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Hunter, la leggenda del Leeds: il maledetto match con la Polonia e il sogno spezzato dal coronavirus
Non è riuscito a “mordere le gambe” del suo ultimo avversario, il “Covid-19” che se l’è portato via il 17 aprile di quest’anno.
Lui che aveva sfidato, combattuto e “morso” avversari durante venti anni di carriera, la maggior parte passati nel Leeds United.
Quando si pensa ad un calciatore totalmente compromesso con le necessità del proprio team è impossibile non pensare a lui, a Norman “bite yer legs” Hunter.
Per lui contava la squadra, mettersi completamente a disposizione dei compagni, fare quello che il suo “maestro” Don Revie gli chiedeva per vincere partite e trofei e cioè di non fare segnare gli attaccanti avversari … in un modo o nell’altro. Talmente avulso da logiche individuali e da tornaconti personali che lo disse chiaramente anche al grande Brian Clough quando questi, appena arrivato come manager al Leeds, prese da parte Hunter per fargli il famoso discorso.
“Hunter hai una reputazione terribile e sei odiato da tutti. Ma sai giocare a calcio e da oggi le cose cambieranno perché a tutti piace essere amati ed apprezzati” gli disse con enfasi Clough.
“Onestamente Mister Clough … a me non me ne frega un cazzo” fu l’inequivocabile risposta di Hunter.
Arrivato al Leeds a soli 15 anni Norman Hunter fa il suo esordio in prima squadra un mese prima del suo diciannovesimo compleanno. E’ l’8 settembre del 1962. Il Leeds United è in Seconda Divisione
Viene aggregato alla squadra durante una trasferta a Swansea.
Pensa sia solo un premio al suo impegno con la squadra giovanile e un’occasione per conoscere i “grandi”. Un’ora prima del match Don Revie gli comunica che giocherà da titolare, al fianco di Jack Charlton.
Hunter non uscirà più di squadra e per quasi 10 stagioni quella sarà la coppia di difensori centrali del Leeds.
Nella stagione successiva il Leeds conquisterà l’agognato ritorno in First Division e da allora saranno quasi dodici anni memorabili nella storia del Club dello Yorkshire e in quella personale di Norman Hunter. Anni di vittorie, di trofei conquistati (due campionati, una FA Cup, due Coppe delle Fiere, una Coppa di Lega) ma anche di grandi e cocenti delusioni come le sconfitte nelle finali di due competizioni europee (Coppa delle Coppe contro il Milan nel 1973 e Coppa dei Campioni contro il Bayern nel 1975) entrambe perse immeritatamente ed entrambe con grossi dubbi sull’onestà delle terne arbitrali.
La delusione più grande per Norman Hunter arriverà però in una sera di ottobre del 1973.
Si gioca a Wembley e la nazionale inglese ha un solo risultato a disposizione per accedere alle finali della Coppa del Mondo che si terrà in Germania Ovest nell’estate successiva: battere la Polonia. E’ una Nazionale inglese fortissima quella di quel periodo. Probabilmente più forte addirittura di quella che trionfò meno di otto anni prima nel Mondiale organizzato in casa dagli inglesi.
Di sicuro c’è più qualità, c’è più talento.
In cabina di regia c’è Tony Currie, talentuosa e creativa mezzala dello Sheffield United, c’è Colin Bell del Manchester City e in attacco ci sono Alan “Sniffer” Clarke, bomber del Leeds e il versatile Mick Channon del Southampton. Nella rosa ci sono calciatori come il giovanissimo Kevin Keegan, o il regista degli Hammers Trevor Brooking o il bomber del Newcastle Malcolm Macdonald. La Polonia è una nazione in grande crescita. L’anno prima ha vinto la medaglia d’oro ai giochi olimpici nel calcio davanti a nazioni come URSS e Ungheria.
Ci sono grandi calciatori come il regista Deyna, le due ali Lato e Gadocha e il libero Gorgon. Manca però il giocatore forse di maggior spessore, Wlodek Lubanski che nel match di andata si è gravemente infortunato ad un ginocchio..
La partita è un autentico assedio degli inglesi alla porta del gigantesco Tomaszewsky (definito un “clown” da Brian Clough nel prepartita).
Qualcuno la definì la “Fort Alamo” della storia del calcio. Poche volte si è assistito ad un match così a senso unico.
