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Il bilancio di Delneri: 'Forse fu un errore andare alla Juve, e alla Roma sbagliai a dimettermi'
IL MIRACOLO CHIEVO - "Il ds Sartori era stato mio compagno di squadra alla Sampdoria. A gennaio cominciò a mandarmi i video delle partite. Ricordo una vittoria a Terni per 3-0. Io gli dicevo: 'Giovanni, non avete bisogno dell'allenatore, giocate così bene'. Invece a fine stagione mi incontrai con lui e il presidente Campedelli. Costruimmo una squadra che puntasse a una salvezza tranquilla prendendo elementi che conoscevamo: Corradi, Barone, Luciano. Si creò una alchimia di gioco che ci portò alla promozione in A. Fu qualcosa di unico e irripetibile. Una vera e propria favola: stiamo parlando di un borgo di Verona che per tre mesi restò in testa alla serie A. Tre mesi, non una giornata".
IL PORTO - "Il grosso della squadra arrivò al termine del ritiro perché era reduce dagli Europei. In rosa avevo dei giovani come Pepe, Quaresma e Ricardo Costa. Per me era necessario un ricambio. Io non mi adattai in maniera veloce, ma in quella stagione poi il Porto arrivò sesto e cambiò parecchi allenatori".
LA ROMA - "Davanti schieravo Totti, Cassano, Montella e Mancini. Segnarono 60 gol e posso solo ringraziarli. I problemi erano in difesa. Con me esordirono De Martino, Scurto, Corvia. Mi dimisi a marzo quando ero sesto, mica ultimo, e commisi un errore che oggi non rifarei".
IL PALERMO - "Zamparini è così. Gli piace l'osservazione. Di calcio ne capisce, ma il pallone non è matematica, qualcosa si sbaglia sempre. È la prestazione che stabilisce se sei bravo o meno, non il risultato. Comunque con lui a cena andrei sempre".
DI NUOVO IL CHIEVO - "Lo rifarei, nonostante la retrocessione. Subentrai alla settima giornata e la squadra aveva un punto. Chiudemmo a quota 39. Sbagliammo solo la gara in casa con il Messina".
L'ATALANTA - "Il presidente Ruggeri cominciò ad avere problemi di salute e io non avevo un rapporto idilliaco con chi operava in società. Doni? Un cavallo di razza bello da allenare. Un capitano vero, di spessore. Feci esordire tanti giovani: Consigli, Bonaventura, Zaza. E Gabbiadini cominciò ad allenarsi in prima squadra".
LA SAMPDORIA - "Avremmo potuto lottare per il titolo quella stagione se non avessimo avuto un leggero calo a metà andata. Cassano? Non lo feci giocare per cinque partite, la prima qui a Udine. Le vincemmo tutte. Avessi perso al 'Friuli' sarei stato esonerato. La squadra guadagnò autostima e lui si mise a fare le cose giuste portandoci in Champions. Un allenatore deve comportarsi così: calcisticicamente deve 'morire' come vuole lui, non come dicono gli altri".
LA JUVENTUS - "A posteriori forse fu un errore andarci, visto che era un anno di transizione. Ma alla Juve non si può dire di no. A gennaio ero terzo, in linea con gli obiettivi. Poi si infortunò la coppia d'attacco Quagliarella-Iaquinta".
L'UDINESE - "Una lunga rincorsa, cominciata due anni fa. All'epoca non erano i tempi (arrivò Stramaccioni, ndr). Per incontrarsi bisogna essere in due e in quel momento io non avevo la giusta serenità. Stavolta innanzitutto c'era la mia voglia di ricominciare. E poi, vedendo l'Udinese in tv, avevo intuito che c'era una squadra di qualità e con un buon potenziale. L'altro giorno dopo 30 anni sono tornato in mezzo al campo per fare la foto con la squadra. Non accadeva da quando ero giocatore dell'Udinese. Mi ha fatto un bellissimo effetto. Si dice che nessuno è profeta in patria. Sarà, ma io cerco di trasmettere alla squadra i valori di questa terra: il sacrificio, il lavoro. Sono qualità che poi dobbiamo mettere in campo. Lo slogan 'andiamo a sgarfare'? E pensare che a casa mi dicono che non so essere mediatico. É stata una frase uscita spontaneamente, volevo far capire quello che serve. Era la verità e sono stato assolutamente me stesso. Questa è una società in netta crescita. Sono rimasto sbalordito per quello che ho trovato. Da avversario conoscevo solo la sala stampa e gli uffici della sede, ho trovato strutture per gli allenamenti, campi e palestre di prim'ordine. Qui siamo all’avanguardia e proiettati nel futuro. I giovani? Io vedo una qualità generale buona. Essendo stranieri i ragazzi devono capire in che tipo di calcio sono arrivati: serve attenzione, specificità del ruolo, sacrificio. Platini e Zidane, non due qualunque, ci misero un po' per capirlo. Diamo tempo ai nostri ragazzi. De Paul? Deve buttare via quelle paure calcistiche che non gli fanno decidere subito la giocata. Fisicamente può fare il tornante, in mezzo troverebbe troppo traffico. Peñaranda è arrivato con l'atteggiamento sbagliato? Glielo faremo cambiare. Ho parlato a lungo con lui. Kums il Delneri dell'Udinese di oggi? Lui ha anche altre qualità, può permettersi di portare palla e tentare il dribbling".