I debiti del Real: fallimento sfiorato
Bankia (prima banca privata e poi statalizzata grazie all'intervento della Bce), il Real Madrid e i giocatori trasformati in CDO (Collaterized Debt Obligations). Quando la garanzia delle banche sono le centinaia di milioni di euro usate per comprare le star del calcio.
In mezzo alle proteste degli indignados che bloccano le strade di Madrid, a stento riusciamo a raggiungere l’Europa Building, un hotel a pochi passi dallo stadio Santiago Bernabeu, tempio delle merengues. Ad aspettare c’è Jorge Valdano: dopo i litigi con lo “Special One” Josè Mourinho e la rinuncia al posto di general manager del Real, Valdano non parla facilmente. Sono tempi difficili per parlare della crisi del calcio in Spagna, specie dopo che il New York Times ha posato gli occhi su Florentino Perez discusso presidente dei campioni di Spagna. Jorge Valdano non nasconde l’imbarazzo quando gli chiediamo sulle folli spese effettuate per l’acquisto dei migliori fuoriclasse del mondo.
«IL REAL PUO' PERMETTERSI DI SPENDERE»- «Il Real Madrid ogni anno guadagna quasi 500 milioni di euro e perciò può permettersi di spendere» risponde glissando sulla figura dell’amico Florentino. Non c’è da stupirsi: la multinazionale di cui è presidente Perez, “l’ACS construcciones”, la terza impresa a livello mondiale della costruzione, ha contratto debiti con l’ex banca privata Bankia, ora statalizzata con i fondi della banca europea, per quasi 9.000 milioni di euro, il doppio del suo valore in borsa. Se la banca non fosse stata acquistata dallo Stato, molto probabilmente, il Real Madrid avrebbe conosciuto l’umiliazione del fallimento.
UN DEBITO DI 500 MILIONI- Mentre l’ACS andava a gonfie vele a forza di crediti dal tasso privilegiato, le “merengues” s’indebitavano ulteriormente per acquistare David Beckham, Cristiano Ronaldo, Kakà. E dopo il milionario arrivo dello “special One” Josè Mourinho, 10 milioni di euro netti all’anno, gli acquisti e il debito sono continuati a salire. Di Maria, Ozil, Flavio Coentrao, Khedira e Carvalho, tanto per citarne alcuni, sono stati presi per accontentare Mourinho. Ora il Real si trova a dovere gestire un debito di 500 milioni di euro. «A differenza del Barcellona, che prende quasi tutti i suoi calciatori dalle giovanili, il Real è costretto ad acquistare i giocatori fuori per mantenere il suo livello agonistico» ci racconta Valdano. Ma in tempi di crisi può una delle due grandi spagnole può continuare a spendere? Gli esperti dicono di no, che la pacchia è finita. Che d’ora in poi i bilanci dovranno essere a posto. E allora si scopre che Bankia, per riuscire a convincere la Bce a stanziare i soldi per diventare una banca statale, aveva messo come garanzia i 76,5 milioni usati per prendere Ronaldo, i 60 milioni per Kaka più il resto dei giocatori. All’improvviso gli atleti del pallone sono diventati dei CDO ( Collaterized Debt Obligations).
IL FALLIMENTO DEL SARAGOZZA - E che dire dei diritti televisivi? Secondo il giornalista sportivo Ezequiel Fernandez Moores, il 53% dei diritti televisivi finiscono nelle tasche del Real Madrid e del Barcellona. In questa folle corsa agli acquisti molte squadre di calcio spagnole sono finite con un piede nella bancarotta e gran parte dei giocatori non appartengono più alle società ma ai fondi d’investimento. Un esempio per tutti il Real Saragozza, diventata grazie ad una nuova legge dello sport varata nel 2005 e ora cancellata, società anonima. Il Saragozza ha un debito di 134 milioni di euro ed è praticamente fallita (come altre 20 squadre del calcio spagnolo ). Ma continua ad acquistare giocatori attraverso un fondo d’investimenti in cui partecipa lo stesso presidente della società Agapito Iglesias. Insomma, l’era del milionario calcio spagnolo sembra finita. Le squadre tedesche, che hanno mantenuto un rigoroso controllo dei propri bilanci, ora fanno la voce grossa con la Uefa e impongono a Michele Platini bilanci in parità. Qualcosa che in Italia è iniziato con la fuga dall’Inter di Samuel Eto'o, approdato alla semi sconosciuta Anzhi Makhachkala, squadra russa del magnate Suleiman Kerimov. Venti milioni netti all’anno valgono bene una fuga dall’Europa in crisi.