Calciomercato.com

  • Getty Images
    Agnelli: 'La Juve non è una Onlus, non ha fatto la seconda squadra per le nazionali'

    Agnelli: 'La Juve non è una Onlus, non ha fatto la seconda squadra per le nazionali'

    • Nicola Balice, inviato a Torino
    Il presidente della Juventus Andrea Agnelli era tra i presenti oggi all'Allianz Stadium in occasione della tavola rotonda per discutere del progetto seconde squadre. L'esperienza della Juve in tal senso è unica in Italia, dopo cinque anni una solitudine che fa rumore. Eppure virtuosa per il club bianconero e non solo: “È molto importante essere qui a quattro anni di distanza dall'inizio del nostro progetto. Non parliamo di innovazione, in Spagna esistono da 60 anni. Si tratta di copiare quello che gli altri fanno bene. Creare dei giocatori in casa è anche sostenibilità, non si investe per acquistare un calciatore. Questo permette un percorso di sostenibilità per i club, si dà minutaggio. Parliamo di Miretti e Fagioli in Nazionale ma è più utile parlare dei 7/8 giocatori in Under 20, stabilmente, si parla sempre troppo delle élite. Sin dal 2010 quando sono arrivato si voleva la seconda squadra. C'è voluto un momento di discontinuità per realizzarle, grande merito bisogna darlo a Billy Costacurta che ha spinto. Abbiamo avuto il regolamento al 15 luglio che ha fatto tentennare qualcuno di noi ma io dissi 'non si discute neanche, si fa'. Una società come la Juve non è una Onlus, non lo fa per le nazionali, alle nazionali deve arrivare un beneficio indiretto. La seconda squadra permette a noi di ridurre i costi della prima squadra, perché il costo medio della prima si riduce drasticamente. Il vero vantaggio economico ce l’ho sui costi della prima squadra, il risparmio vero sta lì”. 

    ALL'ESTERO - Tocca a Pablo Longoria e Andrea Berta spiegare il punto di vista in Francia e Spagna. “Dopo la mia esperienza la tendenza è positiva perché crea valore sui  calciatori e dà loro la prima esperienza nei campionati adulti. Quando si parla di seconde squadre è importante considerare che ci sono tre tipi di calciatori: i predestinati, i tardivi o che crescono piano, i calciatori che completano la rosa e aiutano gli altri ad avere livello competitivo. Se si pensa a una squadra e non a un processo individualizzato, rischia di creare una società di Serie C che aumenta i costi del club. È importante programmare”, le parole del presidente del Marsiglia (ex capo osservatore bianconero). Così invece Berta, ds dell'Atletico Madrid: “Elemento importante e strategico. Tutti i principali club in Spagna hanno una seconda squadra indispensabile per lo sviluppo dei giovani. Potendoli così seguire nei momenti più importanti senza dover ricorrere ai prestiti, dove non c'è attenzione ai particolari e supporto emotivo quando fanno la prima esperienza. Esistono criticità legate alla gestione dei calciatori vicini alla prima squadra, devono capire la loro vera condizione e spesso accettare questa situazione richiede del tempo. Non sono giocatori della prima squadra, ma possono esserlo, e devono giocare nella seconda. La soluzione migliore è cercare una cessione a una squadra di maggior livello”.

    Altre Notizie