Juve, Nazionale: giù le mani da Pirlo che ha il diritto di sbagliare due partite
Tre mesi fa, Andrea Pirlo, 33 anni, 91 presenze in Nazionale, 578 partite e 58 gol in carriera, veniva considerato un uomo da Pallone d'oro. Scaricato dal Milan nell'estate 2011, ma capace un anno più tardi di trascinare la Juve alla riconquista dello scudetto, era il simbolo dell'Italia che, prima della finale malamente persa contro la Spagna, guidava gli azzuri a uno straordinario Europeo. Tanto che l'Uefa l'aveva proclamato "Man of the match" in tre delle sei partite disputate dal solista della Juve in Polonia e in Ucraina.
Tre mesi dopo, in seguito a due, dicansi due, prestazioni sottotono, una a Stamford Bridge nella gara con il Chelsea e l'altra contro la Fiorentina, Pirlo scopre di essere diventato improvvisamente un caso nel calcio schizzato, senza memoria e senza equilibrio, che si diverte a fagocitare i suoi eroi.
"Pirlo è stanco". "Pirlo non ce la fa più". "La Juve in ansia per Pirlo". E giù consigli e suggerimenti sul modo di gestire il trentatreenne fuoriclasse al quale non viene manco sussurrato, ma, addirittura, intimato di lasciare la Nazionale se vuole allungare la sua carriera.
Chi la pensa in questo modo non conosce Pirlo e l'orgoglio Pirlo, che è l'orgoglio di un campione vero, attaccatissimo alla maglia azzurra. Pirlo ha il diritto di sbagliare due partite, ma resta sempre il miglior regista del calcio italiano. Fortunate la Juve e l'Italia che ce l'hanno. E l'avranno ancora a lungo
Xavier Jacobelli
Direttore Editoriale www.calciomercato.com