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    Il cattivo esempio di Ibra e Ronaldo, i leader egoisti che si allenano in patria e posticipano il rientro

    Il cattivo esempio di Ibra e Ronaldo, i leader egoisti che si allenano in patria e posticipano il rientro

    • Alberto Cerruti
      Alberto Cerruti
    Il primo a lasciare l’Italia è stato Gonzalo Higuain, volato in Argentina per stare vicino alla mamma ammalata e siccome la mamma è una sola e beato chi ce l’ha, non è il caso di criticarlo, o peggio avanzare sospetti. Anche il suo compagno Cristino Ronaldo è volato nella sua isola di Madeira per stare vicino alla mamma, operata d’urgenza e quindi lo stesso discorso vale per lui. Zlatan Ibrahimovic, invece, è volato in Svezia per stare con sua moglie e i suoi figli, che per fortuna stavano benissimo, tra l’altro in un Paese con minori restrizioni dell’Italia. Liberi tutti di andarsene a casa propria per trascorrere questo lungo periodo senza calcio, con la fortuna dei privilegiati che si possono imbarcare su un volo privato, senza nemmeno il rischio di trovarsi a contatto con altri passeggeri. Quasi tutti gli stranieri del nostro campionato sono partiti per raggiungere i rispettivi Paesi, con il permesso delle società e con l’impegno di rientrare il giorno stabilito dai propri club. 

    E così, poco alla volta, sono incominciati i viaggi di ritorno in Italia. Guarda caso, però, soltanto i più grandi, leader nelle rispettive squadre, non sono ancora rientrati. Sorvolando su Higuain, un po’ perché la mamma è ancora ammalata e molto perché - con tutto il rispetto - non è lui il leader della Juventus, bisogna constatare che Ronaldo, benché la mamma stia bene come ha prontamente documentato lui stesso, continui ad allenarsi a Funchal, anche se va precisato che la Juventus non ha ancora chiesto né a lui, né agli altri di tornare. Diverso è il caso di Ibrahimovic, che ha ottenuto uno strano permesso dal Milan per rientrare quando sarà stabilita la data della ripresa degli allenamenti, in ritardo però rispetto al giorno stabilito dal club per tutti gli stranieri. Peccato che prima di oggi, giovedì, data limite individuata dal club rossonero, siano puntualmente tornati a Milano ben dieci stranieri: Calhanoglu, Kjaer, Begovic, Bennacer, Castillejo, Krunic, Rebic, Saelemaekers, Leao e Paquetà. All’appello manca soltanto Kessie, che però ha oggettive difficoltà a rientrare dalla Costa d’Avorio. 

    Tutti pronti a riprendere, quindi, tranne l’uomo più importante del Milan, quello che secondo l’opinione generale ha salvato, almeno a livello di immagine, la stagione del Milan. Lui che sa di essere il leader e si considera il migliore di tutti ha così perso una grande occasione per dare l’esempio, confermando di pensare più a sé stesso che alla squadra, fedele al suo ego che gli ha garantito applausi in campo ma non la stima nello spogliatoio. E a questo punto, quindi, è lecito chiedersi se tornerà, se davvero la società gli ha dato il permesso e soprattutto, in questo caso, perché glielo avrebbe dato. Conoscendo il suo caratterino e i suoi rapporti tutt’altro che amichevoli con Gazidis, non è infatti da escludere che il permesso sia in realtà una autocertificazione, per usare un nuovo termine purtroppo di moda. E’ vero che Ibrahimovic si sta allenando con l’Hammarby ed è anche vero che i suoi compagni rientrati disciplinatamente in Italia non possono ancora allenarsi a Milanello, ma soprattutto è vero che al rientro dovrà osservare una quarantena di due settimane e quindi più tardi tornerà, più tardi potrà unirsi ai suoi compagni. Un discorso che in fondo vale anche per Cristiano Ronaldo, che come Ibrahimovic dovrebbe essere un esempio per i suoi compagni e indirettamente per i tifosi. Perché se tutti facessero come lui e Ibrahimovic, sarebbe il caos. Non bastano i gol, infatti, per essere grandi, specialmente in una situazione drammatica come questa in cui tutti parlano di solidarietà, invocando un gioco di squadra per tornare alla normalità. Campioni in campo, egoisti fuori, insomma. Con tanti applausi, invece, a chi ha osservato le indicazioni delle società, rispettando così anche i tifosi, che sicuramente hanno avuto più problemi dei giocatori. 

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