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  • fabio.manfreda
    Il mito di Sacchi raccontato ai ragazzi: non guardatelo oggi, è un rivoluzionario

    Il mito di Sacchi raccontato ai ragazzi: non guardatelo oggi, è un rivoluzionario

    Se qualcuno dei nostri giovani lettori non sa bene chi sia quel signore pelato che si chiama Arrigo Sacchi, e che vedono in tv o sui giornali oppure sul web, proviamo a spiegarglielo in poche righe giusto oggi che compie settant’anni.
     
    Ebbene, quel signore è uno degli uomini più importanti nella storia del calcio, forse il più importante nella storia del nostro calcio, perché è l’artefice di una vera e propria rivoluzione. Nel piccolo mondo del pallone, il suo avvento fu simile a quello di un Robespierre: dopo di lui, il modo di intendere questo sport in Italia non è stato più lo stesso. Prima ci difendevamo, dopo attaccavamo; prima speculavamo, dopo entusiasmavamo. Nella sua scia, anche le nostre squadre più piccole diventarono straordinariamente intraprendenti e proprio in quegli anni assistemmo - ad esempio - alle eccezionali esibizioni del Parma di Scala il quale, sebbene con un modulo diverso, girava per l’Europa e imponeva il proprio gioco senza alcuna paura.
     
    A chi oggi ha vent’anni tutto questo sembra normale, probabilmente, e se sente dire che la grande Juve di Platini raramente attaccava e spesso vinceva in contropiede quasi non ci crede, un po’ come quando raccontiamo loro che c’è stato un mondo senza telefonini, nel quale per chiamare casa dovevi trovare una cabina e avere dei gettoni gialli in tasca. Sacchi consegnò i telefonini a tutti: qualcuno li usò, altri no e ci fu anche chi esagerò, estremizzando i concetti e gettandosi scriteriatamente in attacco (c’è sempre chi vuole andare oltre, del resto). Il suo avvento fu devastante anche in Europa, tanto che ancora oggi molti allenatori stranieri lo trattano come un mito, un vate: sanno ciò che ha fatto. Se dovessimo individuare oggi le tre squadre che hanno cambiato il calcio negli ultimi cinquant’anni, indicheremmo l'Ajax di Michels, il Milan di Sacchi e il Barcellona di Guardiola: sono le sole ad avere portato qualcosa di realmente rivoluzionario in questo sport.
     
    Sacchi è stato davvero Robespierre, anche nei tempi: è durato pochissimo. E’ piombato nel grande calcio nell’87 e nel ’90 ha conquistato il suo ultimo trofeo. Dopo di allora, da ventisei anni a questa parte, non ha mostrato più niente né ha vinto più niente. Il secondo posto ai Mondiali del ’94 fu raggiunto da un’Italia che era l’anti-Sacchi: poco gioco e il talento di Baggio a trascinarla avanti. La verità è che Arrigo è stato vittima dei suoi eccessi, che l’hanno portato a litigare con tanti campioni e poi a finire vittima dello stress. Oggi, quando parla, Sacchi dice cose spesso fuori tempo e nel modo sbagliato, a volte appare patetico e certe sue lezioni morali hanno un sapore sgradevole. Perciò abbiamo voluto raccontare ai ragazzi, che magari si domandano perché tutti ascoltino quel signore pelato, come mai gode di tanta considerazione. Ha fatto molto per intaccarla, ma non c’è riuscito: per chi ha visto il suo Milan, nonostante tutto, resta un mito.
    @steagresti
     

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