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  • Il falso miracolo del Porto: vendite record e bilancio in profondo rosso

    Il falso miracolo del Porto: vendite record e bilancio in profondo rosso

    • Pippo Russo
    Fine della menzogna. La scorsa settimana Porto SAD ha presentato il bilancio consolidato 2015-16, annunciando un rosso di 58,5 milioni. Una performance da shock, di gran lunga la peggiore fra i tre grandi club portoghesi (LEGGI QUI). Con riferimento ai conti dello stesso periodo finanziario, infatti, il Benfica registra addirittura un dato positivo di 20,9 milioni, lo Sporting Clube de Portugal segna un rosso di 31,9 milioni. Un dato, quest’ultimo, in buona misura appesantito dalla cifra (circa 15 milioni) che in base a una sentenza del TAS il club leonino dovrebbe versare a Doyen Sports Investments, a causa della controversia nata dopo la cessione del difensore argentino Marcos Rojo al Manchester United. Ma su questo dossier è ancora pendente un ricorso del club presso il Tribunale Federale svizzero.

    Dunque la società guidata da Pinto da Costa registra un tonfo economico che crea imbarazzo negli stessi dirigenti. A testimoniarlo sono le parole del presidente. Che all’inizio del documento di bilancio verga un messaggio di mezza paginetta, e in quattro capoversi sbrigativi ammette la disfatta, promettendo poi quasi d’ufficio il rilancio sportivo e economico del club (LEGGI QUI). E si tratterebbe di un’ordinaria storia di cattiva gestione societaria, di cui il mondo del calcio è pieno a qualsiasi latitudine, se non fosse che stiamo parlando del club di cui nel corso degli anni è stata favoleggiata la capacità da grande venditore.

    Ancora due mesi fa, alla vigilia del play off di Champions League contro la Roma, alcune testate italiane tornavano sul tema e contribuivano a perpetuare la propaganda portista, senza curarsi d’andare oltre il dato superficiale che viene dalla somma aritmetica delle cifre spese dai club acquirenti. Quando invece sarebbe stato necessario guardare altri dati. Per esempio: quanta parte di quei denari sia effettivamente finita nelle casse del Porto anziché a fondi d’investimento o altri soggetti proprietari di diritti economici sui calciatori ceduti. Rispetto alla fiera della pigrizia intellettuale e del pressappochismo si era registrata una sola, lodevole eccezione: un articolo di Enrico Turcato, pubblicato dal sito di Eurosport (LEGGI QUI). Sicché adesso molti cascano dal pero. E si chiedono come sia possibile che il club dei super incassi registri anche un super disavanzo.

    Ciò che invece ha una logica elementare. Il Porto è uno dei club più organici al giro TPO/TPI. E la propaganda fiancheggiatrice del turbocapitalismo finanziario applicato al calcio ne aveva sottolineato i successi come una dimostrazione del fatto che l’intervento degli investitori esterni faccia bene ai club. E invece adesso ecco le conseguenze: da tre anni il Porto ha smesso di vincere in qualsiasi competizione (lo scorso 22 maggio non gli è riuscito nemmeno di portare a casa la Coppa di Portogallo, persa in finale ai rigori contro lo Sporting Braga), e adesso i suoi conti sono da panico. Con tanti e vivissimi ringraziamenti alle partnership con Doyen Sports Investments e Jorge Mendes.

    Nel documento di bilancio viene spiegato che il motivo principale del disastro economico sta nell’aumento incontrollato dei costi operativi, nei quali fra l’altro non vengono conteggiate le spese per acquisizione di calciatori. Essenzialmente, a mandare fuori giri le spese del club è stata la crescita esponenziale del monte ingaggi. È su quel versante che la SAD portista ha deciso di agire, imponendo ai conti una cura dimagrante di una ventina di milioni, da realizzarsi entro l’anno che porterà alla presentazione del prossimo bilancio consolidato (LEGGI QUI).

    Il club del Dragão sta vivendo un periodo molto strano. Negli scorsi mesi il presidente Pinto da Costa ha dovuto celebrare il riavvicinamento a Jorge Mendes. Che a dire il vero non aveva mai perso influenza sul Porto, ma nella fase più recente era passato in subordine rispetto all’alleanza del club con Doyen. Un’evoluzione delle cose che il super-agente non aveva gradito, intanto che dal canto suo stringeva un patto di ferro col Benfica.

    Il primo segno del rientro nella sfera mendesiana da parte del Dragão si è avuto con la nomina del nuovo allenatore, Nuno Espírito Santo. Che di Jorge Mendes non è un cliente qualsiasi. È stato infatti il primo calciatore a affidarsi al super-agente portoghese, quando questi era ancora e soltanto un gestore di locali notturni nella zona di Viana do Castelo. Era il 1996, e in quei giorni Nuno era un giovane portiere di riserva del Vitória Guimarães che voleva cambiare squadra. Fu proprio per curare questo caso che Jorge Mendes fondò Gestufute. A vent’anni di distanza Nuno Espírito Santo si trova a aver fatto una carriera “molto generosa” sia come calciatore che come allenatore. Il suo arrivo sulla panchina del Porto è stato un segno inequivocabile di riassoggettamento del club Dragão all’orbita mendesiana.

    L’altra grande stranezza di questo momento portista viene dal fatto che, per la prima volta da anni, la campagna trasferimenti si sia chiusa senza grandi colpi in uscita. L’incasso più elevato è venuto dalla cessione di Maicon al San Paolo, e si tratta di 6 milioni. Il saldo di cassa fra acquisti e cessioni estive segna un -18,09 milioni. Questo mancato attivismo sul mercato in uscita è stato presentato da Fernando Gomes, componente del consiglio d’amministrazione della SAD, come una delle principali ragioni del deficit. Ma contro questa lettura delle cose si schierano due post di Reflexão portista, blog che assieme all’omologo Tribunal do Dragão rappresenta l’anima “portista critica” della tifoseria. Il post più recente sostiene che le mancate cessioni dell’estate 2016 non c’entrino nulla col profondo rosso realizzato nei conti chiusi il 30 giugno. E che anzi, in quel periodo contabile, il Porto ha realizzato trasferimenti in uscita per circa 75 milioni (LEGGI QUI).

    Ancora più graffiante il post precedente, che riprende un’altra dichiarazione di Fernando Gomes. Questi ha rivelato che il Porto, la scorsa estate, ha rinunciato a cedere tre calciatori perché non voleva compromettere i risultati sportivi di questa stagione, e che se invece avesse voluto fare cassa avrebbe ricavato 95 milioni da quelle alienazioni. I tre calciatori in questione sono i centrocampisti Danilo Pereira e Héctor Herrera, e il giovane attaccante André Silva. Appresa la notizia, il post ha ironizzato sulla cifra cui secondo Fernando Gomes il Porto avrebbe rinunciato. Perché ci vuole una bella fantasia per immaginare che si potesse incassare 95 milioni (!) dalla cessione di quei tre (LEGGI QUI). La cifra sarebbe esagerata anche adesso, dopo il lancio di André Silva in prima squadra e in nazionale, con immediato scatenamento della propaganda filo-mendesiana come già avvenuto (e con ottimi risultati) nella scorsa stagione con Renato Sanches (LEGGI QUI).

    I conti insistono a tornare soltanto nelle fantasie. Così come una grande fantasia era quella che narrava il Porto come un club diventato ricchissimo grazie alle cessioni di calciatori.

    @pippoevai
     

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