgia del potere. Controstoria di Jorge Mendes, il padrone del calcio globale” (Edizioni Clichy, pagine 532, 18 euro). Vi anticipiamo in esclusiva l’introduzione.

    Jorge Mendes: anatomia del super-agente
    Jorge Mendes è l’uomo più potente del calcio globale. Si è conquistato la leadership al termine di una scalata costante e inarrestabile. Persino breve, se si guarda alla dimensione raggiunta in un lasso di tempo da medio periodo storico. Lo ha fatto per meriti propri, che sarebbe sciocco non riconoscergli. Nessuno arriva ai vertici se non ha talento. Lo ha fatto anche perché ha trovato l’occasione e la fase storica giusta per avviare la scalata. E anche questo è un merito. Non è da tutti saper cogliere l’opportunità, e anche in questo Jorge Mendes ha dimostrato di avere un talento nettamente sopra la media. Va aggiunto che Jorge Mendes non ha incontrato ostacoli nella sua scalata. Anzi, quelli che avrebbero dovuto frapporsi al suo cammino sono spariti uno dopo l’altro. E questo è un aspetto non collegato al talento di Jorge Mendes ma a quelle che potremmo definire “le condizioni di contesto”.

    Già, le condizioni di contesto. Quelle che, dalle narrazioni schiacciate sul personaggio e sulle sue mirabili gesta, vengono lasciate da parte per pigrizia o per calcolo. E invece su esse bisogna riflettere. Per capire come mai un uomo venuto su dal nulla, un totale outsider dentro un mondo come quello del calcio e una società come quella portoghese caratterizzati da strutture ferree e ultraconservatrici quanto a trasmissione del potere, sia riuscito a arrivare ai vertici. Trovando pure davanti a sé la strada spianata. Il mistero di Jorge Mendes sta qui, nell’ascesa costante che forgia il mito dell’invincibilità. Un mito che poi viene scientificamente propagandato, a rafforzare il senso di legittimità del potere acquisito. Tutto ciò compone il quadro in cui si muove Jorge Mendes, l’uomo più potente del calcio globale. E proprio alla descrizione del quadro sono dedicate queste pagine. Ovvio che il personaggio Jorge Mendes venga descritto anche qui, e in abbondanza. Ma verrà descritto facendone la contro-storia. Che non è semplicemente “la storia contro qualcuno o qualcosa”, ma piuttosto la messa in discussione del canovaccio narrativo dominante su qualcuno o qualcosa. E la messa in discussione comincia mettendo al centro proprio quel canovaccio.

    Che come ogni format narrativo è fatto di semplificazioni, enfatizzazioni, e soprattutto omissioni. La figura pubblica di Jorge Mendes è vasto campionario di omissioni. Alcune verranno messe in mostra e chiarite, altre lasceranno nuovi interrogativi che io non sono in grado di risolvere perché mi servirebbero strumenti investigativi di cui non dispongo. E però, quegli interrogativi finiscono per essere più preziosi delle risposte. L’esperienza accademica mi ha insegnato che scoprire un nuovo interrogativo è cosa più preziosa che trovare la risposta a un interrogativo già noto.

    Ne verranno aperti molti, di interrogativi sulla figura di Jorge Mendes. Ma prima di farlo bisogna mettere a fuoco la peculiarità del ruolo da lui svolto, un ruolo che proprio attraverso lui trova la propria massima espressione: quello del cosiddetto super-agente. L’utilizzo del prefisso super non sta a indicare una persona dotata di facoltà sovrumane o paranormali. Più semplicemente, indica un ruolo straordinario che si pone al di sopra dei confini tracciati fra i ruoli ordinari. Che esistono in ogni campo dell’attività sociale, compreso quello calcistico. Il mondo del calcio è popolato di ruoli ben definiti e delimitati entro delle specifiche sfere: ruoli agonistici, tecnici, dirigenziali, d’intermediazione. Il super-agente è una figura che abbatte i confini fra molti di questi ruoli. In origine è un agente di calciatori, e in questa veste vede espandere il proprio portafoglio clienti. Dapprima soltanto giocatori di calcio, che crescono per numero e per qualità, finché l’agente non se ne ritrova fra le mani molti fra i migliori in circolazione. Poi si espande anche il portafoglio allenatori, e dunque vengono arruolati i soggetti che indirizzano le scelte dei club quando si tratta di agire sul mercato dei trasferimenti. E poi arriva il momento in cui il vengono piazzati anche i dirigenti di club, coloro che prendono le decisioni e manovrano le leve finanziarie. A quel punto l’agente si e già trasformato in super- agente perché ha smesso d’essere un mero intermediario.

