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Ibra: 'Risposto a chi dubitava di me e ci giudicava. Milan, vedo grandi cose in futuro. Restare qui dopo la carriera...'
SULLA REAZIONE DEI TIFOSI - "Penso sia positiva, saranno contenti. Qualcuno aveva dubbi sulla mia età, ma ho dimostrato in quest'anno che l'età non importa. E' una questione mentale, di mentalità: se ti metti a disposizione, ce la fai. La mia mentalità mi porta a migliorare e a fare sempre il massimo possibile. In campo devi stare bene fisicamente: per il resto, o ce l'hai o non ce l'hai. Io poi adatto il mio gioco alla squadra per aiutarla il più possibile. Dal primo giorno ho avuto un feeling top con i tifosi, senza di loro non è facile giocare. Avere 80.000 persone allo stadio non è la stessa cosa: i tifosi non mi hanno mai dimenticato, provo a restituire il più possibile".
SU MILANELLO - "Quando arrivo cerco di aiutare il più possibile, ho motivazione e adrenalina nel vedere i giovani e la loro crescita. Dal primo giorno a oggi ho visto il progresso di ognuno, sono tutti disponibili a fare il massimo: hanno capito il sacrificio che occorre fare per essere dove siamo oggi".
SUL PROGETTO MILAN - "Mi piace così mi sento giovane, quando vedo i miei compagni mi sento giovane. Faccio una sfida con loro, c'è concorrenza: quando corriamo, devo correre come loro. Poi ogni tanto forse esagero e devo essere più tranquillo, ma questa è mentalità. Il nuovo progetto mi piace, è una sfida differente. Ero abituato a giocare con grandi campioni, con altre responsabilità. Qui invece devo mostrare la strada per il successo, ho esperienza e voglio passarla a tutti. E' una grande sfida: se la affronti bene, ti dà più che giocare con grandi campioni".
SUL GOL A LECCE NEL 2011 - "Ho visto che il portiere era fuori e ho detto: proviamo. Quando fai gol così, che non succedono tutti i giorni, ti danno la sensazione di essere riuscito a fare qualcosa. Se non entra, la gente pensa che non c'entri niente col calcio. Se entra, sei un genio. In quel momento ero un genio".
SULLA CRIOTERAPIA - "Ora la fanno anche i miei compagni? Non posso giudicare ciò che succedeva prima che arrivassi io, ma solo dal primo giorno in cui sono arrivato. Quando sei un leader, un esempio, ti seguono. Ma senza parlare tanto: hanno rispetto, nella loro testa pensano che è la strada giusta. Quando ero giovane sono stato fortunato a giocare con grandi campioni, ora provo a fare il contrario".
SUL FUTURO - "Dove arriveremo insieme? Vedo grandi cose. Io l'anno scorso sono arrivato a metà campionato: se guardi, da quel momento siamo primi. Se fosse partito all'inizio del campionato, oggi c'era un trofeo nell'armadio o in casa...dove vuoi, c'è sempre spazio per i trofei. Ma bisogna continuare: per un anno abbiamo fatto bene, manca poco, bisogna continuare così e crederci. Niente è impossibile, in quest'anno in tanti hanno giudicato...bla bla bla, noi in campo abbiamo dato risposte. Quando vinci qualcosa, hai fame di vincere ancora di più. Ma prima devi vincere".
SULLA CHAMPIONS - "Bisogna credere in quello che facciamo: se ci crediamo, lo facciamo. Il mio obiettivo è vincere, se non vinco è una delusione".
SUL PRIMO GIORNO AL MILAN NEL 2010 - "Una bella giornata, ero molto carico, avrei voluto giocare ma non c'erano i documenti pronti. Al Barcellona non era un momento positivo, poi mi è tornata la felicità. In quel momento, con San Siro pieno, ho capito cosa vuol dire giocare a calcio. Ho fatto più di un anno senza tifosi, non era facile. Se quest'anno ci fossero stati i tifosi, avremmo avuto qualche punto in più".
