A spasso per gli stadi della Premier League: il West Ham apre Upton Park per l'ultima volta
Inizia oggi contro i Lusitanos di Andorra la stagione di Europa League del West Ham. L’ultima che verrà disputata ad Upton Park. Dal 2015-2016 il West Ham si è aggiudicato l’utilizzo (dietro lauto investimento per la risistemazione) dello stadio Olimpico costruito nell’East End per Londra 2012. Abbandonare il vecchio stadio per il nuovo è qualcosa di normale, nel Regno Unito, ma di non molto gradito ai tifosi. E nei prossimi tre anni saranno almeno due le società in procinto di fare il grande passo. Oltre al West Ham c'è l'Everton che saluterà Goodison Park per trasferirsi in un nuovo impianto. Le ultime notizie sono del settembre 2014 e parlano di uno spostamento a Walton Hall Park, poco lontano dal vecchio impianto. Saranno l’ottava e la nona società a cambiare “casa” tra quelle attualmente in Premier league dal 1997: anno non casuale, era quello successivo agli europei giocati in inglesi, un po’ come il 1991 da noi, dove gli impianti risalgono a Italia ‘90.
BUROCRAZIA - Al contrario di quel che si è portati a pensare paragonando le situazioni inglesi con quelle italiane, anche nel Regno Unito le procedure richiedono diversi anni per arrivare ad un piano operativo ed esecutivo. Nel caso dell’Everton, ad esempio, il primo piano di costruzione del nuovo impianto a Kirkby risale al 1996. E il problema maggiore è stato l’opposizione della comunità locale, per la quale c’è sempre grande considerazione. Per il West Ham si è invece dovuto passare da ricorsi e controricorsi (anche Tottenham e Leyton Orient erano interessate) prima dell’aggiudicazione definitiva avvenuta a fine 2014. La differenza forse sta nell’impostazione manageriale delle società, capaci di piani a lungo termine e di investimenti importanti, ma questa è un’altra storia. IL CASO CHELSEA - Stamford Bridge rimarrà la casa dei Blues. La storia curiosa è che la società non è proprietaria dell’impianto (altro fatto che sfata un mito da bar italiano) e - udite udite - nemmeno del suo nome. Esiste infatti una onlus partecipata dai tifosi, di cui è presidente il capitano John Terry, proprietaria di Stamford Bridge e del nome Chelsea. Una operazione fatta negli anni ‘90 quando il club fu oggetto di interesse di investitori immobiliari: si decise di difendere l’identità creando una società di tifosi che detenesse il nome e lo stadio (e al quale il Chelsea - società sportiva - paga una sorta di "affitto") in modo da proteggere dalle sorti sportive due simboli del club. Per il trasferimento temporaneo si pensa a Wembley (così come il Tottenham che dovrà trovare una casa provvisoria in vista della ristrutturazione di White Hart Lane): una soluzione caldeggiata dalla federazione alle prese con un impianto dagli alti costi di gestione che necessita di più eventi oltre alle gare della nazionale e alle finali di coppe nazionali e playoff che si disputano ogni anno.
CHI HA CAMBIATO - Ma se il cambio di stadio oggi è un qualcosa che si cerca di evitare e continua a rappresentare un’eccezione, non mancano casi eccellenti in tutta l’Inghilterra. Il trasferimento che più ha fatto rumore in questi anni è quello dell’Arsenal. Da Higbury all’Emirates nel 2006, stadio che è stato pagato per intero in meno di 10 anni e che ora darà nuove prospettive al club (è anche quello con la media di prezzi più alta nel Regno Unito). Gli ex campioni del Manchester City sono invece passati da Maine Road al City of Manchester Stadium (ora Etihad Stadium), anche questo non formalmente di proprietà del club ma di fatto gestito come tale e pronto per la riapertura con una capienza portata da 45 a 54 mila posti. Nel 2001 invece il Southampton abbandonò il The Dell per il St. Mary’s Stadium, nel 2005 lo Swansea ha salutato Wetch Field per l’attuale casa: il Liberty Stadium, mentre lo Stoke gioca al Britannia dal 1997 dopo aver rimpiazzato il vecchio Victoria Ground. Il Leicester gioca invece a King Power Stadium (42 mila posti) dal 2002 dopo aver rimpiazzato l’impianto di Filbert Street.
Giovanni Armanini