Calciomercato.com

  • Getty Images
    Ibrahimovic: 'Voglio giocare il più possibile, non mi sento vicino all'addio. Quando torno, faccio paura e faccio saltare gli 80.000 di San Siro'

    Ibrahimovic: 'Voglio giocare il più possibile, non mi sento vicino all'addio. Quando torno, faccio paura e faccio saltare gli 80.000 di San Siro'

    L'attaccante del Milan Zlatan Ibrahimovic ha concesso un'intervista a Milan TV in occasione del suo 40esimo compleanno: "Mi sembra che tanti campioni siano nati nel mese di ottobre e io credo di essere uno di loro. Quello di oggi è un Ibrahimovic più completo, più calmo. Ho un approccio diverso, un comportamento differente perché ho un altro ruolo dentro e fuori dal campo e mi godo di più quello che succede, perchè non devo fare tutto a 2000 all'ora".

    Da bambino, appese alla porta della casa del quartiere di Rosengard - a Malmoe - una foto dei suoi piedi, perché da loro tutto partiva. Oggi che foto sceglierebbe? "Credo sempre quella, perché penso che in famiglia debbano ringraziare che ci siano questi piedi. Senza di loro, non avremmo probabilmente un tetto sopra la nostra testa e tutto quello che abbiamo. Anche sul telefono della mia compagna c'è questa immagine, evidentemente ha capito (ride, ndr)". Sul suo passato: "Non cambierei nulla di quello che è stato, di quello che ho fatto e delle scelte che ho preso: tutto ciò che è accaduto e che sta accadendo doveva e deve succedere e io mi sento perfetto".

    Sull'età (dopo aver guardato un video di auguri di Pato, ndr): "Non mi sento provocato quando si parla della mia età. E' uno stimolo a fare meglio e far sì che non si dica che sono vecchio, che ho 40 anni... Ho avuto la fortuna di giocarte coi migliori del mondo, ma quello che mi ha fatto migliorare di più è stato Patrick Vieira. Quando è arrivato alla Juve, mi metteva sempre sotto pressione, non mi faceva mai sentire pienamente soddisfatto di quello che facevo. Ho preso quei consigli per migliorare, per allenarmi al massimo come faceva lui e ne ho fatto tesoro".

    Sul grave infortunio di Manchester: "Mi ha lasciato qualcosa a livello mentale, sono cresciuto dopo quell'incidente. Mi ha insegnato ad avere la pazienza, a controllare i nervi e le emozioni per non poter essere in campo, ne sono uscito più forte di testa. Come sono cambiato nel gioco? E' un fatto legato all'età e al tuo fisico, non posso pensare di giocare come facevo 5, 10 0 15 anni fa. Io riesco a giocare ancora oggi, perché mi adatto alle idee e al modo di giocare della mia squadra e cerco di aiutarla nella maniera migliore. Mi piace molto allenarmi, ho bisogno di trovare un equilibrio tra il non fare troppo e il non fare troppo poco, ma qualche volta mi si ritorce contro. Essendo un esempio, non voglio avere un trattamento diverso e cerco di fare le stesse cose che fanno i miei compagni, perché, se faccio meno io, magari poi lavorano meno anche loro".

    Su Fabio Capello: "E' l'allenatore che mi ha massacrato più di tutti, che mi ha cambiato totalmente nel modo di giocare, nella mia mentalità. Mi alzava e mi massacrava, mi alzava e mi massacrava: all'inizio non capivo cosa volesse da me, ma era un modo di manipolarmi per tirare fuori il meglio e per me era benzina per dimostrare che ero il migliore di tutti. Mi ha insegnato che il rispetto non si ottiene, lo si conquista".

    Sul legame col Milan: "Quando sono arrivato per la prima volta, non credevo che le cose sarebbero andate così, che si sarebbe instaurato un rapporto così forte. Si era creato qualcosa di diverso, per le persone che lavoravano in quella società, per come ti facevano sentire. Era un altro modo di lavorare, di fare le cose e questo ha fatto crescere in me la sensazione di essere a casa. Sono contento di come stanno crescendo tutti i miei "figli" (i compagni di squadra): sono disponibili, hanno fame di fare sempre di più e si vede che stanno in campo in una maniera migliore, con più equilibrio e fiducia. Mi dispiace di non essere riuscito a giocare, ma quando arrivo in campo io faccio paura e faccio saltare gli 80.000 di San Siro".

    Sul legame con la dirigenza: "Ho un bel rapporto con tutti, sono venuto qui per aiutare e restituire il più possibile. Con Maldini ho un grande feeling, sta crescendo tanto anche in questo mondo e ha fatto un grande lavoro. Non è una persona che si nasconde, ha una relazione con tutti i giocatori che ti fa sentire importante e comodo e, soprattutto, quando sei giovane questo è molto importante. Mi dispiace che ci sia Ivan (Gazidis, ndr) in questo momento, so che non è al 100% ma tornerà e farà tutto quello che ha fatto prima. E' uno del gruppo, è uno di noi, quando si vince e si perde siamo tutti assieme".

    Sul suo futuro: "Primo devo giocare, poi penseremo allo step due (la carriera dirigenziale, ndr). Voglio giocare il più possibile, non voglio avere rimpianti e voglio restare in campo fino all'ultima goccia di energia. Ma oggi non mi sento vicino a questo passo, credo di essere ancora il più forte di tutti e di potere aiutare la mia squadra e i miei compagni ad ottenere risultati. Se c'è spazio per un altro anno? Dico sempre ai miei figli di non accontentarsi mai, di porre sempre nuovi traguardi, nuovi limiti da superare. Quindi another one, another one... Poi, quando finirò sul campo, vedremo di trovare una soluzione con la società: non sono uno che vuole entrare e dire "voglio fare questo", ma ovviamente a chi non piacerebbe lavorare nel Milan... E' un progetto differente rispetto a quello di dieci anni fa, ma è una bella sfida: in un anno e mezzo abbiamo creato qualcosa di interessante e c'è un grande entusiasmo, anche nei tifosi. Mi dispiace che non abbiano potuto essere con noi per tanto tempo, ora che c'è il 50% della capienza sembra che lo stadio sia pieno e attendiamo presto l'altra metà per farli saltare ancora di più".

    Altre Notizie