AFP/Getty Images
Il Liverpool tritura l'Arsenal dell'acerbo Pépé: una differenza imbarazzante
Piatto ricco ad Anfield, gonfio di folla e di umori festosi. I Reds ancora “gasati” dalla vittoria nella Supercoppa Europea, strappata ai rigori al Chelsea di Lampard, guidano la classifica a punteggio pieno (ma siamo solo alla terza giornata) di conserva proprio coll’Arsenal. Volendo si potrebbe parlare di spareggio, se non fossimo, appunto, alle battute iniziali della Premier. In realtà la sfida già in partenza pende dalla parte della squadra di Klopp, imbattuta negli ultimi otto match contro i Gunners che nel confronto diretto dello scorso anno erano stati sbaragliati addirittura per 5-1. Anche i numeri incoraggiano il Liverpool, imbattuto fra le mura di casa dall’aprile 2017 (1-2 contro il Crystal Palace) mentre l’Arsenal vanta uno score deprimente in trasferta contro le Top Six: 22 gare disputate e appena 8 pareggi, 14 sconfitte e nessuna vittoria; 24 i gol segnati e 50 quelli subiti. La ciliegina sulla torta del Liverpool, gli otto gol segnati da Firmino nella porta dei Gunners in altrettanti incontri. Ma i record, si sa, sono fatti per essere battuti e magari ribaltati. Non quyesta volta però, come vecdremo.
Con queste premesse, la sfida al cospetto della mitica Kop era il piatto forte della giornata. Insaporito dalla sconfitta casalinga del Manchester United per mano del Crystal Palace, la notizia era giunta a Liverpool mentre le squadre si preparavano ad entrare in campo ad Anfield. La giornata è soleggiata e calda, l’urlo della Kop terrificante e l’avvio del Liverpool feroce e condotto a ritmi forsennati. Per 6’ l’Arsenal non riesce a mettere il naso nella metà campo avversaria. Emery ha dirottato Torreira e Lacazette in panca (entreranno nella ripresa e l’ex sampdoriano segnerà il gol della bandiera) e disposto i suoi a presidio dei propri ultimi trenta metri, non fossimo su un prato inglese dovremmo parlare di catenaccio. Klopp deve rinunciare ancora ad Alisson, infortunato, tra i pali gioca Adrian, l’eroe pararigori di Istanbul contro il Chelsea. Schieramenti speculari, in apparenza: il 4-3-3 dei Reds è a trazione anteriore e il tridente Salah-Firmino-Mané va a conficcarsi nel cuore della difesa dei Gunners, diretta alla grande da Papastatopoulos, uno dei mille talenti sacrificati dal Genoa sull’altare delle plusvalenze.
La gara prende subito una piega netta, Liverpool avanti tutta e Arsenal chiuso a testuggine in attesa di scoccare le proprie frecce, soprattutto Pépé, la giovane saetta nera soffiata al Napoli per la modica somma di 70 milioni di sterline, circa 75 milioni di euro. Nonostante i Reds comandino le operazioni, il paniere delle occasioni da gol bizzarramente nel primo tempo si riempie dalla parte dei londinesi e le tre chance per bucare le porte di Adrian e Leno sono il frutto malato di altrettanti errori in disimpegno difensivo. All’11', pasticciaccio “Mia! Tua!” al limite dell’area di rigore fra lo statuario Van Dijk e il portiere Adrian, si intrufola tra i due Aubemeyang e calcia verso la porta sguarnita mancando però di inquadrare lo specchio. Nove minuti più tardi Ceballos restituisce la cortesia scodellando al centro della propria area di rigore un assurdo assist dalla bandierina del corner, Mané si avventa sul pallone ma lo calcia debole e centrale fra le braccia di Leno. Terzo cadeau confezionato al 34’ da Henderson che mette in movimento Pepe: controllo dell’esterno di Emery, che indirizza uno straccio bagnato addosso all’atterrito Adrian. Intermezzo inutile con l’intervento del Var per un presunto tocco di mano in area londinese, Taylor