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Il Manchester City e il Fair Play Finanziario: i conti non tornano
Calciomercato.com ha chiesto all’Avv. e Agente Fifa Jean-Christophe Cataliotti, esperto di diritto calcistico e titolare dei corsi di Reggio Emilia per osservatori di calcio e agenti dei calciatori (per info si rimanda al sito www.footballworkshop.it), e al Dott. Tommaso Fabretti, laureato in Economia e Management presso l’Università Politecnica delle Marche, di analizzare gli sforzi gestionali messi in atto dal Manchester City per rientare nei parametri imposti dal Fair Play Finanziario voluto dalla UEFA di Platini.
COSA DICE IL FAIR PLAY FINANZIARIO - Con la ripresa nella scorsa settimana delle coppe europee, si è tornati a parlare dell’ambizioso Fair Play Finanziario (“FPF”) promosso da Platini e dai vertici Uefa nel 2010 in accordo con i rappresentanti dei principali club calcistici continentali. Ricapitolando brevemente i punti basilari di questo progetto, la Uefa ha enunciato un regolamento attraverso il quale si tenta di porre un freno alle spese pazze dei club sul mercato trasferimenti, spingendo le società a rientrare in limiti di spesa circoscritti a quelli che sono i propri ricavi, ad utilizzare al meglio i fondi a propria disposizione investendo su infrastrutture e settori giovanili, e imponendo di rientrare da situazioni debitorie problematiche. Con il FPF la Uefa obbliga quindi le società a studiare delle solide strategie a lungo termine che abbiano come obiettivi principali il raggiungimento del pareggio di bilancio e la realizzazione degli utili, seguendo la strada maestra dell’autofinanziamento.
RESTRIZIONI GRADUALI - Per venire incontro alle esigenze dei club e, soprattutto nei casi-limite, per permettere loro di avere un determinato arco temporale per sistemare la propria situazione finanziaria, la Uefa stabilì di far partire il FPF con delle restrizioni graduali, una sorta di periodi di prova in cui concedere ai club determinati livelli di perdite. L’articolo 61 stabilisce che in ognuno dei periodi biennali 2011-2013 e 2013-2015 le società possono permettersi perdite massime totali di 45 milioni di euro; nel triennio 2015-2018 ci si dovrà invece attenere alla soglia massima dei 30 milioni totali, per poi arrivare, dal 2018 in poi, a registrare tassativamente un passivo massimo annuo di 5 milioni di euro. Come gli stessi vertici Uefa hanno annunciato, in questi periodi verrà utilizzata una certa elasticità, e le sanzioni potranno essere mitigate. Dunque è lecito attendersi che, prima della pena massima quale l’esclusione dalle competizioni europee, i club non in regola verranno piuttosto puniti con provvedimenti diversi, come forti multe, penalizzazioni in termini di punti in classifica, o restrizione del numero di giocatori ammissibili nelle liste Uefa.
IL CASO DEL MANCHESTER CITY - Tra le società finite maggiormente sotto la lente di ingrandimento dell’organo di controllo finanziario della Uefa spicca il Manchester City: la società degli emiri di Abu Dhabi ci fornisce molteplici spunti di discussione. Sono passati cinque anni da quando lo sceicco Mansour iniziò ad investire in quello che in precedenza era un club abituato a stazionare nei bassifondi del campionato inglese. Da allora la realtà è radicalmente cambiata: grazie a spese totali di 640 milioni di sterline (oltre 700 milioni di euro), gli “Sky Blues” si sono trasformati in una delle principali pretendenti al titolo in Premier League e, malgrado la sconfitta subita con il Barcellona martedì scorso nell’andata degli ottavi di Champions League, puntano al più presto ad entrare nell’élite del calcio europeo.
