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    Ibra, CR7 & Co, il club delle statue: quando il divo diventa divino

    Ibra, CR7 & Co, il club delle statue: quando il divo diventa divino

    • Davide Cavalleri
    Partiamo da un assunto piuttosto banale e finanche scontato: le statue, così come i monumenti e le effigi in senso lato, nella stragrande maggioranza dei casi vengono dedicate a chi non è più tra noi. Più o meno in ogni città d'Italia potremo trovare una statua di Garibaldi, ad esempio, o di Vittorio Emanuele, o di Giuseppe Verdi; personaggi storici dunque. Nei casi più eccezionali potremo imbatterci in monumenti dedicati ad un cittadino illustre che, a suo modo, si è storicamente distinto. Stiamo però parlando pur sempre di figure passate a miglior vita. Questa regola - non scritta ma di buon gusto - non vale per il mondo del calcio. Potrebbe bastare questa prima constatazione per affermare che, in effetti, è difficile trovare qualcosa di più kitsch e di pessimo gusto delle statue rappresentanti i calciatori ancora in attività. 
     
    Certo, il calcio è ormai a tutti gli effetti un business che ammicca ai cuori dei tifosi o, se preferite, una passione che finanzia cifre a sei (o più) zeri. Un business che, gioco forza, si alimenta delle biografie di quegli idoli contemporanei che sono, appunto, i calciatori. Ecco che allora quelle biografie, quelle vite diventano pubbliche (diventano social) e hanno bisogno di essere pompate il più possibile.
     
    Il fagocitante star system calcistico ha bisogno di spremere il personaggio di turno: elevarlo ad eroe e, se il pubblico lo richiede, anche a semi-dio. L'ego ipertrofico di certi calciatori, poi, diventa benzina sul fuoco. Prendiamo uno come Ibrahimovic - a cui ieri è stata dedicata una statua nella sua città natale, Malmö. Il buon Zlatan ha costruito il suo personaggio sul carattere scontroso, burbero ma al tempo stesso estremamente narcisista e presuntuoso che lo contraddistingue (proprio ieri ha dichiarato in modo molto pacato: "Ora che ci sono due Ibra il mondo è un posto migliore"). Lo svedese non ha mai mancato di sottolineare la sua (supposta) superiorità arrivando anche ad auto definirsi: Dio.
     
    Il problema sorge proprio qui, quando autografi, selfie, apparizioni pubbliche, premi personali e di squadra non bastano più. Lì c'è bisogno del riconoscimento ad perpetuam memoriam, del simbolo messianico che, in alcuni casi, si traduce nell'estrema esaltazione della statua. Cristiano Ronaldo (al quale è stato dedicato anche l'aeroporto di Madeira oltre che un museo), Messi, Ibrahimovic, Beckham, Henry, Radamel Falcao sono solo alcuni dei campioni che hanno ricevuto in dote un monumento. Luoghi di culto per il laico pellegrinaggio dei più ferventi sostenitori. Immagini sacre (spesso anche bruttine) da idolatrare. Il divo diventa divino.
     
     
    Fortunatamente il turismo italiano non soffre di una penuria tale da aver bisogno di statue da dedicare ai calciatori per richiamare appassionati dall'estero, anzi. Anche perché dato lo scarso senso civico di alcuni nostri compatrioti verrebbero vandalizzate in tempo zero. 
    Nel centro di Malmö ora domina (cosi suoi 3 metri di altezza) la statua del "santone" locale. Il corpo (semi) nudo di Ibra si staglia avvolto nella sua aurea dorata e sacrale. Le braccia aperte a richiamare la sua nota esultanza ne esaltano la gloria delle gesta. D'altra parte l'ha detto bene lui stesso: "Non c’è cosa più bella di questa statua, ci sono giocatori che vincono trofei, altri che vincono trofei e che hanno anche la statua". 
    Ora anche i giovani calciatori di Malmö avranno la loro guida spirituale a cui affidare le loro prestazioni, il santo a cui votarsi. 
     

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