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    I ricordi di Ancelotti: "Perché non mi presero all'Inter. Dopo due mesi di Sacchi mia madre non mi riconosceva"

    I ricordi di Ancelotti: "Perché non mi presero all'Inter. Dopo due mesi di Sacchi mia madre non mi riconosceva"

    Carlo Ancelotti, tecnico del Real Madrid, ha parlato a RSI raccontando alcuni episodi della sua carriera da calciatore: 

    Sul provino all’Inter quando giocava al Parma: “Non mi presero perché si è detto che il presidente del Parma, Ernesto Ceresini, avesse alzato il prezzo dopo la partita. Ho un bellissimo ricordo perché per la prima volta gioco con i miei idoli: da Bordon, Canuti, Bini, Altobelli… Anche se il mio vero idolo da ragazzino era Sandro Mazzola”

    Sull’arrivo al Milan da giocatore, voluto da Sacchi e non tanto da Berlusconi: “Avevo avuto due infortuni che mi avevano tenuto fuori due anni. C’era qualche dubbio a livello fisico. Sacchi ha spinto forte e sono andato al Milan. L’arrivo di Sacchi ha cambiato la metodologia e la filosofia del gioco in Italia: è stato un grande innovatore. Abbiamo fatto un po’ fatica all’inizio ma dopo dicembre la squadra volava, avevamo proprio piacere di scendere in campo. Era un altro calcio, era un modo diverso di allenare: prima di lui c’era il riscaldamento, 25 minuti di partita e i tiri in porta; con lui ci sono i possessi, la tattica difensiva, combinazioni offensive, lavori di forza, aerobici. Dopo la prima preparazione di un mese con Sacchi mia madre non mi ha riconosciuto: ero dimagrito talmente tanto che mia mamma ha avuto difficoltà a riconoscermi e dopo mi ha dato una mano con la sua cucina”.

    Sacchi com’era con te? “Era un allenatore esigente con tutti. Ha avuto grandi scontri con van Basten a livello tattico. Però si discuteva, non si arrabbiava. Amava parlare di quello. Era esigente, chiedeva molta concentrazione”.

    La serata delle luci al Velodrome a Marsiglia. Come hai vissuto quella situazione? “L’abbiamo vissuta male. Era una partita molto complicata, non avevamo molte speranze di passare il turno, l’abbiamo vissuta come una decisione che per forza di cose dovevamo rispettare. Era una decisione del club. Niente di più”.

    Un giocatore quindi deve fare sempre quello che dice il club, anche se ha un’idea diversa? “Di questo mondo il calciatore e l’allenatore è la parte più debole. Non siamo noi che prendiamo le decisioni dei calendari, di come strutturare le cose. Sono sempre i club, le federazioni, le leghe, la FIFA e la UEFA. Noi saremo sempre la parte più debole di questo mondo”.

    E non si può far niente? “Sperare che gli organismi che decidono tutto questo si mettano d’accordo. Ma l’aspetto economico prevale e trovare un accordo tra ognuno di questi organismi diventa difficile, per questo adesso si rischia di giocare 80 partite l’anno”.

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    Utente vxl 619616
    Utente vxl 619616

    Con l'organico che hai al Real di partite ne potresti giocare 150 e dovresti vincerle tutte, inve...

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