Ibra, Cassano e Balo: allievi di Cruyff
Partiamo dalla svedese. Ha la faccia dura, gli occhi che fan paura, i modi ruvidi come un vento freddo che soffia dai Balcani. Può tornare al Milan. “Bene, prima però voglio vederlo negli occhi”, ha detto Sinisa Mihajlovic, nuovo allenatore rossonero, un altro che a pieno titolo partirebbe titolare nella Nazionale dei filibustieri. Notizia: pare che l’incontro ci sia stato, in Francia, qualche ora fa: Sinisa era alla 24 ore di Les Mans, su invito dell’Audi, uno degli sponsor del Diavolo. Ed è dalla Francia che Zlatan è decollato, dopo gli impegni della Nazionale, per volare in Qatar. Coincidenza? C’è chi è pronto a giurare di no, sostenendo che l’incontro ci sarebbe stato, che sarebbe stato più che positivo e che non andrebbe pubblicizzato perché la trattativa tra Milan e Psg non è ancora iniziata ed è già appare parecchio delicata.
“Guardami negli occhi”. E’ quello che Massimo Ferrero, presidente della Samp, dirà a Mario Balotelli, attaccante del Liverpool. Qui più che una trattativa si tratta di un desiderio. Il “Viperetta” vorrebbe “rilanciare” Balo. Problemi da risolvere? Non pochi, uno in particolare, l’ingaggio dell’attaccante: 4 milioni a stagione. Con quella cifra Ferrero vorrebbe pagare lo stipendio di 4-5 giocatori. Però l’idea gli piace, assai. Alternative: Giampaolo Pazzini, un bravo ragazzo; Duvan Zapata, il gigante buono del Napoli; Mattia Destro, bizzosetto, ma non troppo.
“Guardami negli occhi”, ultimo capitolo. Questo è quello che vorrebbe dire Antonio Cassano a Massimo Ferrero. Ha i suoi motivi, ha detto in tutte le lingue che vorrebbe tornare a giocare nella Samp. E la Samp non gli ha ancora detto di no, ma pare sia solo per una strana forma di cortesia. Io Cassano lo porterei in qualsiasi squadra, confesso, anzi ribadisco. Non siamo mai stati amici, è stato spesso oggetto di dure critiche e anche meritate. Però rimane uno con la gioia del calcio, nei piedi e in quella testa pazzoide che il Padreterno gli ha donato. Esattamente un’estate fa, nel caldo appiccicoso dell’’inverno brasiliano, Cassano e Balo e tutta l’Italia naufragava dentro il fallimentare progetto disegnato dal commissario tecnico Prandelli. Cassano e Balotelli avevano la loro buona dose di colpe. Il primo perché non aveva la condizione giusta per atterrare in Brasile. Il secondo perché (esordio a parte) fu disarmante e irritante. Lo fu in campo, ma si andò a cercare quella che era successo nel ritiro più “loffio” del mondo. Cassano e Balo e compagnia erano giocatori fuori condizione, ma li dipingemmo come ragazzi cattivi, bad boys. Non credo lo siano. Su Cassano mi sono ricreduto subito, durante il viaggio di ritorno da Rio a Malpensa, quando a bordo del volo Alitalia lo vidi giocare con uno dei suoi figli. E mi chiesi: che diritto ho di dare del cattivo maestro a un padre così dolce e amorevole? Risposta: non ho nessun diritto per farlo. La conferma della bontà dell’uomo-Cassano si è vista anche nel caso Parma, nella sua scelta. Poi, certo, tutti sbagliamo e quell’appellativo dato a Roberto Donadoni io lo avrei sicuramente evitato, ma sono punti di vista.
Allora guardiamoci negli occhi: Ibra e Balo e Cassano non sono cattivi maestri, ma solo giocatori, più o meno campioni, atleti moderni, nel senso figli di questi tempi calcistici. Vogliono essere padroni del destino che gli è stato affidato, tutto qui. Hanno imparato la lezione da un campione vero, al mille per mille: Johan Cruyff. Per me l’olandese resta il numero uno: per la leggerezza con il pallone tra i piedi, per le sigarette fumate, per i contratti strappati, dal primo con l’Ajax a quello con i rivali del Feyenoord.
Guardiamoci negli occhi, chi non li vorrebbe tutti nella stessa squadra: Ibra, Balo e Cassano in campo, Johan in panca. Già, sarebbe la squadra dei miei sogni: per qualcuno undici cafoni, per altri solo undici campioni.
Giampiero Timossi