Getty Images
Hamsik: 'Delusione scudetto e i troppi cambi di Sarri, volevo andarmene. Poi ho parlato con Ancelotti...'
A poche ore dal calcio di inizio del big match contro la Juventus, viene data diffusione di alcuni dei passaggi più significativi dell'autobiografia ("Marekiaro") del capitano del Napoli Marek Hamsik, che si è soffermato soprattutto sul suo mancato trasferimento in Cina nella scorsa estate.
"Napoli è per me la vera capitale dell’Italia e ogni volta che immagino di partire per un’altra esperienza mi prende subito la nostalgia. È strano, ma è come se questa città fosse attaccata a me con una calamita. Stavolta, però, avevo quasi deciso di andare da un’altra parte. La delusione bruciava, dopo un campionato straordinario, in cui abbiamo raggiunto il record di punti della società ma non il tanto atteso scudetto. Mi sono detto: forse a 31 anni è giusto darsi una nuova possibilità. Sentivo di aver dato tutto per una maglia che ho sentito addosso come una seconda pelle, dopo una stagione grandiosa per la squadra ma che non mi ha visto protagonista al meglio delle mie possibilità. In quasi tutte le partite ho ceduto il posto a gara in corso e – pur rispettando sempre le decisioni dell’allenatore – ho vissuto momenti di grande sconforto. In certi casi, come ho spiegato, mi sono pure incazzato. Alla fine della stagione però ho meditato sull’opportunità di regalarmi qualcosa di diverso. Non ho mai considerato i soldi e le opportunità calcistiche che mi offrivano da altre parti, mi sarei sentito un traditore. Ma in Cina, un mondo estremamente affascinante, avrei potuto andarci senza tradire nessuno. Non avrei mancato di rispetto al mio Napoli".
LA RIFLESSIONE - "Non voglio fare il moralista e sì, lo dico apertamente: il denaro che avrei guadagnato in Cina era davvero tanto, un’assicurazione sulla vita a molti zeri. E un’esperienza in un altro mondo, anche calcistico, mi intrigava non poco. Con Martina avevamo già deciso: in Cina sarei andato da solo. In realtà avevo bisogno di vacanza, dovevo smaltire la stanchezza mentale per una stagione entusiasmante ma tesissima, che sicuramente ci aveva tolto tante energie. Mentali e fisiche. Credevamo tutti allo scudetto, lo volevamo più di ogni altra cosa e ci è sfuggito per un soffio. E chissà che l’idea di cambiare aria, prima impensabile, non sia maturata anche per questo. Ma per un paio di settimane ho cercato di non pensarci, siamo partiti per le vacanze, non prima di ricevere la telefonata di Carlo Ancelotti, però. È stato gentile, garbato, però non mi ha condizionato. Siamo andati al mare con i bambini senza più pensarci. Quando poi ho saputo che di offerte dalla Cina non ne erano arrivate, o che comunque non avevano soddisfatto le richieste del Napoli, è come se avessi avuto un’illuminazione. Anziché rammaricarmi, mi sono ritrovato a gioire. E negli occhi della mia famiglia leggevo felicità. Sono tornato in Slovacchia nella mia nuova casa, e a mio padre Richard, che come è noto un po’ aveva spinto per vedermi con la maglia di una squadra cinese, ho detto: “Napoli non mi vuole lasciare andar via. E io sono contento. Ho chiamato Ancelotti: “Mister, sono a tua disposizione”.
RIMPIANTO SCUDETTO - Sulla vittoria a Torino nello scorso campionato e il sogno scudetto sfumato: "Quando alla fine dell’aprile 2018, a Torino, ci stavamo giocando lo scudetto contro i bianconeri, per venti minuti mi sono sentito inutile. Ancora una volta Sarri mi richiamò in panchina prima che la partita finisse, a metà secondo tempo. Ci credevamo come mai era successo prima, lo volevamo a tutti i costi. Del resto ci eravamo concentrati solo su questo obiettivo stagionale, trascurando un po’ – più che altro mentalmente – le coppe. Iniziai a guardare la panchina e quando vidi che Zielinski accelerava il riscaldamento capii che anche stavolta per me la partita sarebbe finita prima. Poi Koulibaly staccò in cielo e incornò l’1-0. È stata la serata più bella da quando sono a Napoli. Ma, con il senno di poi, da quella partita c’è un solo insegnamento da trarre. Sì, avevamo battuto la Juve, ma non avevamo vinto niente. L’euforia ci ha tolto concentrazione per il finale di stagione e così abbiamo mancato il traguardo. Eppure quella notte eravamo tutti convinti che finalmente lo scudetto sarebbe stato nostro, che Napoli lo avrebbe ritrovato dopo trent’anni. In aereo sapevamo che la città ci avrebbero accolto in festa, ci sentivamo invincibili. E c’era persino chi pensava già alla prossima stagione. “Non abbiamo ancora vinto niente”: la voce di Sarri provò a riportarci sulla terra, ma nessuno di noi la ascoltò veramente. E se fosse stato quello il momento fatale che ci ha fatto perdere lo scudetto? Dopo la sconfitta per 3-0 contro la Fiorentina è stato fin troppo facile chiederselo".
