Il messaggio che arriva da Colonia, al calciatore è proibito avere paura: la bruttissima storia di Verstraete
E tuttavia c'è qualcosa di sgradevole in questo cammino del massimo campionato tedesco verso la riapertura. Si tratta di un episodio avvenuto qualche giorno fa, ma che merita di essere ripreso e fatto oggetto di una riflessione perché pone un quesito di tipo nuovo, figlio di questo tempo di pandemia: il calciatore ha diritto alla paura? La prima risposta che giunge a questo interrogativo è sconfortante. Non soltanto il calciatore non ha diritto alla paura, ma se la esterna viene colpevolizzato e costretto a scusarsi.
Lo abbiamo constatato vedendo quanto è successo a Birger Verstraete, centrocampista del Colonia. Classe 1994, giunto al Colonia la scorsa estate, Verstraete ha condotto una stagione in chiaroscuro fino a che non è arrivata l'interruzione causa Covid-19. Un buon inizio rovinato da un infortunio al ginocchio, con successiva ripresa lenta. Come i compagni di squadra, la scorsa settimana Verstraete è stato raggiunto dalla notizia che tre componenti del gruppo (due calciatori e un fisioterapista) sono risultati positivi al Covid-19. I tre sono stati messi in quarantena senza che la misura venisse estesa al resto del gruppo. Intervistato da VTM, un'emittente televisiva belga, Verstraete ha commentato il fatto manifestando perplessità e preoccupazione. Ha dichiarato di trovare incoerente che venissero messi in quarantena soltanto i tre positivi e non l'intero gruppo. Inoltre ha manifestato preoccupazione per l'eventualità di contagiare la propria compagna. E infine ha aggiunto che, se dipendesse dalla volontà dei calciatori, non si avrebbe una ripresa dell'attività agonistica.
Parole giunte come espressione di un'opinione personale e esternazione di uno stato d'animo umanamente comprensibile. Ma che la società, in quanto datrice di lavoro, non ha perdonato al proprio dipendente. Che infatti è stato costretto a rilasciare un'altra "intervista", stavolta al sito ufficiale del Colonia. Nel corso della quale si è scusato, ha anche accampato qualche errore di traduzione e ha ammesso che prima di parlare con la stampa avrebbe fatto meglio a consultarsi col medico sociale per capire il reale stato della situazione sanitaria. In breve: si è dovuto ingoiare il diritto a avere paura. Se ne trae un messaggio sconfortante. Perché è vero che ci troviamo in uno stato d'eccezione, nel quale siamo costretti a rinunciare a parte delle nostre libertà. E sarà altrettanto vero che il datore di lavoro-società di calcio possa pretendere un certo grado di discrezione dal proprio dipendente-calciatore in merito a questioni interne, specie se di altissima sensibilità come quella relativa alla gestione sanitaria del gruppo. Ma la paura per la propria salute e per quella dei propri cari dovrebbe essere un diritto cui dare risposta, non una pretesa da reprimere. Quella che coinvolge Birger Verstraete è una bruttissima storia. Che purtroppo non rimarrà isolata.
@pippoevai