Il calcio femminile contaminato dal tifo del maschile. Sputi e insulti hanno sostituito etica e rispetto
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Quanti erano? Tre, cinque, quindici, venti? In fondo non ha importanza. La reazione, sulla quale è stata aperta un’inchiesta federale, segnala un profondo cambio di stagione. La calciatrice Martina Rosucci, bianconera gravemente infortunata al ginocchio e, quindi, solo spettatrice dell’accaduto, ha scritto un tweet pieno di amarezza. “C’era una volta il calcio femminile… E i tifosi del calcio femminile… RIP”.
Ho fatto l’allenatore di due squadre femminili di serie A (il Monza e il Torino) agli inizi degli anni Duemila e posso rassicurare Martina e i nostri lettori che qualche insulto l’ho ricevuto anch’io. Tuttavia Rosucci ha ragione quando denuncia il clima incandescente che si è venuto a creare per l’infiltrarsi delle curve o, degli elementi più radicali del tifo maschile, sulle tribune del femminile. Prima, al di là di qualche sfottò, c’era un’etica. E, per esempio, chi simulava era beccata dal pubblico come negli stadi inglesi. Oggi, invece, anche sui campi del calcio femminile (lo dico perché li frequento), c’è un pubblico incanaglito e ostile. Non è solo il caso di Roma, naturalmente.
Forse è lo scotto da pagare al processo di crescita. Ma non c’è crescita, se si rinnega la coscienza.