I loro conti destano però, alla luce del FPF, diverse preoccupazioni. Nel periodo 2011-2013 (che verrà analizzato dalla Uefa nei prossimi mesi) il City ha totalizzato perdite per 170 milioni di euro! Il limite di 45 milioni imposto dal nuovo regolamento è stato quindi notevolmente superato creando già polemiche, tuttavia c’è ottimismo tra i vertici del club che sperano di riuscire ad assottigliare il passivo, tenendo conto che dal totale delle perdite dovranno essere dedotti gli investimenti per le infrastrutture, che la Uefa piuttosto incoraggia. In questo senso, il City ha stanziato una cifra che si aggira sui 100 milioni di euro per un interessante progetto legato alla costruzione di un centro tecnico nella zona est della città per il settore giovanile dove far crescere le stelle del futuro. Dal totale delle perdite andranno inoltre detratti gli ingaggi dei giocatori acquistati prima del 30 giugno 2010, quando cioè il FPF non era ancora stato approvato: tra questi rientrano ad esempio il capitano Kompany o l’argentino Zabaleta. Tramite questi tagli, i vertici dei Citizens cercheranno di avvicinarsi alla soglia di perdita massima consentita.
LA TESI DIFENSIVA - La tesi difensiva del City avrà poi altri punti focali ben delineati: gli avvocati della società metteranno in rilievo i grandi sforzi gestionali studiati per rientrare nei parametri imposti, con il piano strategico che sta via via riducendo le perdite: il City è infatti passato in 3 anni da un rosso di 230 milioni di euro ad uno considerevolmente più limitato di 60 registrato nell’ultimo bilancio, pubblicato lo scorso mese. Parliamo quindi di una riduzione delle perdite di oltre il 70%, che sta ad evidenziare la strada intrapresa dai dirigenti del club di Manchester. A questi dati si aggiungano poi considerazioni positive come il fatturato annuale in continua crescita grazie ad una buona diversificazione dei ricavi (315 milioni di euro realizzati nell’ultimo anno, sesta società calcistica europea), l’assenza totale di debiti (situazione piuttosto rara nel panorama attuale) e, come già evidenziato, la forte attività in favore del calcio giovanile. Gli amministratori del Manchester City con queste argomentazioni cercheranno di dimostrare alla Uefa l’effettiva efficacia del proprio business plan, che prevede inoltre il raggiungimento del punto di pareggio e la successiva condizione di profittabilità negli anni a venire. Si profila dunque un periodo di importanti riflessioni gestionali e finanziarie per l’esecutivo Uefa.
COSA DICE IL FAIR PLAY FINANZIARIO - Con la ripresa nella scorsa settimana delle coppe europee, si è tornati a parlare dell’ambizioso Fair Play Finanziario (“FPF”) promosso da Platini e dai vertici Uefa nel 2010 in accordo con i rappresentanti dei principali club calcistici continentali. Ricapitolando brevemente i punti basilari di questo progetto, la Uefa ha enunciato un regolamento attraverso il quale si tenta di porre un freno alle spese pazze dei club sul mercato trasferimenti, spingendo le società a rientrare in limiti di spesa circoscritti a quelli che sono i propri ricavi, ad utilizzare al meglio i fondi a propria disposizione investendo su infrastrutture e settori giovanili, e imponendo di rientrare da situazioni debitorie problematiche. Con il FPF la Uefa obbliga quindi le società a studiare delle solide strategie a lungo termine che abbiano come obiettivi principali il raggiungimento del pareggio di bilancio e la realizzazione degli utili, seguendo la strada maestra dell’autofinanziamento.
RESTRIZIONI GRADUALI - Per venire incontro alle esigenze dei club e, soprattutto nei casi-limite, per permettere loro di avere un determinato arco temporale per sistemare la propria situazione finanziaria, la Uefa stabilì di far partire il FPF con delle restrizioni graduali, una sorta di periodi di prova in cui concedere ai club determinati livelli di perdite. L’articolo 61 stabilisce che in ognuno dei periodi biennali 2011-2013 e 2013-2015 le società possono permettersi perdite massime totali di 45 milioni di euro; nel triennio 2015-2018 ci si dovrà invece attenere alla soglia massima dei 30 milioni totali, per poi arrivare, dal 2018 in poi, a registrare tassativamente un passivo massimo annuo di 5 milioni di euro. Come gli stessi vertici Uefa hanno annunciato, in questi periodi verrà utilizzata una certa elasticità, e le sanzioni potranno essere mitigate. Dunque è lecito attendersi che, prima della pena massima quale l’esclusione dalle competizioni europee, i club non in regola verranno piuttosto puniti con provvedimenti diversi, come forti multe, penalizzazioni in termini di punti in classifica, o restrizione del numero di giocatori ammissibili nelle liste Uefa.