Si gioca in una sola metà campo. Quella polacca.
L’Inghilterra crea gioco e occasioni da gol a ripetizione.
Triangolazioni palla a terra, tiri da fuori, palloni serviti “sulla corsa” agli attaccanti da centrocampisti “pensanti” come Currie e Bell.
Chi parla di un Inghilterra capace solo di fare cross per gli attaccanti o non ha visto la partita o non capisce nulla di calcio.
Per tutto il primo tempo gli inglesi ci provano ma il risultato non si sblocca.
Il “clown” Tomaszewsky compie almeno tre miracoli su Bell, Clarke e Channon ma si va negli spogliatoi sullo zero a zero. Nella ripresa la fisionomia di gioco non cambia ma al dodicesimo minuto arriva l’episodio che cambierà il volto alla partita, alla qualificazione per i Mondiali e alla carriera in Nazionale di Norman Hunter.
Con l’Inghilterra praticamente tutta nella metà campo avversaria c’è un pallone che arriva nella zona di Norman Hunter. Siamo si e no un metro nella metà campo inglese.
Hunter è in netto vantaggio su Gregorz Lato che sta arrivando in pressing di gran carriera.
Hunter non affonda il tackle come ci si aspetterebbe da lui in una occasione come questa. Il suo obiettivo è di difendere il pallone, evitare l’attacco della veloce ala polacca e far ripartire l’azione dei suoi. Questa scelta si rivelerà un disastro.
Lato gli soffia quasi senza sforzo il pallone e si invola verso la porta degli inglesi.
C’è rimasto solo Roy Mc Farland a difendere ma quando il centrale del Derby County va a chiudere su di lui Lato rientra verso il centro e serve l’accorrente Domarski che entra in area e lascia partire un tiro rasoterra verso la porta degli inglesi.
Il tiro è tutt’altro che irresistibile ma Peter Shilton, il giovane portiere che ha da poco preso il posto in Nazionale del grande e sfortunato Gordon Banks, si fa passare il pallone sotto il corpo regalando così il vantaggio ai polacchi. “Il giorno più brutto della mia carriera” ricorderà sempre Norman Hunter parlando di quell’episodio.
In realtà il tempo per rifarsi ci sarebbe soprattutto visto che pochi minuti dopo l’Inghilterra, con un gol su rigore di Alan Clarke, rimette in parità le sorti dell’incontro.
Nella restante mezzora però non ci sarà nulla da fare nonostante gli inglesi ci provino in tutti i modi creando non meno di sei-sette nitide palle gol e infinite mischie nell’area di rigore della Polonia.
Saranno i polacchi a qualificarsi per il Mondiale di Germania dove saranno una delle grandi rivelazioni del torneo, chiuso da Kazimierz Deyna e compagni con un brillante terzo posto. Norman Hunter sarà sempre (ingiustamente) ricordato per quell’errore che però non può e non deve intaccare una straordinaria carriera.
Nel 1976 lascerà il Leeds United per trasferirsi al Bristol City e poi al Barnsley dove chiuderà a 38 anni la sua carriera di calciatore prima di intraprendere quella di manager fino al 1990.
Dal 1993, oltre a collaborare con la BBC dello Yorkshire e a commentare le partite del suo Leeds, diventa uno dei nomi più popolari e richiesti dei famosi “after dinner speaker” ovvero di quei personaggi famosi dello sport o dello spettacolo che, pagati profumatamente, si mettono a disposizione dei convenuti per raccontare aneddoti riguardanti le loro carriere e rispondere alle domande dei presenti. … e di aneddoti, su Norman Hunter, ce ne sono davvero tantissimi …
ANEDDOTI E CURIOSITA’
Appena arrivato al Leeds in quindicenne Norman è praticamente pelle e ossa. Ha già un sinistro educatissimo e gioca già con molto coraggio. Ma con quel fisico non può certo competere con coetanei più prestanti e forti. Da subito viene inserito nel famoso regime alimentare previsto da Don Revie: uova crude e sherry.
In un paio di mesi il fisico di Hunter “sboccia” letteralmente ed è ora in grado di affrontare partite e allenamenti senza “il pericolo che si rompesse in due ogni volta” come disse di lui Don Revie in quel periodo. “Sicuramente la cura ha funzionato” ammise Hunter diversi anni dopo “Anche se nelle prime settimane finivo quasi sempre per vomitare tutto quanto !”
