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Guerra in Ucraina, il caso Chelsea e un calcio a caccia di nuovi equilibri. Occhio alla Superlega, non è finita
La SuperLega non ha ancora stravolto il calcio, se mai lo farà, mentre alla guerra in Ucraina sono bastate poche settimane per cambiare gli equilibri dello sport. Basti pensare agli imminenti mondiali indoor di atletica senza russi, alle Coppe di basket, ai corridori ciclisti anche italiani appiedati perché tesserati per team russo e a tutto ciò che è destinato a venire se non si trova rapidamente un argine alla follia della guerra.
Tra tutte le vittime sportive delle sanzioni occidentali contro Putin, il caso più eclatante è ovviamente quello del Chelsea di Abramovich, campione d’Europa in carica, che già ha rischiato di arrivare a Lille in treno per la Champions e che sabato viaggerà probabilmente in pullman per giocare a Middlesbrough un match di FA Cup. L’aereo costerebbe troppo.
Lo sponsor di maglia ha chiesto la rescissione del contratto, altri eventuali sponsor non possono in ogni caso trattare con il club, che non può nemmeno vendere magliette e biglietti per lo stadio (a Stamford Bridge entreranno solo gli abbonati). Rinnovi contrattuali bloccati, giocatori in uscita, licenza sportiva valida solo fino al 31 maggio e necessità di vendere il club il più rapidamente possibile, di certo prima che cominci la prossima sessione di mercato. Abramovich ha fissato il prezzo a 3 miliardi, venerdì c’è la prima scadenza per le offerte, ma se davvero venderà, dovrà necessariamente farlo al ribasso. Una vera bufera sul club l’anno scorso più forte d’Europa, altro che la pandemia.