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    Il Napoli s'inchina alla Lazio: nessun rischio per lo scudetto, ma un avviso per la Champions

    Il Napoli s'inchina alla Lazio: nessun rischio per lo scudetto, ma un avviso per la Champions

    • Giancarlo Padovan
      Giancarlo Padovan
    Il Napoli non è imbattibile. E’ indiscusso mattatore della Serie A, vincerà lo scudetto con larghissimo margine di vantaggio (Inter e Milan, i questo fine settimana, al massimo possono arrivare a meno 15), farà una Champions League da leccarsi i baffi (per me, l’ho detto e ripetuto, almeno da semifinale), ma nessuno deve pensare che le vittorie arrivino per diritto acquisito, o perchè in squadra c’è il miglior marcatore del campionato (Osimhen) affiancato dal miglior asistman del torneo (Kvaratskhelia). Va tutto benissimo sotto il cielo del Maradona anche se nulla è garantito. E’ bastato allentare un po’ l’attenzione, concedersi qualche errore di troppo nei passaggi (di solito assolutamente precisi), perdere le misure e anche un po’ di determinazione, perché la Lazio di Maurizio Sarri, il grande e ancora amatissimo ex, arrivasse ad infliggere la prima sconfitta casalinga, la seconda in un campionato che ha, alla fine, sempre lo stesso padrone.

    La tentazione di scrivere che non è successo niente è forte, ma non sarebbe giusto. Primo, perché una sconfitta mette in circolo sempre tossine difficili da espellere. Secondo, perché perdere è comunque un segnale da non sottovalutare. Ovviamente lo scudetto non è minimamente in discussione, ma per esempio, gli impegni di Champions vanno letti con cautela e una ritrovata applicazione. Se guardiamo alle occasioni (una traversa di Osimhen servito da Kvaratskhelia e un miracoloso salvataggio di Provedel tutto nella stessa azione), il Napoli avrebbe potuto pareggiare. Se prendiamo in esame l’approccio e lo sviluppo del secondo tempo, almeno fino al gol vincente di Vecino (67’), la squadra di Spalletti avrebbe potuto anche andare in vantaggio. Tuttavia, nella valutazione complessiva, va messo un primo tempo a basso ritmo e con poche azioni, più un finale velleitario (dal 4-2-4 ad uno sbilanciatissimo 3-4-3, almeno per le caratteristiche dei centrocampisti), confuso e arruffone. Mettiamola così: poteva andare meglio, perché il gol della Lazio ha avuto il potere di spezzare la più propositiva fase di gioco del Napoli.

    Detto questo, Sarri non ha rubato nulla: poteva essere già in vantaggio dopo appena cinque minuti se Di Lorenzo non avesse salvato, di testa, sulla linea una deviazione aerea di Vecino (sempre lui) su punizione-cross di Luis Alberto. E poi, strategicamente parlando, Sarri ha organizzato la squadra con Vecino centrale davanti alla difesa e l’incessante attività di Milinkovic-Savic e Luis Alberto, oltre che di Felipe Anderson e Zaccagni. Non c’è stato pallone, giocato dal Napoli, che non abbia trovato “sporcatura” o opposizione da parte delle mezze ali o degli esterni. Non c’è stata mai la rinuncia al pressing o alla pressione. La Lazio è sempre stata corta e stretta con tanti metri dietro la linea difensiva, a dimostrazione che sia il coraggio, sia la voglia di attaccare hanno guidato quasi sempre i biancocelesti. Dico quasi perchè, nei primi venti minuti della ripresa, il Napoli ha cambiato ritmo, aumentato i passi, toccato la palla in modo assai più veloce. E’ cambiata la grammatica della partita, ma gli uomini di Spalletti non sono stati in grado di fornire un titolo, una ragione per credere compiutamente in essi. Forse, se non avessero subìto il gol, con relativo contraccolpo, il vantaggio sarebbe arrivato. Eppure, per la prima volta in questa stagione, il Napoli mi ha dato l’idea di una certa ripetitività. Per esempio negli sviluppi da angolo (sui quali, comunque, ha segnato più di tutti). Per esempio quando cerca sbocchi a destra (Lozano ha fatto poco). Per esempio nella ricerca di Osimhen addirittura con il lancio lungo (horribile visu).

    Purtroppo il calcio è un gioco particolare. Potrei scrivere che il Napoli ha giocato meno bene del solito, ma è pur vero che, giocando anche peggio di così, alcune partite le ha vinte. Cosa deve ritrovare? Lo stato di grazia collettivo che sa spingere molte squadre al di là di ogni contingenza (il palo, la gamba, la mischia). E questo - giova ripeterlo - non per uno scudetto già appuntato sul petto, ma per una Champions che squadre come la Lazio, o più forti, ne propone assai. Sempre pensando positivo. E cioé di arrivare alla finale. Non ci sono sconfitte che possano guastare un anno così.

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