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    I social guidano e rafforzano il peso delle sponsorizzazioni sportive. Nike è il brand dominante

    I social guidano e rafforzano il peso delle sponsorizzazioni sportive. Nike è il brand dominante

    • Marcel Vulpis
      Marcel Vulpis
    Secondo molti addetti ai lavori c’è un mondo dello sport-business pre e post Covid-19. Per un intero biennio l’emergenza sanitaria ha sconvolto ogni angolo del pianeta, ma sotto il profilo della comunicazione si è assistito, soprattutto a livello sportivo, ad un vero e proprio boom delle attività digitali. Queste ultime, infatti, hanno retto, durante la pandemia, gran parte dell’ecosistema sportivo, obbligato, per molti mesi, a non poter aprire gli impianti sedi di gare (con conseguenze negative non solo a livello commerciale, ma anche sul terreno dei ricavi da biglietteria). La pubblicità digitale è passata così dal 46% del totale (se si considerano anche gli investimenti sui mezzi tradizionali, come la carta stampata e la tv), nel 2018 (ovvero pre emergenza Covid), al 67% dell’ultimo anno oggetto di analisi (la stagione 2022). Se solo 5 anni fa si toccava quota 292 miliardi successivamente è stato superato il muro dei 612 miliardi di euro. Le azioni digitali sono quindi un reale punto di forza quando si parla di sponsorizzazioni. Una “leva” eccezionale per far crescere il cosiddetto “ritorno sull’investimento” (identificabile con l’acronimo “ROI”). 

    Sul podio dei ritorni da social media domina il marchio Nike. A sostegno di questa tesi arrivano i dati dei primi 10 marchi che investono in sponsorizzazioni sportive. Multinazionali, che, più di altre, hanno creduto su questa tipologia di attività. Al primo posto della classifica, che analizza il ritorno economico collegato ad azioni condotte attraverso i social media (Meta, Instagram, TikTok, Youtube e “X”, solo per citare i più conosciuti e utilizzati dal grande pubblico), troviamo il colosso Nike (483,9 milioni di euro), seguito a distanza dalla “rivale” Adidas (303 milioni) e da Emirates (265,8 milioni). Quest’ultima fortemente impegnata, da anni, in
    una strategia di sponsorizzazioni sportive (principalmente calcio, golf, rugby, cricket, vela e ciclismo). Fuori dal podio Red Bull, leader nel mercato degli energy drink (182,3 milioni). Nata nel settore sport “no limits”, si è poi spostata negli sport motoristici e, da alcuni anni, anche nel mondo del pallone.
    Puma, storicamente terzo brand del settore abbigliamento sportivo, si ferma al 5° posto (141,8 milioni). Nella seconda parte della classifica, a sorpresa, si posiziona (al 6° posto) la banca Santander (139,9 milioni), che si è divisa tra calcio internazionale e sport motoristici (come main partner della scuderia Ferrari di F1). Heineken si posiziona al 7° (131,3 milioni), investendo soprattutto su Formula Uno (con la titolazione di eventi) e calcio (a supporto della UEFA Champions League). Seguono Playstation (114,5 milioni), Monster energy (100,8 milioni) e Mastercard (l’unico marchio sotto i 90 milioni di euro).
    Se si analizzano invece gli strumenti tradizionali, come le apposizioni dei marchi sugli asset pubblicitari, al primo posto dominano le sponsorizzazioni di maglia, che rappresentano lo strumento migliore per guadagnare in esposizione mediatica e ritorno sui diversi mezzi (il cosiddetto “media value”). A seguire l’inserimento di loghi o messaggi pubblicitari sui led bordocampo (in occasione delle gare ufficiali), la titolazione del trofeo destinato al miglior calciatore in campo, gli spazi dedicati all’interviste (sul campo o all’interno della sala stampa) o ancora i post digitali creati per rispondere alla diverse esigenze delle realtà partner.

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