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    Il Napoli è superiore e vince con poco. Ma è la ‘solita’ Juve: con Inter e Siviglia non può bastare

    Il Napoli è superiore e vince con poco. Ma è la ‘solita’ Juve: con Inter e Siviglia non può bastare

    • Giancarlo Padovan
      Giancarlo Padovan
    Il Napoli è più forte della Juventus e non serviva il successo risicato (0-1) di ieri sera per confermarlo. Tuttavia, nonostante la partita sia stata fatta dagli uomini di Spalletti, la differenza non è stata né netta, né, meno che mai, abissale. E’ vero che la Juventus si è prevalentemente difesa, ma, rispetto al Napoli, ha giocato con un bel po’ di riserve: Soulé dietro a Milik in attacco, Rugani in difesa al posto di Bremer (che non ha ancora resuperato), Miretti per Fagioli.

    Sinceramente pensavo che finisse con un’altra goleada a favore del Napoli, invece, se l’arbitro Fabbri, richiamato dal Var e dalle proteste dei prossimi campioni d’Italia, non avesse annullato il gol di Di Maria (entrato per Miretti), probabilmente avrebbe vinto la Juve. Non con pieno merito, ma con il solito opportunismo: in ripartenza (lancio lungo) e con il Napoli sbilanciato in avanti. Il fallo di Milik su Lobtka, che ha avviato l’azione conclusa da Di Maria, è del tutto discutibile (in Inghilterra non avrebbero né fischiato, come ha fatto Fabbri, né corretto, come si è lasciato convincere a correggere l’arbitro), ma il nodo non è il gol non dato, quanto piuttosto la tipizzazione del gioco della Juventus. Che affronti il Napoli (ripeto con discreto turnover) o vada a Lisbona con i titolari per qualificarsi in Europa League, resta una squadra monotematica: molto bassa, ruvida nei contrasti (commette falli che diventano ammonizioni o punizioni pericolose), prevedibile nelle ripartenze, ingenua quando attacca con cinque uomini (non è nelle sue corde e, spesso, come ieri, becca il gol).

    Per quel che conta la Juventus resta terza (come minimo ci sarà un’altra penalizzazione, anche se minore, per le plusvalenze), a due punti dalla Lazio (seconda), ma a tiro della Roma (quarta). Allegri fa bene a non prendersela con  l’arbitro (gli ha fatto i complimenti) perché anche lui sa che le partite che contano sono quella di mercoledì, in Coppa Italia, con l’Inter (andata 1-1) e le altre due semifinali di Europa League con il Siviglia, la squadra che ne ha vinte di più. Essere battuti dal Napoli capolista (il prossimo fine settimana potrebbe essere campione d’Italia matematicamente) era un’evenienza contemplata, anche se subire gol in pieno recupero (Raspadori, 92.50”) non piace a nessuno. 

    Ma il Napoli, gol a parte, aveva fatto comunque qualcosa di più. Non certo nel primo tempo (di rara bruttezza per entrambe le squadre), ma nel secondo sì: aveva colpito un palo esterno con Osimhen, creato qualche occasione per Kvaratskhelia, spinto la Juve nella propria metacampo e, a volte, ia margini dell’area. Certo, il ritmo è stato blando e solo una prodezza (tanti tiri da lontano per esempio) avrebbe potuto sbloccare la gara. Molti temevano che il Napoli patisse la frustrazione per l’eliminazione patita con il Milan. Certo, brillante non è stato, ma l’attenzione è sempre stata desta. L’avversario ha contribuito a solleticare l’orgoglio e a non abbassare mai la guardia. La Juve ha cominciato con il 3-5-2 e ha finito con il 4-3-3 passando dal 3-4-3. Segno che Allegri avrebbe voluto vincerla. Gli sarebbe servito per il morale (anche non prendere gol sarebbe stato positivo), proprio perché mercoledì va a San Siro, in casa dell’Inter, servirà un’impresa. Per andare in finale bisogna vincere e questa Juve, con Milik, Vlahovic, Chiesa e Di Maria fa una fatica improba a trovare la porta. E ogni partita che passa diventa più difficile.

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