Grazie Mutu:| Fantastico egoista
Se n'è andato salutando con quella faccia da impunito, bello e maledetto come James Dean in «Gioventù bruciata». Paragone calzante. Anche Adrian Mutu parte della sua straordinaria gioventù sportiva se l’è bruciata. Negli eccessi: il ballo stupefacente della coca, qualche amicizia non edificante e mille notti fra cosce e zanzare e nebbia e locali a cui lui dava sempre del tu. Dissipatore e sciagurato. Ma in fondo, non fosse stato così, il calcio d’alto bordo mica se lo sarebbe fatto scappare e noi non l’avremmo mai visto fare il fenomeno in campo vestito di viola. Abbiamo preso il meglio grazie al peggio.
Perché il dottor Adrian Mutu da Calinesti, laureato in giurisprudenza all’Università di Bucarest e un master alla scuola superiore del dribbling e del calcio piazzato, con la divisa da calciatore indosso e il portiere avversario nel mirino, era davvero un Fenomeno. Come fanno i campioni veri, Pato, Rooney, Eto’o, faceva sembrare facili le cose che ai Casagrande e ai Piangerelli avrebbero fatto venire il mal caduco. Certi suoi gol avevano la stessa struttura melodica delle cavatine rossiniane, i racconti di Garcia Marquez: nascondevano poesia complessa dietro un’apparente lettura facile. Poi, quando la rete si gonfiava, lui si inchinava a ringraziare la Fiesole e tutto lo stadio lo ricambiava intonando di gioia: «Oh, il fenomeno...». Vengon quasi i brividi a ricordarlo. Certo, Mutu è non stato un giocatore corale, di quelli che fanno gruppo o spogliatoio. Piuttosto un solista, egoista come lo sono gli avvoltoi e le fiere. Ma a lui non si chiedeva di suonare la chitarra nelle gite parrocchiali o di sparecchiare quando arrivano a cena gli zii. Gli si domandava altro. Di essere un leader in campo e di fare gol. E Adrian, nei cinque anni della sua fiorentinità, in questo non ha mai tradito, marcando il cartellino a domeniche alterne: 69 gol in 143 partite. Una media gol impressionante per una seconda punta. Un fenomeno.Adesso se ne andrà a giocare a Cesena, in una terra di sognatori, come canta Lucio Dalla. Difficile dire se renderà ancora più fenomenali i sogni del piccolo mondo artigianale romagnolo o se li avvelenerà, mostrando di nuovo il peggio di sé. Di certo, siccome il calcio è un formidabile correttore di fortuna e al campione perdona ciò che stigmatizzerebbe al carrozziere o al postino, l’impressione forte è che il dottor Adrian Mutu da Calinesti, mediano di spinta della scelleratezza fuori dal campo ma poeta provenzale dentro le mura del «Franchi», alla fine mancherà parecchio a Firenze.