    Piuttosto, è egli stesso un centro motore di affari calcistici d’ogni rango. Il super-agente è un consulente di mercato dei club, e un referente degli investitori esterni che acquisiscono diritti economici di calciatori. Costituisce e gestisce fondi d’investimento, fonda agenzie per la gestione di diritti d’immagine e eventi, in qualche caso si lancia nel mercato dei diritti televisivi, e arriva a stringere patti con settori della politica e della finanza. Nei casi più avanzati, il super-agente inventa forme di diplomazia del pallone entrando in contatto con le elite politico-economiche dei mercati emergenti, laddove il calcio è l’economia politica proseguita con altri mezzi.

    Nel calcio globale di oggi il super-agente è tutto questo. Un aggregatore di affari che crea il mercato anziché adattarsi ai suoi processi. Di questo profilo Jorge Mendes rappresenta l’evoluzione più avanzata. Non quella definitiva, perché il mondo del calcio e oggi nel pieno di una Grande Trasformazione che ne fa il pilastro di un’economia integrata dell’entertainment. Ma di sicuro il fondatore di Gestifute è oggi l’interprete più all’avanguardia del ruolo di super-agente. Lo è anche perché ha saputo interpretare questo mutamento verso l’economia dello svago e del divertimento. E tale abilita nello stare al passo coi tempi gli va riconosciuta. Quanto a tutto il resto, invece, si può e si deve discutere, cominciando dalla distorsione oligopolistica che una figura di super-agente come Jorge Mendes esercita sul mercato del calcio e dei calciatori. Rispetto a ciò, l’opinione sul ruolo del super-agente e su figure come quella di Jorge Mendes non può che essere negativa. Il perché verrà spiegato nel corso di queste pagine.

    Un’ultima premessa, di carattere metodologico. La figura di Jorge Mendes è estremamente complessa, e ciò rende altrettanto complesso il tentativo di raccontarla. Il rischio che qualcosa si perda per strada è reale, e non escluderei che ciò succeda in queste pagine. Ma e sull’impostazione del racconto che devo dare una spiegazione. La complessità di Jorge Mendes impone una scelta netta del racconto, un filo conduttore che lo renda coerente. In questo libro il filo conduttore è il calcio portoghese, a partire dal quale vengono sviluppate le connessioni globali del Sistema Mendes. So che molti obietteranno. Il Portogallo è un paese piccolo e periferico d’Europa, e il suo campionato nazionale non appartiene all’elite continentale. Argomento rispettabile, che pero non condivido. Se scelgo di raccontare Jorge Mendes mettendo al centro il Portogallo, lo faccio non soltanto perché si tratta del paese del super-agente. Il motivo è più profondo. Occupandomi da dieci anni del fenomeno che definisco economia parallela del calcio globale, ho imparato che due sono i paesi cruciali per lo sviluppo di questo sistema economico: il Portogallo in Europa, l’Argentina in Sud America. Leggere quotidianamente le cronache sportive dei due paesi mi dà un’idea abbastanza fedele di ciò che si sta muovendo nell’economia parallela del calcio globale. Per questo Jorge Mendes va raccontato in piena connessione con lo sviluppo del calcio portoghese dell’ultimo ventennio. Il ventennio che ha fatto gonfiare una bolla speculativa del calcio giunta ormai al limite.

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