Il vero avversario di Cristiano Ronaldo è Bican, non Pelé
Prima cosa: nacque a Vienna nel 1913, allora capitale dell’impero austro-ungarico, giusto un attimo prima che scoppiasse la Prima Guerra Mondiale. Seconda cosa: si è sempre ritenuto un boemo (erano le origini di suo padre, pure lui calciatore), ma più di tutto - come vedremo - un uomo libero in un’epoca - come quella - segnata dai totalitarismi. Terza cosa: giocò con tre nazionali. L'Austria (con cui disputò i Mondiali del 1934 in Italia), la Cecoslovacchia e il Protettorato di Boemia-Moravia, nazionale nata dopo l'occupazione nazista della Cecoslovacchia. Esistono poche testimonianze dirette, rarissimi i filmati, quel che sappiamo di lui ce l'ha raccontato egli stesso (è morto nel 2001 a 88 anni) o va rintracciato nelle cronache dell'epoca, che però - quando lo riguardavano - tendevano ad una certa enfasi.
Di Bican si sa che era rapidissimo, forte fisicamente, ben strutturato e con un fascino non indifferente. Ci teneva a fare bella figura in società, curava molto il suo aspetto fisico. Un Cristiano Ronaldo della prima metà del Novecento. Josef, anzi Pepi (era il suo soprannome), ha un'infanzia dolorosa, perde il padre a otto anni, vive nella miseria, unica consolazione il pallone. A 18 anni firma per il suo primo club, il Rapid di Vienna. Avere 18 anni nel 1931 è una sciagura. Il mondo galleggia tra una guerra mondiale e l’altra. Il periodo migliore è riassunto negli undici anni passati con lo Slavia Praga. E’ il cannoniere più micidiale d’Europa. La contabilità dei suoi gol non è (non può essere) inattaccabile. diciamo che si è più o meno tutti d'accordo ad assegnargliene 805 nelle competizioni ufficiali, ma il conteggio sale fino a 1468 se si considerano anche le amichevoli, in tutto circa 900 partite. Parliamo di oltre 650 reti in più, non poche e non tutte verificabili. In ogni caso, ha vinto per 12 volte il titolo di capocannoniere.
Era un bel tipo, Bican. Difendeva le sue idee con un coraggio che a quei tempi non era facile avere. Lui invece rifiutò di aderire al partito nazista, così come negò - più tardi - la sua adesione al partito comunista. Smise di giocare nel 1955, tardi, a 42 anni. Nel frattempo si era sposato, aveva avuto un figlio, aveva guadagnato molto, ma aveva perso quasi tutto, la Seconda Guerra Mondiale l’aveva impoverito. Finì a fare l'operaio alle ferrovie di Praga, così decise il Partito Comunista della Cecoslovacchia, per garantirgli il minimo per una esistenza decorosa. Ebbe anche avuto un percorso da allenatore, raccogliendo qualche soddisfazione soprattutto tra Belgio e Danimarca, ma sempre con squadre di terza-quarta fascia.
La leggenda tramanda che Bican - per far divertire i suoi tifosi - era solito appoggiare dieci bottiglie vuote sopra la traversa, poi si appostava al limite dell'area, sistemava dieci palloni e li calcia, uno dopo l'altro, come un pistolero con un bersaglio. Ovviamente la leggenda racconta che Bican non sbagliava un colpo e colpiva - una dopo l'altra - tutte e dieci le bottiglie e - lo sappiamo bene - ogni tanto è bello credere alle leggende.