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    Santos e Brasile, i due unici amori di Pelé: le imprese che lo hanno reso immortale, gli ultimi omaggi al Re

    Santos e Brasile, i due unici amori di Pelé: le imprese che lo hanno reso immortale, gli ultimi omaggi al Re

    • Andrea Distaso
    L’una, il Santos, aveva deciso di omaggiarlo già nelle scorse ore - quella della fase conclusiva di una lunga ed inesorabile battaglia contro il cancro - modificando per l’occasione il suo logo, un’icona riconoscibilissima da decenni a livello mondiale; l’altra, il Brasile o la Seleçao se preferite, non aveva mai fatto mancare i propri messaggi di sostegno con calciatori e tifosi in prima linea mentre cercava invano di regalargli l’ennesima Coppa del Mondo - in Qatar - a distanza di 20 anni dall’ultima. E a distanza di 64 dalla prima, conquistata grazie anche ai colpi da fenomeno di un ragazzino di appena 17 anni.

    Il Santos e il Brasile, ovvero i due amori della vita di sua maestà Pelé. Uno dei più grandi calciatori di ogni epoca che, in un atto di fedeltà estrema ormai sconosciuta nel calcio di oggi abituato a fagocitare tutto - anche i sentimenti - decise al suo tempo di non indossare nessun’altra maglietta all’infuori di quelle due. La parentesi coi New York Cosmos, una scelta dettata anche dalle necessità economiche, è un’altra cosa ed arrivò quando Pelé non era più sostanzialmente Pelé. 757 gol in partite ufficiali, 1281 in 1336 match secondo i calcoli riconosciuti dalla Fifa, ma anche un palmarés colmo di trofei: 27 titoli a livello nazionale col suo club, insieme a due Libertadores e altrettante Coppe Intercontinentali, più i tre Mondiali portati a casa con la più forte Nazionale di sempre. 

    I prodigi mostrati da un giovanissimo ragazzo capace in Svezia di farsi largo tra campioni già affermati come Gilmar, Nilton Santos, Garrincha, Didì e al fianco di un altro talento rampante come Altafini (all’epoca Mazola) sono le cartoline rimaste scolpite nella testa degli appassionati, sia per chi ha avuto il privilegio di vederlo più o meno dal vivo, sia per chi è arrivato dopo raccogliendo i racconti delle sue gesta da papà e nonni. Come lo storico bis concesso quattro anni più a Cile ‘62, dove nel terzetto delle meraviglie fa la sua comparsa Vavà, creando una formula magica divenuta un ritornello. Fino all’imperioso ed imperiale colpo di testa all’Azteca di Città del Messico, col quale annichilì un certo Burgnich e iniziò a mandare in frantumi il sogno Mondiale della splendida Italia del 1970 guidata da Ferruccio Valcareggi.  Il Santos e il Brasile, il Brasile ed il Santos: non si scappa, questo era Pelé.
     

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