Il soprannome “Bites yer legs” nasce il 6 maggio del 1972. Poco prima dell’inizio della finale di FA CUP tra Arsenal e Leeds United durante una panoramica della BBC sui tifosi si nota un cartello con la scritta “Norman bites yer legs” che, notata durante la trasmissione da Brian Clough, ospite come commentatore, diventerà per il resto della carriera accostato alla figura di Norman Hunter.
Sempre nel 1972, esattamente il 27 maggio, si gioca ad Hampden Park per il Torneo Interbritannico. Di fronte gli “Auld-enemies” di Scozia e Inghilterra. Sugli spalti quasi 120 mila persone.
La Scozia è in possesso di palla nella metà campo degli inglesi. Billy Bremner ha il pallone tra i piedi e si sta avvicinando all’area di rigore.
Dalla difesa inglese esce con veemenza Norman Hunter. Il suo tackle fa letteralmente “volare” il piccolo centrocampista scozzese.
Bremner, a terra dolorante, si rivolge al suo compagno di squadra nel Leeds United.
“Norm, ma che cazzo fai ? Mi vuoi rompere una gamba ?” gli urla Bremner non esattamente entusiasta dell’intervento del compagno. “Ah scusa Billy. TI avevo scambiato per Hartford” (l’altra mezzala scozzese in campo quel giorno)
Questa la “giustificazione” di Hunter …
Nel 1974 Norman Hunter viene votato dai suoi colleghi calciatori “Miglior calciatore dell’anno” a dimostrazione della sua bravura e di quanto in fondo avesse ragione lui nella continua diatriba con Don Revie che praticamente prima di ogni match gli diceva “Tu Norman devi conquistare la palla e poi passarla a qualcuno che la sappia giocare”, cosa che faceva infuriare terribilmente Hunter che ogni volta replicava “Boss, ma io SO giocare la palla !”. A dare conferma di questo uno dei tanti è il compagno di squadra Eddie Gray che ha riconosciuto più volte che Norman Hunter “è stato uno dei difensori più abile nei passaggi che io abbia mai visto. Con il suo sinistro poteva pescare uno degli attaccanti anche a quaranta metri di distanza”.
Uno dei “nemici” storici di Hunter era il centravanti del Chelsea Peter Osgood, tipo decisamente tosto e “fisico” con cui Hunter aveva spesso scontri decisamente violenti. Durante un Chelsea-Leeds allo Stamford Bridge nel 1970 dove i due se le stavano dando di santa ragione, nel momento in cui Terry Cooper segna per il Leeds e approfittando dei successivi festeggiamenti Hunter decide di sistemare le cose con Osgood, prendendolo per le sue famose “basette” e tirandogliele con veemenza per diversi secondi !
Sono in molti a pensare che la fama di “duro” di Norman Hunter avesse un ascendente importante anche verso parecchi arbitri. Infatti il numero di cartellini gialli e di espulsioni nella sua carriera sono un numero irrisorio rispetto al suo stile di gioco anche se, come sempre ammesso dallo stesso Hunter “a quei tempi per venire espulso l’avversario lo dovevi uccidere !”
Uno degli episodi più famosi che hanno coinvolto Hunter riguarda il vero e proprio match di pugilato disputato tra lo stesso Hunter e Francis Lee al Baseball Ground durante un Derby County-Leeds del 1975. Anche in quell’occasione la squalifica più pesante toccò a Francis Lee … che se non altro si rivelò un osso davvero duro per Norman !
Norman Hunter farà parte della rosa della nazionale inglese sia ai Mondiali di casa del 1966 sia a quelli messicani di quattro anni dopo.
In queste due partecipazioni giocherà in totale la bellezza di … 39 minuti !
Quelli dell’ultima partita degli inglesi a Messico 70 e persa contro la Germania Ovest nei quarti di finale quando entrerà a nove minuti dalla fine dei tempi regolamentari, in tempo per vedere Uwe Seeler segnare il gol del pareggio che costringerà le squadre ai supplementari dove un gol di Gerd Muller porterà i tedeschi alla storica semifinale con l’Italia dell’Azteca.
Non esiste nessuno che non sia testimone della estrema gentilezza, della disponibilità e dell’umiltà di Norman Hunter fuori dal rettangolo di gioco.
