Il Giro che non si ferma per Weylandt, Gattuso che insulta Leonardo: questo non è più sport
di Xavier Jacobelli
direttore www.quotidiano.net
Tecnicamente, la chiamano "neutralizzazione". Ieri pomeriggio, nella discesa del Passo del Bocco, Wouter Weylandt, 26 anni, belga, è morto dopo una tremenda caduta. Oggi il Giro è ripartito in direzione Livorno, per la quarta tappa: a due a due, i corridori hanno cominciato a pedalare; il cerimoniale prevede che sul traguardo passino in prima fila le quattro maglie (rosa, verde, rossa e bianca) e i compagni di Weylandt. Lo stesso accadde il 19 luglio 1995, a Pau, il giorno dopo la morte di Casartelli al Tour. Stamane sulla linea di partenza c'è stato il minuto di silenzio; è stato suonato il silenzio fuori ordinanza; sul luogo della tragedia sono stati deposti fiori. Ma tutto questo non basta. E' il resto che non ci sta bene. Non può starci bene.
Con tutto il rispetto per l'efficiente organizzazione della Corsa Rosa, con tutta la considerazione per i ciclisti e per la loro sensibilità, almeno oggi, almeno per un giorno, un giorno solo, sarebbe stato meglio fermare il Giro. Anche se il padre di Weylandt ha invitato i compagni a continuare a correre per il figlio, ma un padre, in morte del figlio può dire, deve dire ciò che vuole.
Anche se si è trattato di una tragica fatalità o di un "incidente sul lavoro", per usare l'infelice espressione adoperata da un commentatore che avrebbe fatto meglio a ricorrere ad altre parole o a stare zitto. Un altro invece, ha addirittura parlato di accanimento contro il ciclismo se la corsa si fosse fermata. Un altro ancora ha fatto notare che, in fondo, la tappa di oggi è stata dedicata a Weylandt e non vale per la classifica. Ma chissenefrega della classifica, si può dire o no? E tutte queste prefiche si possono mandare a quel paese o no?
No, non ci piace questo sport che non conosce umanità e silenzio nemmeno di fronte alla morte di un ragazzo di 26 anni, che sarebbe diventato padre in settembre. Non ci piace la logica dello spettacolo che deve continuare sempre e comunque. E, se è vero, com'è vero che nemmeno l'orrenda strage delle Torri Gemelle fermò alcune partite dell'Uefa nel 2011, questo non vuol dire che si debba andare avanti sempre e comunque.
E' il concetto stesso di sport che impone il rispetto e la dignità. Quello stesso rispetto e quela dignità che non hanno caratterizzato le gesta di Gattuso e Abate sabato sera all'Olimpico, durante i festeggiamenti per il diciottesimo scudetto milanista (http://multimedia.quotidiano.net/?tipo=media&media=15395).
Quei cori da angiporto contro Leonardo, intonati a squarciagola con gli ultrà, sono stati incivili e indegni dei neocampioni d'Italia. Abate ha capito l'antifona e si è dissociato, al punto da telefonare subito a Leonardo per dirgli: "Dal filmato si vede che, appena parte la canzoncina, io mi tiro indietro. Del resto io posso soltanto ringraziare Leonardo che l'anno scorso mi ha lanciato e mi ha fatto giocare. Se non ci fosse stato lui, ora non sarei qui".
Gattuso, fra l'altro, ha giocato anche 73 partite in Nazionale ed è stato campione del mondo nel 2006. E' un gioocatore che si è fatto apprezzare per la sua grinta, la sua determinazione, il suo attaccamento alla maglia del Milan. Ma patetici sono stati i suoi tentativi di smarcamento nel definire ciò che è accaduto "una goliardata sportiva, un coro da stadio come ce ne sono tanti". Proprio qui sta il punto: quand'è che la smettiamo di intonare cori da stadio per insultare il prossimo? E chi l'ha detto che i cori da stadio debbano essere necessariamente offensivi e volgari?
A scanso di equivoci e delle solite tiritere condizionate dalle degenerazioni tifoidee, sia chiaro che la condanna di questi gesti vale per chiunque li commetta, sotto ogni bandiera e nel nome di qualunque squadra, in qualunque disciplina sportiva. E' lo stesso discorso che s'impone per i cori razzisti e per ogni altra manifestazione di inciviltà, di intolleranza, di belluina tendenza a insultare il prossimo o a dileggiarlo quando non addirittura ad aggredirlo. No, non è questo lo sport che ci piace. Perchè questo non è più sport.