fa riprendere il gioco. Un paio di tiri mancini di Pépé, un ragazzo che ha il vento nelle caviglie e sembra però un po’ acerbo, un sinistro in giravolta dal centro dell’area di Salah, appena largo e al 40’, il gol che spezza l’equilibrio. Calcio d’angolo dalla destra di Alexander-Arnold, nella tonnara svezza il capoccione del lungo Matip, un difensore, e il pallone si incastra sotto la traversa, imprendibile per Leno. Per spezzare la resistenza dell’avversario, dunque, è servita un’azione del calcio inglese d’antan, cross dal largo e inzuccata del lungo di turno. Il tridente della Mersey è micidiale negli spazi stretti, ma i contro dei granatieri come David Luiz, Papastatopoulos e soci il gioco di fino in avvio di gara stenta a pagare. Per tutto il tempo i tagli e gli uno-due in area di rigore dell’Arsenal si sono infranti sulla muraglia eretta dai Gunners, così come i cross operati con piedi tutt’altro che ruvidi da Alexander-Arnold, Henderson e Robertson. Gran bel calcio quello dei ragazzi di Klopp, non c’è dubbio. Senonché a volte occorre variare il tema degli assalti e tornare alla vecchia cara offensiva aerea. Altro dato: va bene spingere a pieno organico, ma come la mettiamo con le due palle gol concesse in contropiede all’avversario? Naturalmente il saldo finale si rivelerà largamente in attivo, con quei giocolieri davanti il Liverpool può permettersi pure qualche leggerezza nei suoi sedici metri. Alla fine i conti tornano sempre.
Nella ripresa, i Reds ingranano, se possibile, marce ancora più alte e dopo due minuti appena sfondano: David Luiz si aggrappa platealmente alla maglia dello sgusciante Salah, l’arbitro Taylor vede tutto e vede bene. Giallo al difensore dei Gunners e calcio di rigore per il Liverpool. La trasformazione di Salah è implacabile, una saetta nel sette che Leno neppure vede arrivare. L’Arsenal a quel punto non ha più alibi, è costretto a ribaltare l’atteggiamento tattico prudenziale (eufemismo) che peraltro non gli ha risparmiato la doppietta del Liverpool. Fra il dire e il fare c’è di mezzo la formidabile spinta dei ragazzi in rosso che colorano il calcio di fiammate entusiasmanti, frutto di tecnica, organizzazione di gioco ma anche di uno spirito di squadra encomiabile. Tutti per uno e uno per tutti, ma per davvero. Firmino non conferma le sue doti di bomber e allora eccolo ripiegare in difesa a dar manforte a Van Dijk - un gigante -, Matip e Robertson, il pungiglione di Mané non è appuntito come al solito e quindi provvede Momo Salah, che segnerà una doppietta. Formidabile l’exploit del secondo gol (13’), il folletto egiziano se ne va come una lucertola all’impacciato David Luiz che aveva provato a chiuderlo lungo la linea dell’out (figurarsi!), il sinistro di taglio in diagonale non lascia scampo al povero Leno. E sono tre. L’Arsenal annaspa, barcolla e finalmente Emery tenta qualche mossa per arginare l’uragano tosso. Al quarto d’ora tira via l’incerto Ceballos e si ricorda di Torreira, che si mette a far legna e riuscirà nel finale a timbrare il gol dell’1-3. La partita non muore, ad Anfield non si fanno prigionieri, la differenza di talento e di gioco, di velocità e di inventiva tra le due squadre è persino imbarazzante. L’Arsenal è una compagnia di buoni calciatori con qualche presunto fuoriclasse (Aubameyang? Pépé?), il Liverpool è una squadra vera e si capisce che lotterà davvero con le primissime della classe (a partire dal Manchester City) per portarsi a casa quel benedetto titolo nazionale che manca nella bacheca di Anfield da quasi trent’anni. Che c’è di strano? Dopotutto la squadra di Klopp non è campione d’Europa in carica?