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    Chievo, Cesena e Parma: la plusvalenza, mistero e ombra del calcio italiano

    Chievo, Cesena e Parma: la plusvalenza, mistero e ombra del calcio italiano

    • Marco Demicheli
    È il grande obiettivo di ogni società, chiamata - generalmente il 30 giugno - a chiudere il proprio bilancio. È la plusvalenza, l'oggetto del desiderio di tutti i club calcistici. Su Calciomercato.com, Pippo Russo vi ha portato alla scoperta di alcuni casi clamorosi relativi alla rotta Chievo-Cesena e presto potrebbe portarne alla luce tanti altri. Nel frattempo, proviamo a fare chiarezza su questo strumento economico.

    Tecnicamente, la plusvalenza è l'incremento di valore, la differenza positiva fra i valori contabili dello stesso bene in momenti diversi. Più semplicemente: oggi compro una penna per 10 euro, domani la rivendo a 12; la differenza di valori tra i due momenti genera un effetto positivo di due euro: ecco la plusvalenza. Ma perché tutte le società la sognano? Perché, nel momento in cui la rilevo, iscrivo questo valore a bilancio, contribuendo così a generare un risultato d'esercizio che aiuta a raggiungere quegli obiettivi che permettono l'iscrizione ai campionati professionistici. In caso di acquisti, invece, il valore del giocatore viene ammortizzato - ovvero ridotto gradualmente - per la durata del contratto. Questo cosa significa? Se un calciatore viene acquistato a dieci milioni di euro e firma un contratto quinquennale, dopo ogni stagione il suo valore contabile di bilancio scende di due milioni, consentendo così di generare plusvalenze se dopo il primo anno viene venduto a più di otto milioni, dopo il secondo a più di sei, e così via.

    Tutto, però, ha anche un lato oscuro: in questo caso, l'utilizzo della plusvalenza come strumento per "aggiustare" quei bilanci che, altrimenti, sarebbero in difficoltà: la ricerca della plusvalenza è effettuata con operazioni di calciomercato in cui le società si scambiano lo stesso valore finanziario. Di fatto questi movimenti producono utili di bilancio, ma non danno alla società risorse finanziarie reali. Tali manovre possono sfuggire alla Covisoc (Commissione di Vigilanza sulle Società di Calcio Professionistiche), l'ente preposto alla verifica dei bilanci dei club, che si occupa del monitoraggio della situazione economico-finanziaria delle società calcistiche, senza entrare nel merito. Se, ad esempio, un calciatore proveniente dalla Primavera e il cui valore viene stimato intorno ai 300mila euro viene messo a bilancio per dieci milioni di euro, la Covisoc non ha alcun potere di intervento. E spesso, a rimanere prigionieri di queste ipervalutazioni di cui sono il più delle volte ignari, sono gli stessi calciatori, che non possono essere rivenduti se non a somme fuori mercato per non generare minusvalenze.

    Il rischio, in situazioni del genere, è che queste plusvalenze generate in maniera virtuale nascondano in realtà situazioni critiche dal punto di vista finanziario, pronte a esplodere quando ormai è troppo tardi per evitare il fallimento delle società. Un esempio su tutti? Il Parma, che ha chiuso ufficialmente i battenti nel 2015, ma tra il 2009/10 e il 2013/14 - come riporta Calcio & Finanza - ha generato plusvalenze per un totale di 195,48 milioni di euro. Un caso emblematico riguarda Ishak Belfodil, ceduto nel 2013 all'Inter per 11,5 milioni e riacquistato l'anno dopo per la stessa cifra, senza però reali movimenti di denaro; ai nerazzurri, infatti, finirono come contropartita i giovani Yao e Crisetig, quest'ultimo messo a bilancio dai ducali per un valore di 9,5 milioni, ma ceduto nella stessa sessione di mercato al Cagliari in prestito con diritto di riscatto fissato a 1,5 milioni. Una delle tante operazioni misteriose del nostro calciomercato. Dove la plusvalenza, da sogno di una notte, diventa la rovina delle società.

    @marcodemi90

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