"Napoli è per me la vera capitale dell’Italia e ogni volta che immagino di partire per un’altra esperienza mi prende subito la nostalgia. È strano, ma è come se questa città fosse attaccata a me con una calamita. Stavolta, però, avevo quasi deciso di andare da un’altra parte. La delusione bruciava, dopo un campionato straordinario, in cui abbiamo raggiunto il record di punti della società ma non il tanto atteso scudetto. Mi sono detto: forse a 31 anni è giusto darsi una nuova possibilità. Sentivo di aver dato tutto per una maglia che ho sentito addosso come una seconda pelle, dopo una stagione grandiosa per la squadra ma che non mi ha visto protagonista al meglio delle mie possibilità. In quasi tutte le partite ho ceduto il posto a gara in corso e – pur rispettando sempre le decisioni dell’allenatore – ho vissuto momenti di grande sconforto. In certi casi, come ho spiegato, mi sono pure incazzato. Alla fine della stagione però ho meditato sull’opportunità di regalarmi qualcosa di diverso. Non ho mai considerato i soldi e le opportunità calcistiche che mi offrivano da altre parti, mi sarei sentito un traditore. Ma in Cina, un mondo estremamente affascinante, avrei potuto andarci senza tradire nessuno. Non avrei mancato di rispetto al mio Napoli".
LA RIFLESSIONE - "Non voglio fare il moralista e sì, lo dico apertamente: il denaro che avrei guadagnato in Cina era davvero tanto, un’assicurazione sulla vita a molti zeri. E un’esperienza in un altro mondo, anche calcistico, mi intrigava non poco. Con Martina avevamo già deciso: in Cina sarei andato da solo. In realtà avevo bisogno di vacanza, dovevo smaltire la stanchezza mentale per una stagione entusiasmante ma tesissima, che sicuramente ci aveva tolto tante energie. Mentali e fisiche. Credevamo tutti allo scudetto, lo volevamo più di ogni altra cosa e ci è sfuggito per un soffio. E chissà che l’idea di cambiare aria, prima impensabile, non sia maturata anche per questo. Ma per un paio di settimane ho cercato di non pensarci, siamo partiti per le vacanze, non prima di ricevere la telefonata di Carlo Ancelotti, però. È stato gentile, garbato, però non mi ha condizionato. Siamo andati al mare con i bambini senza più pensarci. Quando poi ho saputo che di offerte dalla Cina non ne erano arrivate, o che comunque non avevano soddisfatto le richieste del Napoli, è come se avessi avuto un’illuminazione. Anziché rammaricarmi, mi sono ritrovato a gioire. E negli occhi della mia famiglia leggevo felicità. Sono tornato in Slovacchia nella mia nuova casa, e a mio padre Richard, che come è noto un po’ aveva spinto per vedermi con la maglia di una squadra cinese, ho detto: “Napoli non mi vuole lasciare andar via. E io sono contento. Ho chiamato Ancelotti: “Mister, sono a tua disposizione”.
RIMPIANTO SCUDETTO - Sulla vittoria a Torino nello scorso campionato e il sogno scudetto sfumato: "Quando alla fine dell’aprile 2018, a Torino, ci stavamo giocando lo scudetto contro i bianconeri, per venti minuti mi sono sentito inutile. Ancora una volta Sarri mi richiamò in panchina prima che la partita finisse, a metà secondo tempo. Ci credevamo come mai era successo prima, lo volevamo a tutti i costi. Del resto ci eravamo concentrati solo su questo obiettivo stagionale, trascurando un po’ – più che altro mentalmente – le coppe. Iniziai a guardare la panchina e quando vidi che Zielinski accelerava il riscaldamento capii che anche stavolta per me la partita sarebbe finita prima. Poi Koulibaly staccò in cielo e incornò l’1-0. È stata la serata più bella da quando sono a Napoli. Ma, con il senno di poi, da quella partita c’è un solo insegnamento da trarre. Sì, avevamo battuto la Juve, ma non avevamo vinto niente. L’euforia ci ha tolto concentrazione per il finale di stagione e così abbiamo mancato il traguardo. Eppure quella notte eravamo tutti convinti che finalmente lo scudetto sarebbe stato nostro, che Napoli lo avrebbe ritrovato dopo trent’anni. In aereo sapevamo che la città ci avrebbero accolto in festa, ci sentivamo invincibili. E c’era persino chi pensava già alla prossima stagione. “Non abbiamo ancora vinto niente”: la voce di Sarri provò a riportarci sulla terra, ma nessuno di noi la ascoltò veramente. E se fosse stato quello il momento fatale che ci ha fatto perdere lo scudetto? Dopo la sconfitta per 3-0 contro la Fiorentina è stato fin troppo facile chiederselo".