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    Ibra, i giocatori e la stessa voglia di tornare al top: perché il Milan pensa a Conte

    Ibra, i giocatori e la stessa voglia di tornare al top: perché il Milan pensa a Conte

    • Andrea Distaso
    Quello di Antonio Conte è un nome che affascina e che alimenta inevitabili suggestioni, che si parli di Napoli, di Juve (oggi più lontana visti gli ottimi risultati di Allegri) o di Milan. L’ultima complicata esperienza alla guida del Tottenham - positiva nel primo anno quando da subentrante acciuffò un’insperata qualificazione alla Champions League ai danni dei rivali di sempre, ben al di sotto delle aspettative e chiuso con una separazione anticipata nel secondo, nonostante un mercato importante ma caratterizzata da una frattura evidente con lo spogliatoio ed un ambiente poco vincente per le sue abitudini - non ha intaccato affatto l’allure di cui l’ex ct della Nazionale continua a godere nei nostri confini. Aurelio De Laurentiis ci ha provato e ci riproverà ancora per provare ad affidare il nuovo ciclo azzurro ad un condottiero “alla Spalletti”, mentre in casa Milan, in attesa che sulla posizione di Stefano Pioli si arrivi ad un pronunciamento ufficiale - anche se i pessimi risultati della prima metà stagione valgono come una condanna sulla possibilità di una conferma - si inizia a ragionare seriamente sull’ipotesi di ripartire da un allenatore che romperebbe certamente quegli schemi che Elliott prima e Redbird poi hanno costruito ed imposto in questi ultimi anni.

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    LA VICINANZA AD IBRA - La politica della programmazione a medio-lungo termine e gli investimenti prevalentemente per i giovani talenti da valorizzare ed eventuale rivendere sul mercato mal si sposa con l’ossessione per la vittoria che è da sempre un mantra per Antonio Conte. Il fatto che nella sua testa ci sia il forte desiderio di tornare protagonista nel suo Paese ed in Serie A, rinunciando alla ribalta della Premier o ad altre redditizie esperienze all’estero, non significa affatto che la sua fame di successi si sia affievolita. Anzi. La prospettiva di conquistare uno scudetto con la terza formazione diversa dopo Juventus ed Inter e provare ad andare oltre i suoi limiti in Europa è uno stimolo sufficientemente grande per chi delle motivazioni e della voglia di vincere ogni tipo di sfida ha fatto sempre il suo punto di forza. Elementi che lo accomunano ad una leggenda del club rossonero, che da qualche settimana ha intrapreso un’esperienza nuova, a stretto contatto con la dirigenza, dopo un percorso indelebile da calciatore. Quello Zlatan Ibrahimovic che, pur non avendo mai avuto la fortuna di condividere il suo percorso calcistico col tecnico salentino, ne ha sempre apprezzato carattere e mentalità. Tanto che, se dipendesse esclusivamente da lui, per la sempre più probabile successione di Pioli alla guida del Milan, il primo nome della lista sarebbe quello di Antonio Conte. Più ancora di quel Thiago Motta che rappresenta oggi l’alternativa più credibile e spendibile per il futuro.

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    OLTRE I PRECONCETTI - Scarsa propensione ai progetti a media scadenza e imperniati su un modo di costruire le squadre attraverso lo scouting più che l’usato sicuro. Sono questi probabilmente i due punti critici che la dirigenza del Milan si troverebbe a dirimere qualora la scelta cadesse su Conte e non su altri allenatori. Perché sul fatto che l’attuale rosa rossonera sia così distante dal suo modo di vedere calcio e che le sue pretese di ingaggio e di mercato poco si concilierebbero con le nuove linee guida di via Aldo Rossi sono ragionamenti - o per meglio dire preconcetti - che sembrano appartenere al passato. Quando Conte era un tecnico molto più sulla cresta dell’onda e che si riteneva disposto ad accettare solamente progetti altamente ambiziosi e con possibilità di spese pressoché illimitati. La Serie A di oggi non offre nulla di tutto e l’allenatore leccese lo sa perfettamente. E poi ripartire da una base con giocatori del calibro di Maignan, Tomori, Theo Hernandez, Bennacer, Reijnders, Pulisic e Leao sarebbe tutto meno che una diminutio per un professionista che, ovunque abbia lavorato, al netto delle “stelle” che ha avuto a disposizione si è principalmente distinto per la capacità di valorizzare oltre le proprie qualità molti dei suoi giocatori.

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    UNA SFIDA ALLA CONTE - Barzagli, Bonucci, Lichtsteiner, Vidal, Giaccherini e Vucinic alla Juve, Hakimi, Bastoni, Barella, Lautaro e Lukaku all’Inter, giusto per citarne alcuni. Calciatori promettenti da far definitivamente esplodere in un determinato contesto tattico o giocatori alla ricerca della scintilla per lanciarsi o rilanciarsi attraverso una cultura del lavoro e l’acquisizione di una mentalità vincente mai sperimentata prima nelle rispettive carriere. Il Milan di oggi sembra rappresentare proprio la classica sfida adatta a Conte: una rosa incapace di esprimere appieno il proprio potenziale o, in alcuni casi, di riconfermarsi ad alti livelli dopo un successo inaspettato come lo scudetto del 2022. Una rosa che, riprendendo anche i contenuti di una recente intervista del capo dell’area scouting Geoffrey Moncada, necessiterebbe nella prossima finestra di mercato estivo di quei 3-4 colpi importanti di consolidamento per fare il definitivo salto di qualità. Insieme a quello apportato da un allenatore ossessionato dalla vittoria e portatore di un modo di approcciarsi al lavoro quotidiano diverso. Che si troverebbe peraltro a lavorare con diversi giocatori adatti al suo modo di intendere il calcio: dai centrali di difesa da adattare ad una linea a tre, ad elementi predisposti naturalmente per caratteristiche atletiche ad agire da cursori a tutta fascia come Theo Hernandez da una parte o l’ultimo arrivato Terracciano dall’altra. Per non parlare dei tanti centrocampisti con gamba e senso dell’inserimento nell’attuale organico. Nessuna decisione è stata presa o non sarà presa nell’immediato, ma quella che oggi è solamente una suggestione inizia a diventare quanto meno argomento di serio dibattito per il Milan che verrà.
     

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