Il coraggio di fare 'coming out' contro il calcio degli ipocriti
Rammento Marcello Lippi. Che pure è uomo sgamato, quando affermò che l’omosessualità nell’ambiente del pallone non esiste. E’ come voler sostenere che nell’Universo infinito non esistono altre forme di vita se non quella umana. Ricordo anche molto bene che l’unico calciatore professionista il quale ebbe il coraggio civile di dichiararsi gay fu l’inglese Fashanu. Per questa sua ammissione fu emarginato dal calcio, venne costretto a ritirarsi dalla sua attività professionale e successivamente, dopo un'accusa di stupro, si suicidò. Infine mi torna alla mente la figura di un allenatore della Juventus il quale aveva perso la testa per il suo terzino bello e biondo. Venne rimosso dall’incarico. Per concludere cito lo striscione esposto, una domenica di tanti anni fa, dagli ultras del Bologna: “Meglio Eneas bidone che Falcao busone”. Una clamorosa “gaffe”, tra l’altro, visto che il brasiliano della Roma era semmai uno sciupafemmine. Ma tant’è, era quella la tendenza di una morale codina.
Oggi i tempi sono cambiati, ma non per il mondo del calcio dove il concetto di machismo e di maschilismo preclude ogni possibile forma di “coming out” da parte di chi avrebbe il sacrosanto diritto di essere apprezzato per le sue doti professionali anziché giudicato e bandito per le proprie e legittime preferenze sessuali. Si arriva al paradosso che i fans, per esempio, di Tiziano Ferro i quali applaudono il loro idolo negli stadi siano gli stessi che non esiterebbero a dileggiare un giocatore ufficialmente omosessuale perché soltanto un “vero uomo” ha diritto di cittadinanza nel pianeta pallone. Una buffonata oltreché un atteggiamento di ignoranza totale.
Tornando alla battutaccia di Sepe sarebbe augurabile che i calciatori i quali in quanto a sesso hanno inclinazioni differenti da quelle canoniche trovassero finalmente il coraggio sacrosanto di fare “coming out” pubblicamente per urlare tutta la loro dignità e per rivendicare il sacro diritto alla diversità sessuale. In questo modo avrebbero ìa grande opportunità di abbattere il muro dell’ipocrisia che ancora disgraziatamente separa il mondo del calcio da quello reale.