SUI COMPAGNI - "In campo ognuno è uguale, siamo tutti uguali. Poi li tratto diversamente, il mio lavoro è stimolare ognuno. Quando sono fuori dall'Italia, mi mancano molto, un po' come mi mancano i figli che sono in Svezia".
SUL FUTURO AL MILAN ANCHE POST-CARRIERA - "Adesso sono concentrato nell'aiutare la squadra, sono ancora attivo. Una cosa alla volta, non so cosa succederà dopo. Quest'avventura doveva essere di sei mesi, adesso siamo a un anno e ce ne sarà ancora uno".
SUL DIVENTARE ALLENATORE - "Non posso dire sì o no. Se dico sì, lo faccio perché per me basta la parola. Ma per me non è facile fare l'allenatore, è più stressante. Ma non si sa mai...".
SU PIOLI - "Quel che abbiamo passato l'anno scorso non era facile. Ogni partita mi diceva di fare il cattivo e che lui faceva il bravo, poi la partita dopo lui faceva il bravo e io il cattivo. Facevamo questi giochi, ma comandava lui (ride, ndr). Sin dal primo giorno lavorare con lui è stato molto facile, ha la mentalità giusta e trasforma la squadra con la sua energia. Ogni tanto mi chiama la mattina e mi dice dove sono. Se gli dico che sto arrivando mi sfida dicendomi che sono in ritardo".
SUL RUOLO DA BOMBER - "Sì, sto adattando il mio gioco per far sì che possa aiutarla nel modo migliore. Oggi non posso giocare come 5 o 10 anni fa, il fisico cambia, così come lo stile di gioco".
SUL MILAN VISTO A OLD TRAFFORD - "Abbiamo dimostrato che possiamo giocare e lottare contro questi grandi club. In due partite abbiamo dimostrato che in quel momento eravamo più forti di loro e meritavamo molto di più di ciò che è successo. Queste partite servono, danno valore a ciò che fai. Ma quest'Europa League ci è servita per capire a cosa giochiamo. E la Champions League è ancora più bella, è ciò per cui lavoriamo ogni giorno...".
SULLA SOSTITUZIONE IN MILAN-BOLOGNA - "Quando stai bene vuoi stare in campo il più possibile, invece Pioli mi vuole proteggere e salvare per la partita successiva. Ma la mia mentalità vuole che io stia in campo fino alla fine e dare il massimo. Con l'adrenalina e le emozioni non sei soddisfatto fino in fondo".
SULLA NOSTALGIA DI MILANELLO - "Dopo cinque anni senza nazionale, ero abituato a restare nel club durante la sosta. Milanello? Mi mancava: l'atmosfera in squadra è il top, si parla tanto in campo e fuori. Il segreto è l'atmosfera".
SULLO CHEF MICHELE PERSECHINI - "E' un grande, sono l'unico che lo attacca. Se la pasta non è buona, lo attacco. Mi ricordo che un giorno, forse prima del derby, mi hanno detto che non sarebbe stato presente. Ho parlato con tutti, con Paolo (Maldini, ndr), mi hanno detto che Berlusconi aveva detto che non sarebbe potuto venire. Allora ho chiamato Galliani e gli ho detto: 'Per favore capo, senza Michi non vinciamo'. Mi ha detto: 'Aspetta cinque minuti'. Mi ha richiamato, è arrivato e abbiamo vinto il derby. Michi è molto importante (ride, ndr), è una grande persona, conosce tutti, è la storia del Milan".
SULLA FIRMA - "Sento che ho tanta responsabilità. A fine partita c'è tanta emozione e adrenalina: se posso fare cose che normalmente non faccio, le faranno anche i miei compagni. Servono più loro a me che io a loro, senza di loro non riesco a fare ciò che faccio. E poi mi piace vincere, mi sento bene".