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    Il triste declino di Mourinho: altro che Guardiola, 10 anni da incubo per l'ex 'Special One' dell'Inter

    Il triste declino di Mourinho: altro che Guardiola, 10 anni da incubo per l'ex 'Special One' dell'Inter

    • Furio Zara
      Furio Zara

    Il problema - banalmente - è che ad un certo punto si invecchia. Non si è più quelli di prima. Il vento fa un giro contrario, la carriera declina in eterno tramonto. Josè Mourinho è stato esonerato dal Tottenham proprio nelle ore in cui il Calcio europeo si spaccava sulla Superlega (tempismo da maestri, questo bisogna ammetterlo). Non è la prima volta e a questo punto il fallimento sta diventando seriale. Nell'ultimo decennio il fu Special One ha rimediato più bastonate che gloria. Esonerato dal Chelsea, cacciato anche dal Manchester United. Ora gli Spurs. Avventura finita, nonostante domenica 25 ci sia la finale di Coppa di Lega contro il City (questo per dire quanto interessa al club: zero). 20 milioni in tasca a Mou e via andare. Aveva un contratto fino al 2023, è durato 17 mesi. In Europa ha fallito, in Premier ha stentato: quest'anno aveva già perso 10 volte in campionato, mai gli era successo. A questo punto bisognerebbe chiedersi: perché l’uomo che dieci anni sembrava (era) il Re Mida del calcio - tutto ciò che toccava si trasformava in oro - oggi è un reietto? 

    Una prima risposta può essere questa: Mourinho non ha più appeal sui suoi giocatori. L'uomo per cui tutti i suoi giocatori si sarebbero buttati nel fuoco (chiedete a quelli dell'Inter del Triplete che lo veneravano), il Grande Motivatore, oggi è un allenatore come tanti, talvolta non capito, il più delle volte sopportato. La verità è che ci stanchiamo anche di ripetere a noi stessi le solite cose. E Mourinho per anni ha ripetuto lo stesso mantra, lavorando - prima ancora che sulle strategie di gioco - sulla capacità di trasformare i suoi giocatori in guerrieri in missione per conto di Dio, o insomma, per conto suo. Una seconda risposta va nella direzione di un'idea di calcio che è rimasta ancorata al passato. Il calcio speculativo di Mou - il famoso pullman davanti alla porta - non ha più ragione d'essere. O meglio: non funziona più. Non porta in dote nulla. Nemmeno - come succedeva una volta - i risultati. Il calcio che lascia una traccia - almeno in Europa - è di un'altra pasta, di un'altra fattura. Da Special One a Normal One il passo è stato breve. Uno come tanti, Mou. Ammanettato alla sua stessa immagine, come da celebre posa antica (quando a San Siro fece il gesto delle manette)

    Il decennio 2000-2010 è stato segnato dalla personalità di quest'uomo. E dalle sue vittorie. La Champions con il Porto (2004) e con l’Inter (2010), l’Europa League con Porto (2003), gli scudetti in serie: 2 col Chelsea, 2 col Porto, 2 con l’Inter. Mou vinceva ovunque. Portogallo, Inghilterra, Italia. Era una garanzia. Poi il «magic-touch» è sparito. Ha vinto una Liga col Real (2012), una Premier col Chelsea (2015), una Europa League con il Manchester Utd (2017), e rimane quello l'ultimo trofeo europeo messo in bacheca. Sono passati quattro anni. E sono stati anni di tentativi falliti, come se tutto fosse stato ridimensionato, a partire da lui stesso. Il culto di Mou è andato sfiorendo con il passare degli anni. Mentre il suo più grande antagonista - Pep Guardiola - proseguiva nel suo percorso di crescita; Mou non è mai cambiato, non è mai sceso dal poster, non si è mai - per davvero - messo in discussione. La differenza è stata proprio questa: mentre Pep sperimentava, Mou replicava se stesso. Per questo oggi si può dire che Mourinho - prima ancora che dai club che ha allenato - sia stato esonerato dall’idea che aveva di se stesso, quella di un allenare capace di tutto, anche di trasformare il fuoco in legno.

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