IL CASO DEL MANCHESTER CITY - Tra le società finite maggiormente sotto la lente di ingrandimento dell’organo di controllo finanziario della Uefa spicca il Manchester City: la società degli emiri di Abu Dhabi ci fornisce molteplici spunti di discussione. Sono passati cinque anni da quando lo sceicco Mansour iniziò ad investire in quello che in precedenza era un club abituato a stazionare nei bassifondi del campionato inglese. Da allora la realtà è radicalmente cambiata: grazie a spese totali di 640 milioni di sterline (oltre 700 milioni di euro), gli “Sky Blues” si sono trasformati in una delle principali pretendenti al titolo in Premier League e, malgrado la sconfitta subita con il Barcellona martedì scorso nell’andata degli ottavi di Champions League, puntano al più presto ad entrare nell’élite del calcio europeo.
I loro conti destano però, alla luce del FPF, diverse preoccupazioni. Nel periodo 2011-2013 (che verrà analizzato dalla Uefa nei prossimi mesi) il City ha totalizzato perdite per 170 milioni di euro! Il limite di 45 milioni imposto dal nuovo regolamento è stato quindi notevolmente superato creando già polemiche, tuttavia c’è ottimismo tra i vertici del club che sperano di riuscire ad assottigliare il passivo, tenendo conto che dal totale delle perdite dovranno essere dedotti gli investimenti per le infrastrutture, che la Uefa piuttosto incoraggia. In questo senso, il City ha stanziato una cifra che si aggira sui 100 milioni di euro per un interessante progetto legato alla costruzione di un centro tecnico nella zona est della città per il settore giovanile dove far crescere le stelle del futuro. Dal totale delle perdite andranno inoltre detratti gli ingaggi dei giocatori acquistati prima del 30 giugno 2010, quando cioè il FPF non era ancora stato approvato: tra questi rientrano ad esempio il capitano Kompany o l’argentino Zabaleta. Tramite questi tagli, i vertici dei Citizens cercheranno di avvicinarsi alla soglia di perdita massima consentita.
LA TESI DIFENSIVA - La tesi difensiva del City avrà poi altri punti focali ben delineati: gli avvocati della società metteranno in rilievo i grandi sforzi gestionali studiati per rientrare nei parametri imposti, con il piano strategico che sta via via riducendo le perdite: il City è infatti passato in 3 anni da un rosso di 230 milioni di euro ad uno considerevolmente più limitato di 60 registrato nell’ultimo bilancio, pubblicato lo scorso mese. Parliamo quindi di una riduzione delle perdite di oltre il 70%, che sta ad evidenziare la strada intrapresa dai dirigenti del club di Manchester. A questi dati si aggiungano poi considerazioni positive come il fatturato annuale in continua crescita grazie ad una buona diversificazione dei ricavi (315 milioni di euro realizzati nell’ultimo anno, sesta società calcistica europea), l’assenza totale di debiti (situazione piuttosto rara nel panorama attuale) e, come già evidenziato, la forte attività in favore del calcio giovanile. Gli amministratori del Manchester City con queste argomentazioni cercheranno di dimostrare alla Uefa l’effettiva efficacia del proprio business plan, che prevede inoltre il raggiungimento del punto di pareggio e la successiva condizione di profittabilità negli anni a venire. Si profila dunque un periodo di importanti riflessioni gestionali e finanziarie per l’esecutivo Uefa.