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  • Il caso Belotti-Pobega e le analogie con Giroud in Milan-Napoli: è la regola sul fuorigioco il vero problema

    Il caso Belotti-Pobega e le analogie con Giroud in Milan-Napoli: è la regola sul fuorigioco il vero problema

    • Andrea Distaso
    Questione di regole, questioni di protocolli. Non piacciono quasi a nessuno, ma esistono e - come tali - vanno tenuti in considerazione e rispettati, anche quando dietro certe decisioni si celano ragionamenti molto cervellotici. In gergo tecnico si parla di "fuorigioco geografico", tornato prepotentemente alla ribalta ieri sera con l'annullamento del possibile pareggio del Torino contro il Venezia, a causa della posizione di partenza di Pobega su un calcio di punizione che ha cancellato di fatto la giocata assolutamente regolare di Belotti. Una situazione che ha riportato alla memoria il gol tolto al milanista Kessie nella sfida contro il Napoli del 19 dicembre scorso, circostanza nella quale fu il movimento da terra di Giroud - a contatto con Juan Jesus - ad indurre il Var Di Paolo a spingere l'arbitro Massa ad operare la on field review e successivamente a non convalidare il gol. Un fatto ripetutosi all'Olimpico Grande Torino con protagonisti differenti: il direttore di gara Giua e Maresca davanti al monitor.

    LA RICOSTRUZIONE Ha protestato molto la società granata, con le dichiarazioni chiare ed inequivocabili del suo allenatore Ivan Juric, poco convinto dall'interpretazione che l'arbitro sardo ha dato del movimento di Pobega, che parte con un piede avanti rispetto all'ultimo difensore del Venezia e che si muove verso il pallone nel tentativo di colpirlo. La palla arriverà invece a Belotti che, partendo da dietro e dunque in posizione regolare, vince il confronto aereo con Caldara e compagni e supera Lezzerini. Tutto ruota intorno ad un principio ed uno soltanto, quello sancito dalla Regola 11 del fuorigioco: questo diventa attivo quando il giocatore che commette l'infrazione compie un'azione che "impatta sull'avversario", ossia sulla "capacità anche potenziale del difendente di giocare il pallone e si applica a quelle situazioni in cui il movimento del difensore per giocare il pallone viene ritardato, ostacolato o impedito dal calciatore in offside". Caldara prova ad impedire che Pobega raggiunga un pallone che non gli arriverà mai tirandogli la maglia, un gesto di per sè indotto dal movimento del centrocampista del Torino per andare in direzione della sfera. Tanto basta, secondo l'attuale regolamento, a rendere effettiva la sua partecipazione alla fase di gioco.

    IL PROBLEMA E' LA REGOLA - Una casistica davvero al limite ma sulla quale l'interpretazione di arbitro e Var sono perfettamente in linea col regolamento. Come l'AIA e soprattutto il designatore Rocchi evidenziarono anche nel caso dell'altro episodio oggetto di grandissimo dibattito, quello di Giroud in Milan-Napoli. Il movimento dell'attaccante francese, che da terra entrò in contatto con Juan Jesus mentre quest'ultimo provava a contrastare il tentativo di tiro di Saelemaekers - prima che la palla sfilasse verso Kessie - fu reputato sufficiente per parlare di partecipazione attiva all'azione del giocatore in fuorigioco. Comprensibile dunque il fastidio e il risentimento da parte di chi ha finito per risultare "danneggiato" dall'interpretazione ferrea e stringente delle norme, ma a finire sotto la lente d'ingrandimento dovrebbe essere ancora una volta la regola, concepita da chi evidentemente non ha a cuore i principi fondanti del gioco del calcio e ne comprende troppo poco le dinamiche. Lasciare spazio alle interpretazioni del singolo caso e non adottare delle chiavi univoche - per esempio è fuorigioco solo se l'uomo più avanti entra effettivamente in possesso del pallone - non farà altro che generare dubbi e polemiche pure per il futuro.

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