Sono in molti che avendolo conosciuto fuori dal campo si sono stupiti che quello fosse “lo stesso” Norman Hunter di cui avevano sentito le gesta non sempre lusinghiere in un campo di gioco.
“Ci sono state occasioni dove mi sono vergognato di me stesso per quello che avevo fatto in campo. Mi dicevo che non potevo essere io ad essermi comportato così. Eppure in campo mi capitava. L’eccitazione, la voglia di vincere e di aiutare i miei compagni … non so darmi altra spiegazione” ha sempre ricordato con qualche imbarazzo lo stesso Hunter.
Norman Hunter ha sempre candidamente ammesso che non avrebbe MAI voluto lasciare il Leeds United. A tal punto che nell’estate del 1976 chiese a Jimmy Armfield, il manager del Leeds, due anni di contratto. A quasi 33 anni sarebbe stato l’ultimo suo contratto professionistico e gli avrebbe permesso di chiudere la carriera nel suo amato Leeds. “Sono disposto a giocare con la squadra Riserve” disse Hunter al suo manager “Non le creerò nessun problema e se avrà bisogno di me in prima squadra mi farò trovare pronto” fu la richiesta di Hunter. Non ci fu nulla da fare. Armfield rifiutò e Hunter fu costretto ad accettare il trasferimento al Bristol City.
… dove giocò per tre stagioni sempre a livelli eccellenti.
Alla domanda su chi è stato il più forte calciatore con cui Hunter ha condiviso una maglia la scelta cade su Johnny Giles, la mezzala irlandese del Leeds United. “Un giocatore fantastico. Uno dei più completi che io abbia mai visto su un campo di calcio. Tecnica di altissimo livello e un carattere fantastico. Un leader autentico e un professionista esemplare”.
L’avversario più forte ? “Jimmy Greaves, senza ombra di dubbio !” è la risposta di Norman Hunter. “Potevi annullarlo per 89 minuti e 59 secondi. Poi ti distraevi un secondo e … la palla era in fondo alla rete !”
Infine il tributo al suo grande Boss, Don Revie, figura per certi versi controversa nella storia del calcio inglese ma che a Leeds ha saputo costruire qualcosa di speciale.
“Avevo 17 anni e il manager che c’era allora al Leeds (Jack Taylor) non aveva una grande fiducia nei miei mezzi. Decise di allungarmi il contratto di sei mesi ma avevo capito benissimo che non rientravo nei suoi piani ed ero sul punto di tornarmene nella mia Newcastle. Poi, nel marzo del 1961, venne licenziato e arrivò Don Revie. Sei mesi dopo facevo il mio esordio in prima squadra”.
“Quello che ha saputo creare Revie al Leeds è molto difficile da spiegare a chi non ha vissuto quel periodo. Aveva costruito un gruppo di giocatori coeso e affiatato, dentro e fuori dal campo. Andare all’allenamento era un piacere. Duro lavoro, ma tante risate e scherzi in un gruppo di giocatori pronti a qualunque sacrificio per lui e per i compagni di squadra.
Brian Clough e i suoi fatidici “44 giorni”. “E’ arrivato con troppi preconcetti. Non ci ha mai dato una reale possibilità di fargli vedere chi eravamo veramente e neppure lui si è dato la possibilità di farsi conoscere. Sarebbe stato sufficiente che dicesse «Ok ragazzi. Fino ad oggi è andata in un certo modo. Ma adesso sono qua con voi, cancelliamo tutto e ripartiamo da zero» “Non lo ha fatto e le cose sono andate come tutti sanno”.
Leeds è un luogo dove Norman Hunter sarà ricordato in eterno per quanto ha saputo dare alla causa dei “Whites” e per quello che ha rappresentato per il Club e per tutti i tifosi. Nel West Stand ad Elland Road c’è già da qualche hanno la “Norman Hunter suite” e siamo certi che molto presto il popolo del Leeds e la società del Presidente Andrea Radrizzani sapranno ricordare a dovere questo grande campione con qualcosa di ancora più importante.
E’ di pochi mesi fa un’intervista nella quale affermava che uno dei suoi grandi desideri prima di andarsene da questa terra era quello di rivedere il Leeds in Premier. E' morto proprio poche settimane prima che ciò accadesse.