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    Il cinema, la Samp e i guai giudiziari: Ferrero dalla gloria all'abisso, tutti gli eccessi di una vita da film

    Il cinema, la Samp e i guai giudiziari: Ferrero dalla gloria all'abisso, tutti gli eccessi di una vita da film

    • Furio Zara
      Furio Zara
    Una vita come un film, perché è nel cinema che Massimo Ferrero comincia a muovere i primi passi. 70 anni, romano di Testaccio, «io so’ testaccino» va ripetendo da anni, origini umili, padre controllore d’autobus, madre con un banco a Piazza Vittorio, cinque figli, un matrimonio con l’ereditiera Laura Sini (siamo nel settore caseario nel viterbese) poi finito con gli stracci che volano (lei ho ha denunciato per truffa e minacce), una nuova compagna, Manuela Ramunni, una carriera che da autista l’ha portato a diventare produttore cinematografico (dal capolavoro di Tinto Brass, «Miranda», al «Mery per sempre» di Marco Risi), tra erotismo patinato e produzioni autoriali, non senza qualche inciampo. Voglia di studiare zero, maestro nell’arte di arrangiarsi. Il curriculum racconta anche di un passaggio nel carcere minorile. C’è stato un momento in cui è stato proprietario di 60 sale, fiore all’occhiello l’Adriano di Roma (comprato con altre 15 sale dopo il fallimento di Vittorio Cecchi Gori). Slogan della sua vita: «Non ho paura di nessuno e mando a fanciullo tutti!». Alè, avanti il prossimo. E’ il classico esempio del self made man all’italiana - sarebbe stato perfetto in un film di Alberto Sordi - che si fa da solo, parte dalla miseria e arriva alla ricchezza. Accarezza la gloria e poi precipita nell’abisso: arrestato, abbiamo visto. Folcloristico, pittoresco. A dargli il soprannome «Er Viperetta» secondo la leggenda è stata la grande Monica Vitti, che il giovane Ferrero - allora autista di produzione - scarrozzava da casa al set. Lui una volta conferma, l’altra smentisce. In realtà nella sua autobiografia racconta che «Viperetta» è il nome che gli dà un costumista gay quando - reagendo alle avances di questo - Ferrero gli ammolla un paio di ceffoni.

    Piacione, arruffone nelle dichiarazioni, simpatico quando vuole esserlo, talvolta arrogante. Sempre e comunque uno capace di prendersi la scena. Ferrero che arringa le folle avvolto da un bandierine blucerchiato, Ferrero che si inchina davanti ai suoi tifosi, Ferrero che fa il pagliaccio in tribuna, a uso e consumo delle telecamere. Ferrero inquadrato tutto incappucciato, mentre soffre come un cane o esulta come un matto. Scansa la banalità, sempre sopra le righe. Quando prese la Samp, a Valerio Staffelli di «Striscia» che lo intervistava, disse: «Ho il cuore blucerchiato e la testa giallorossa». Prelevò il club gratis da Garrone, disse di aver versato 14 milioni per l’aumento di capitale, giurò di accollarsene altri 30 di debiti. Appena nominato presidente ha saputo subito diventare anche un personaggio. «Alla D’Amico volevo dire che c’ho l’anello al dito, c’ho il mosquito e la vorrei portare ad Ostia Lido», così a Ilaria D’Amico durante uno dei tanti collegamenti post-partita. In tribuna a Palermo, la sera del debutto, rispondeva in siciliano alle domande dei cronisti, che sembrava di stare dentro un film di Ciccio e Franco. Automatico che uno così diventi subito il bersaglio di Maurizio Crozza, che ne ha fatto un’imitazione esilarante.

    Non si è fatto mancare niente. Guai con la giustizia, certo. Evasione fiscale, abusi edilizi: condannato in passato, si è fatto scivolare tutto addosso. Anche quando nel 2010 è stato condannato (ha patteggiato) per bancarotta fraudolenta della compagnia aerea «Livingston». Un anno e dieci mesi, con la notizia che gli arrivò proprio quando stava per firmare l’acquisizione della Sampdoria. La compagnia «Livingston» forniva servizi aerei verso le principali mete turistiche nei Caraibi, in America centrale, nell’Oceano Indiano e in Africa. Parliamo di un crollo finanziario che avrebbe steso chiunque, non lui, figuratevi. Ferrero dopo la condanna commentò con il consueto disincanto: «M’avevano venduto na sòla…». Un uomo che gioca molto sul personaggio che si è costruito, a partire dalla parlata volutamente romanesca e dalle scarpe bicolori, come un jazzista Anni '20. Due mesi fa perse le staffe con Adriano Panatta, lo insultò senza motivo in diretta televisiva: era evidentemente alterato, nessuno capì il motivo di quello sfogo. Ferrero è presidente della Sampdoria dal 2014. Quando assunse la carica disse di volersi ispirare a due presidenti storici, come Paolo Mantovani e Riccardo Garrone. Chissà se è convinto di averci provato davvero. Quel che è certo è che ha cercato di riassumere la sua idea di calcio e spettacolo proponendosi con modalità da commedia all’italiana, inventando le modelle-raccattapalle a Marassi. Anche no, grazie.

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