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    Il virus fomenta le dittature: dopo il golpe di Orban, amico di Salvini, avanti il prossimo? Mentre la Nuova Zelanda..

    Il virus fomenta le dittature: dopo il golpe di Orban, amico di Salvini, avanti il prossimo? Mentre la Nuova Zelanda..

    • Carlo Pallavicino
    Democrazia o dittatura? Il mondo ai tempi del Covid-19 s’interroga su un tema apparentemente morto e sepolto almeno fin dalla fine della seconda guerra mondiale. Eppure la suggestione è fortissima guardando il modello cinese, una tirannia imbellettata da Repubblica popolare, che pare in grado di debellare il virus senza andare troppo per il sottile. La salute del popolo val bene una democrazia e gli inutili orpelli a salvaguardia dei diritti del cittadino, dunque. Sì grande è la tentazione di “semplificare”, più grande che mai in un momento di emergenza come questo e con una lunghissima lista di “uomini forti” saldamente al potere: da Trump, a Bolsonaro, da Erdogan a Putin, che ha appena violato la carta costituzionale russa assicurandosi la reggenza fino al 2032 quando avrà 80 anni, questa pandemia sembra proprio cadere a fagiolo.

    E l’Europa? Il vecchio continente, la culla della democrazia? Ebbene nel cuore dell’Europa centrale da ieri si è insediata una dittatura a tutti gli effetti. Vicktor Orban si è preso definitivamente l’Ungheria con un autogolpe che riporta indietro il paese ai terribili anni del dominio sovietico.
    Il presidente ungherese ha usato il pretesto della pandemia per assicurarsi poteri eccezionali: ha chiuso le camere, ha bloccato le elezioni a tempo indeterminato. Potrà governare a botta di decreti, sospendere o cambiare leggi in vigore: in pratica, pieni poteri senza limiti di tempo. Sarà lui a decidere quando tornare alla democrazia. Se mai lo deciderà. 

    Persino il conservatore Jobbik, presidente del partito nazionalista, ammette: “Siamo di fronte a un colpo di Stato”.

    Reazioni? Bruxelles “valuta” prendendo tempo. In Italia Salvini, che sotto sotto rosica (quanto avrebbe voluto essere al potere con pieni poteri proprio adesso), twitta garrulo: “Saluto con rispetto la libera scelta del parlamento ungherese, eletto democraticamente dai cittadini. Buon lavoro all’amico Victor Orban e buona fortuna a tutto il popolo di Ungheria in questi momenti difficili per tutti”.

    La storia insegna che le dittature nascono spesso dalle democrazie, soprattutto da quelle instabili, prostrate da profonde crisi economiche e da uno stato sociale esplosivo.

    Nel 1922 Mussolini andò al governo democraticamente. Poi si divorò la fragile democrazia liberale e instaurò la dittatura che ben ricordiamo. Hitler, fu eletto cancelliere democraticamente, e sappiamo com’è andata.  Altre epoche? No, lo stesso discorso vale per Erdogan e Putin, eletti democraticamente. 

    La crisi economica mondiale che si profila è il brodo di coltura perfetto per colpi di mano autoritari. Non c’è bisogno di ricorrere ai putsch: avvengono con il consenso di masse disperate, affamate, confuse e facilmente manipolabili, credule verso gli “uomini forti” che promettono ordine, lavoro e disciplina?
    Promesse e demagogia utili a rafforzare quindi il potere di chi governa. Promesse poi parzialmente mantenute,  spesso in modo tardivo e comunque a salvaguardia di ristretti interessi economici e finanziari.

    Uno scenario medievale e globale al quale parrebbe non esserci alternativa a meno di non dover fare il giro del mondo per scovare una.

    In Nuova Zelanda, stato insulare lontano da tutto e tutti con meno di cinque milioni di abitanti, i contagiati di Covid-19 sono meno di trecento e nessun morto.

    Eppure il primo ministro Jacinda Ardern non ha invocato poteri speciali,
    non ha fatto finta di niente, non ha minimizzato, non ha garantito i suoi connazionali di essere al sicuro, non ha accusato virus e agenti stranieri, non ha detto scemenze sull’immunità di gregge. Jacinta Ardern ha semplicemente deciso di fare il suo mestiere: governare anche a costo di perdere potere e consenso. Ha democraticamente convocato il Parlamento e da mercoledì notte ha messo tutto il paese in quarantena, lockdown totale, per quattro settimane, lasciando in piedi soltanto i servizi essenziali, la cui lista è più ristretta di quella in vigore da noi, tanto che, per esempio, è vietata la consegna a domicilio del cibo. Scelta civile, “normale”, sicuramente non opportunistica tantomeno populista.

    «Ogni ora che aspettiamo è una persona che si ammala in più, altre due, altre tre. Non possiamo aspettare – ha detto il primo ministro neozelandese – Staremo a casa, ma questo non significa che non abbiamo un lavoro da fare: il lavoro è quello di salvare vite, e lo si può fare stando a casa rompendo la catena dei contagi».

    L’uovo di Colombo, apparentemente. Dall’altra parte del mondo, al momento.

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