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Handanovic come Sora Camilla: Inter 'ostaggio' di un portiere normale
Tranne un Frey arrivato forse troppo acerbo e con una certa predisposizione al balotellismo ante litteram, gli altri sono nomi che potrebbero essere titoli di altrettanti capitoli di un manuale di tecnica per portieri. Alcuni più sobri ma terribilmente efficaci come Bordon, altri spettacolari e folli come Zenga, altri ancora capaci della sintesi migliore tra equilibrio, genio e sregolatezza e poi le leggende come Sarti. Che i portieri possano essere matti è uno dei più sani luoghi comuni del calcio, che debbano mettere quella scintilla di pazzia al servizio della squadra è una legge non scritta. L’Inter ha una tradizione di portieri che poche altre squadre al mondo possono vantare. La stessa natura del gioco nerazzurro è stata storicamente condizionata dalla presenza tra i pali di fuoriclasse del salvataggio, impavidi durante gli assedi, eroi e calamite da palloni.
Si gioca di rimessa anche e soprattutto quando c’è la garanzia che il portiere reggerà l’urto degli attacchi avversari come e più dei suoi difensori. Non esiste catenaccio vincente senza funamboli tra i pali, casomai son le squadre che praticano un calcio arioso e tatticamente evoluto a fare spesso a meno di grandi numeri 1, vedi il Barcellona di Valdes (che poi si rivela sempre un errore madornale, perché meno sono le sollecitazioni, più cala la tensione e la concentrazione e più forte deve essere l’uomo che difende la porta, pronto a intervenire sulle rare occasioni avversarie, fosse anche un sola all’ultimo minuto. Ma queste son banalità).
Siamo viziati, ammettiamolo.
Il problema è che se hai visto solo grandi portieri i buoni portieri ti lasciano tiepido. Samir Handanović è considerato un fuoriclasse del suo ruolo e questo equivoco ha fatto molto male all’Inter e ad Handanović stesso.
32enne da pochi giorni, 193 centimetri e un’apertura alare invidiabile, Samir Handanović è alla sua sua quinta stagione nerazzurra. Le prime quattro sono state complicate, brutte e abbastanza deludenti per la squadra che lui ha scelto convinto di poter competere per gli obiettivi più importanti e che invece lo ha costretto a giocarsi i traguardi minori. Un lungo viaggio nella mediocrità fatta eccezione per le prime 15 partite dello scorso campionato, quelle in cui il portiere sloveno ha rinfocolato il suo mito di barriera insuperabile e ha indotto molti a considerarlo uno dei due fattori determinanti di quella classifica così inattesa ed promettente. L’altro era il culo, che alla lunga si è mostrato però preponderante rispetto alle gesta del portiere: quando è finito, l’Inter si è sciolta come neve al sole. Handanovic interpreta il ruolo in modo molto personale, anche se non è difficile rivedere in lui parte dei pregi e molti dei difetti di Toldo. Forte ed esplosivo tra i pali nonostante la mole, fragile in uscita e abbastanza limitato di piede (destro), Handanović ha una rara capacità di lanciare con le mani oltre la metà campo e di farlo con precisione chirurgica, o meglio l’aveva prima di arrivare a San Siro dove pare aver dimenticato questo fondamentale e averlo sostituito con uno snervante rituale di attesa, una serie di rinvii abbozzati che con tutta probabilità mettono sotto pressione più i compagni che non gli avversari, minandone le certezze. Una produzione incessante di angoscia che svanisce solo quando Samir Handanovic si muove sulla linea della porta in attesa di un rigore. In quelle occasioni SH si trasforma in un gelido calcolatore, dote che lo ha reso uno dei migliori del mondo nella specialità.
Handanović potrebbe anche primeggiare in una classifica che non viene stilata ma che costa tanti punti quanto i miracoli più plateali ne fanno guadagnare: le respinte sui piedi degli avversari. Per un qualche imperscrutabile motivo che potrebbe risalire alla scuola calcio, Samir è uno di quelli che vanificano interventi splendidi con respinte oscene, quelli che sembra fatichino a spingere fuori o comunque lateralmente il pallone dopo averlo intercettato. Molti dei gol subiti dall’Inter nascono da sue incertezze drammatiche su palloni non pericolosissimi. Attenzione, qui non si accusa Samir Handanović di essere il problema e nemmeno un problema dell’Inter.
La teoria è molto meno fantasiosa e riguarda la sua effettiva efficacia e la vera situazione del conto corrente miracoli/papere, che è diverso da quanto ci si aspetterebbe e da come se lo immaginano i fan di Samir.
Da tre anni Handanović passa terribili estati di mal di pancia e chiede di essere ceduto.Il problema è che contrariamente a tanti suoi compagni di squadra, da Icardi a Brozović, Samir non ha mercato. Un po’ la versione gigantesca e torva della Sora Camilla, che tutti la vogliono e nessuno la piglia. Così son tre anni che a luglio Handanovic dice che vorrebbe la Champions e che l’Inter gli sta stretta e a fine agosto dichiara di aver scelto di restare e che è convinto del progetto Inter.
Il sospetto è che lui e la squadra siano rimasti ostaggi di un contratto lungo, che è stato appena rinnovato a cifre ancora più alte. Lui vuole andare, l’Inter lo ha offerto a chiunque, dal Barcellona alla Filarmonica di Vienna, ma le offerte non non arrivate. Dovesse finire come al solito con un nulla di fatto, ci ritroveremmo ai nastri di partenza con un portiere capace di parate prodigiose ma anche di partite orripilanti come quella della stagione passata contro la Fiorentina a San Siro. Errori su errori, nevrosi e incertezze di uno che la settimana prima avrebbe parato anche una lavatrice scagliata a velocità supersonica nel sette.
Croce e delizia, ma quel genere di bizze San Siro la perdona solo ai campioni. A Sarti, Zenga, Pagliuca e Julio Cesar, leggende nerazzurre. Ai buoni giocatori no, non meritano la pazienza di uno stadio che ha celebrato le gesta di alcuni dei più grandi di tutti i tempi, tra i quali non siede né ora né mai Samir Handanovic, portiere ombroso. Per viversela così, meglio salutarsi ora con affetto. Siamo sopravvissuti all’addio dell’Uomo Ragno, di Samir conserveremo un buon ricordo e se anche non fosse pazienza.
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