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    Germania, le fondamenta dell'impero: cinque nazionali e una gioventù d'oro

    Germania, le fondamenta dell'impero: cinque nazionali e una gioventù d'oro

    • Alessandro Di Gioia
    "Il calcio è un gioco semplice: 22 uomini rincorrono un pallone per 90 minuti, e alla fine la Germania vince": con questa famosa frase Gary Lineker, centravanti inglese degli anni '80-'90, identificò alla perfezione il calcio tedesco, per il suo passato e per i secoli a venire. In realtà al buon Gary, mentre analizzava da bravo commentatore tutte le manifestazioni internazionali a cui i tedeschi hanno preso parte, sfuggì un piccolo particolare: i tedeschi fino al 2010 potevano essere definiti come la squadra che più spesso arrivava a disputare le finali delle varie competizioni, Mondiali ed Europei, alle quali prendeva parte, ma rimanevano nell'immaginario collettivo come una perdente di successo, visto che in sette finali iridate avevano portato a casa il trofeo solo tre volte, così come erano tre le sconfitte su sei finali della massima competizione europea. Una Juve modello selezione nazionale, insomma. 

    Lineker però è stato gran premonitore: dal 2006, anno della cocente delusione causata dal Mondiale perso in casa nella semifinale contro l'Italia, qualcosa è scattato nella testa della Federcalcio tedesca e, dopo qualche anno di duro lavoro e di programmazione, la Manschaft è diventata una corazzata quasi indistruttibile. L'epica vittoria nel Mondiale del 2014 in Brasile, con il 7-1 storico rifilato ai padroni di casa e la vittoria in finale contro l'Argentina, la sconfitta in semifinale contro la Francia padrone di casa negli Europei del 2016 e lo splendido double di quest'anno, con l'Under 21 che conquista il titolo europeo battendo in finale la temibilissima Spagna, la rivale per quanto concerne il dominio nel calcio europeo, e la nazionale maggiore, che in realtà è un'Under 21 bis, considerata la giovane età dei protagonisti, che si aggiudica la decima e ultima Confederations Cup della storia, battendo in finale un coriaceo Cile.

    Il pregio di questa Germania, al contrario della Spagna che punta sulla qualità e sulla tecnica dei propri interpreti, è proprio l'abbondanza e lo spirito di gruppo: tanti giocatori, magari meno bravi tecnicamente dei colleghi spagnoli, ma dotati comunque di grandissima qualità e inseriti alla perfezione in un progetto che predilige il gruppo ai singoli e che proprio per questo è ed è destinato ad essere vincente. Se il calcio diventa un'industria o una questione di business, allora la Germania diventa imbattibile: sono queste le basi del quarto Reich, parola che significa "reame" ma è più usata con il significato di "impero", il primo calcistico. Low ha lasciato a Kuntz una parte dell'Under 21, perché ad alcuni giocatori occorreva saggiare l'aria della Russia e di quel Mondiale che proprio tra un anno prenderà luogo in territorio ex sovietico. Il selezionatore della squadra giovanile è riuscito comunque a vincere l'Europeo di categoria, magari non entusiasmando contro Repubblica Ceca, Italia e Inghilterra, ma tenendo a bada la pericolosissima Spagna, da tutti prematuramente ed erroneamente acclamata come guida da seguire per tornare grandi nel calcio mondiale. Lo stesso Low ha poi completato il capolavoro, riuscendo con una squadra ricca di giovani e di calciatori da testare a conquistare un trofeo di poco conto ma comunque importante per gli avversari superati, come Messico, Portogallo e Cile. 

    Il Mondiale incombe e la Germania si candida come favorita nella difesa del titolo di campione del Mondo: l'allenatore dovrà essere bravo a selezionare i giocatori migliori e a condurli alla vittoria, visto che l'abbondanza di scelte può rivelarsi un'arma a doppio taglio. L'organizzazione di cui però sono dotati i tedeschi è proverbiale, ed è riuscita in 20 anni a riformare un sistema malato come quello della Bundesliga, rilanciando i vivai e comprendendo che la giovinezza e la multiculturalità sono fattori fondamentali nella produzione di un ottimo calciatore.

    I risultati? Cinque nazionali, già pronte. Eccole, opportunamente schierate, da portiere a punta, con il 4-2-3-1: Neuer; Kimmich, Hummels, Boateng, Hector; Kroos, Khedira; Muller, Ozil, Reus; Gomez. Ter Stegen; Schmelzer, Mustafi, Rudiger, Henrichs; Weigl, Gundogan; Draxler, Gotze, Sanè; Werner; Trapp; Plattenhardt, Sule, Howedes, Toljan; Can, Dahoud; Gnabry, Goretzka, Brandt; Stindl. Leno; Halstenburg, Tah, Ginter, Weiser; Demme, Rudy; Volland, Meyer, Schurrle; Wagner. Pollersbeck; Gerhardt, Kempf, Stark, Passlack; Arnold, Demirbay; Amiri, Havertz, Philipp; Selke. Poco da dire: il calcio tedesco è sempre il migliore, quello più capace di abbinare tecnica, tattica e cinismo. La Spagna deve attendere. 

    @AleDigio89


     

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