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    Il giorno della Liberazione e il nuovo sbarco americano in Sicilia

    Il giorno della Liberazione e il nuovo sbarco americano in Sicilia

    • Marco Bernardini
    Nel giorno dedicato alla festa per la Liberazione, la Sicilia si trova a dover registrare un nuovo sbarco americano sulle sue coste. Più precisamente, a Taormina e dintorni dove esiste la base dei missili Nato di Sigonella e città nella quale tra un mese esatto si ritroveranno per un summit di grandissima importanza i capi degli Stati più potenti e più ricchi del mondo. Tra loro, ovviamente, ci sarà anche Donald Trump ed è proprio per questo motivo che la bellissima e antichissima città dell’isola si è già trasformata nella sede brulicante di agenti Cia, uomini del FBI e marines in assetto di guerra. Gli americani, non senza ragioni valide, temono per l’incolumità del loro nuovo presidente il quale sarà l’unico di tutti gli altri leader a non dormire nell’Hotel San Domenico. Due sono al momento le opzioni per le sue notti italiane. O in un bunker della stessa base americana oppure in mezzo al mare a bordo di una portaerei statunitense fatta arrivare apposta da oltre Oceano. Atteggiamento clamorosamente differente, ma anche emblematico, da quello che terrà Papa Francesco tra qualche giorno visitando Il Cairo a bordo di un’automobile scoperta. Una diversità che balza agli occhi e che spinge a riflettere.

    Rammento che, essendo "CM" un quotidiano che si rivolge non soltanto a coloro che campano di pane e pallone, prima delle elezioni americane ebbi modo di scrivere che viste la liquidazione di Sanders e l’impossibilità del rinnovo per Obama il minore tra tutti i mali sarebbe stato quello di vedere alla Casa Bianca come presidentessa Ilary. Naturalmente dopo essersi turati il naso. Un desidero disatteso dalla scelta di quella parte di popolo popolo autenticamente yankee nel senso più ortodosso e oscurantista del termine che ha permesso a Donald Trump di salire al vertice del potere nella nazione più forte del mondo. Lo ha fatto come se il nostro pianeta fosse un ring sul quale fare a botte fino a massacro avvenuto dell’avversario agitando la bandiera "stelleastrisce" come il vessillo di un’America non più soltanto sentinella del mondo, come dovrebbe essere, ma come gendarme dell’umanità. Un’ipotesi che avevo paventato scatenando le proteste e il dibattito di coloro i quali, per difendere Trump, mi accusavano di assortite nefandezze ideologiche. Ebbene sarebbe interessante sapere, ora, quale sia il pensiero di quegli stessi lettori la cui maggioranza sarà sicuramente composta da padri e madri di famiglia.
     
    Ho un nipotino che, da qualche tempo, di notte ha gli incubi. Si sveglia terrorizzato e racconta di aver fatto brutti sogni affollati di astronavi che lanciavano lingue di fuoco, mostri assortiti e case in fiamme. Il ragazzino che, come tutti quelli della sua età, adora giocare a pallone e fa amicizia con gli animali domestici, è anche un buon osservatore di telegiornali e di dibattiti televisivi non strettamente banali. L’altra sera, davanti alle scene in arrivo dalla Corea del Nord e ascoltando il commento del giornalista, è rimasto con il boccone a mezz’aria e poi ha detto: "Ma sono matti?". Di qui, probabilmente, i suoi incubi. Gli stessi incubi che, anche se fatichiamo ad ammetterlo, stanno diventando quotidianamente anche i nostri. E questo grazie a due personaggi come Donald Trump e il nord coreano Kim i quali, evidentemente entrambi border line, stanno giocando una partita il cui finale sarebbe sconvolgente per l’intera umanità. La speranza è che, dietro questa ostentazione di muscoli, in realtà vi sia una sceneggiata “teatrale” certamente inopportuna ma indolore. In caso contrario vorrebbe dire che il mondo si trova a dover fare i conti con due autentici pazzi scatenati. Per la buona e saggia regola del meglio prevenire che rimediare a cose fatte, sarebbe doveroso che il mondo intero fermasse completamente ogni attività per un giorno intero come protesta silenziosa e planetaria nei confronti di chi sta scherzando con le profezie menagramo sull’apocalisse.

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